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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

Inaugurata la Stagione Sinfonica 2015/2016

al Teatro Bellini di Catania

L'inaugurazione della stagione sinfonica del Teatro Massimo Bellini di Catania ha avuto luogo venerdì 6 novembre nel nome di due grandi colossi della storia della musica occidentale: Ludwig van Beethoven e Gustav Mahler. Del primo è stata eseguita la Fantasia in do minore per pianoforte, coro e orchestra op. 80, mentre del secondo la celebre Sinfonia n. 5 in do diesis minore.

La Fantasia per pianoforte, coro e orchestra op. 8, pur non essendo uno dei supremi capolavori di Ludwig van Beethoven e presentandosi come opera di maniera, ricopre un grande interesse sia come esperimento di un coro inserito in un'opera sinfonica e, per di più, collocato nella sezione finale, sia per la presenza di un nucleo formale che troverà successivo sviluppo e impiego nella possente Nona Sinfonia. Salta infatti subito all'orecchio come il tema principale del secondo movimento, Allegro, presenti evidenti analogie con quello dell'Inno alla gioia. La partitura, dedicata al re Massimiliano Giuseppe di Baviera, venne presentata in chiusura di un concerto tenuto a Vienna il 22 dicembre 1808 e la parte corale fu costruita sul testo di Christoph Kuffner dal titolo Schmeichelnd hold. Il brano ha inizio con un Adagio per pianoforte solo, al quale segue l'esposizione del tema principale e l'intervento dell'orchestra. Una serie di variazioni caratterizzano il dialogo, talvolta travolgente, tra solista e tutti. La tensione man mano cresce e soltanto verso il finale trova sfogo e appagamento; vengono ripresi i temi precedenti, rielaborati e arricchiti nella caratterizzazione timbrica prima dell'entrata del coro. Il finale risulta gaio e spensierato, con trilli del pianoforte nel registro acuto, mentre il contrasto dialettico tra coro e orchestra, altrove espressione di indomite passioni, qui assume il significato più particolare di gioia e volontà di vita. L'interpretazione al pianoforte di Paul Badura-Skoda ha saputo certo cogliere tutti gli aspetti più mondani e di maniera di un brano sicuramente più prossimo alla sperimentazione che alla razionale ricerca strutturale e formale, più contiguo alla fisicità della musica e non alla sua metafisicità. Pur con tutti i limiti tecnici imposti dalla sua età molto avanzata, il grande artista austriaco ha alla fine districato il suo impegno con una certa civetteria e nonchalance, doti queste ultime acquisite con anni e anni di esperienza vissuti sui palcoscenici di tutto il mondo.

La Quinta Sinfonia in do diesis minore di Gustav Mahler, quella il cui Adagietto è stato congruentemente e sapientemente inserito da Luchino Visconti come colonna sonora del suo film Morte a Venezia, è stata la protagonista del secondo tempo del concerto. Assieme alla precedente Quarta ed alla susseguente Sesta, formano il blocco delle tre sinfonie centrali e puramente strumentali della produzione del grande compositore boemo (nessuna di esse infatti si avvarrà di voci soliste né di cori) dalle quali traspare la rinunzia a qualunque fede, soddisfazione, consolazione o conforto nella vita degli esseri umani. A tal proposito il musicista in una lettera all'amico Max Marschalk del 26 marzo 1896 così scrisse: «Il mio bisogno di esprimermi musicalmente e sinfonicamente inizia soltanto lì, dove regnano gli oscuri presentimenti, alla porta che conduce nell'altro mondo, dove le cose non sono più regolate dallo spazio e dal tempo». Le inquietanti armonie e melodie mahleriane, sin dal vasto movimento d'apertura della Trauemarsch (Marcia funebre), hanno trovato nell'orchestra del nostro teatro e nel conduttore Elio Boncompagni dei validi ed efficaci interpreti, che hanno saputo fare da tramite fra le pagine della vasta partitura ed il folto pubblico convenuto al concerto (era presente anche il sindaco di Catania Enzo Bianco). Il dosaggio delle espressività, la scelta e lo stacco dei tempi, la discorsività delle sonorità hanno contribuito a creare un'atmosfera densa di mistica estasi e struggente spiritualità, trovando la loro degna fine ed epilogo nel vitalismo panico del Rondò finale, configurato da Mahler sì come un sublime trionfo, ma trionfo di quell' effimero che rimane l'unico assunto sicuro di tutta l'esistenza umana!

Giovanni Pasqualino

7/11/2015

La foto del servizio è di Giacomo Orlando.