L'incoronazione di Poppea
al Teatro alla Scala
Al Teatro alla Scala è stata ripresa l'opera di Claudio Monteverdi L'incoronazione di Poppea nell'allestimento di Bob Wilson, che era stata proposta in prima la scorsa stagione. Di questa produzione ebbi modo di scrivere lo scorso anno in occasione delle recite di febbraio, ma è doveroso rilevare che la celebre opera del '600 è stata rappresentata in una nuova "collazione" acritica, revisione, completamento ed edizione dei manoscritti cosiddetti di Venezia e Napoli a cura di Rinaldo Alessandrini. Pertanto basandoci su studi e manoscritti sappiamo oggi che le musiche sono da attribuirsi non solo a Monteverdi ma anche a Francesco Cavalli e il finale, uno dei più famosi della storia dell'opera, fu composto da Francesco Sacrati e Benedetto Ferrari. Resta invariato il risultato, seppur più preciso, che si tratta di un capolavoro assoluto dell'intera produzione operistica italiana. Lo spettacolo curato da Bob Wilson, regia, scene e luci, assieme a Jacques Reynaud per i costumi, ricalca l'impostazione generale delle altre opere Monteverdi rappresentate alla Scala nelle recenti passate stagioni. Se alla prima visione lo spettacolo poteva anche attrarre, in seconda battuta devo affermare che è stata soprattutto la noia a prevalere su una sorta di regia coreografica di un teatro astratto senza particolare recitazione, la cui mimica attoriale tutta impostata in tableaux a fermo immagine, seppur ricercati, sono ormai obsoleti e sorpassati, anche perché tutte le regie di Wilson sono create in maniera identica, come nel caso del Macbeth bolognese. Restano molto belli i costumi, ispirati a un Seicento barocco di alta scuola sartoriale, la scena invece è pressoché spoglia, qualche oggetto compare ma non lascia traccia. Resta fastidiosa, come nel Macbeth citato, la posizione di una luce al neon a livello del palcoscenico, la quale già dopo quindici minuti creava disturbo alla visione, figurarsi dopo quasi tre ore di ascolto.
Rinaldo Alessandrini conferma una spiccata sensibilità al repertorio, oltre ad essere uno studioso è anche ottimo concertatore, sempre ricercato nei colori orchestrali, nelle dinamiche, e nel largo e coinvolgente senso narrativo. Rispetto a sue esecuzioni precedenti in questo caso il direttore ha preteso dai cantanti un canto più volutamente recitato e pochissima differenziazione tra i recitativi, le arie, i duetti, forse troppo monotona con scelte timbriche troppo uniformi. Bravissimo l'Organico Strumentale e il basso continuo di Concerto Italiano.
Il cast era quasi invariato rispetto al 2015, la new entry più famosa era Carmela Remigio nel ruolo della protagonista. La signora Remigio affronta questo tipo di repertorio, non nuovo per lei anche se non molto frequentato, con innata musicalità e grande senso professionale. Purtroppo nella prima parte dell'opera la voce ha fatto un po' fatica a scaldarsi e spesso risultava vuota nel centro con colori poco variegati. In seguito le cose sono andate meglio ed è possibile concludere che la performance è stata convincente. Molto migliorato il Nerone di Leonardo Cortellazzi rispetto alle recite della passata stagione, più attento al fraseggio, recitativo accurato e un canto pieno, molto preciso e armonioso. Sia Sara Mingardo sia Monica Bacelli hanno dovuto adattarsi alla concezione del direttore, pertanto le loro prestazioni erano o appiattite o troppo caricate d'accento, ma le cantanti sono autentiche specialiste del repertorio che io preferisco in altra versione. Resta inalterato il valore canoro e musicale delle due artiste. Andrea Concetti era un bravo Seneca, preciso e di grande respiro vocale, Maria Celeng una professionale e spiritosa Drusilla. Adriana Di Paola e Silvia Frigato hanno reso ottimamente i loro ruoli, Arnalta e Amore. Furio Zanasi confermava la spiccata predilezione in questo repertorio cantando i ruoli di Lucano, primo soldato, secondo famigliare e secondo console, Mirko Guadagnini si è fatto onore nei ruoli di Valletto e primo console. Più stilizzata e divertente la nutrice di Giuseppe Di Vittorio e ben assortiti Luigi De Donato, Monica Piccinini e Andrea Arrivabene che completavano la locandina.
Purtroppo il teatro registrava parecchi vuoti, forse il titolo ha spaventato molti, i quali hanno perso occasione per ascoltare al vivo un vero capolavoro.
Lukas Franceschini
5/10/2016
Le foto del servizio sono di Lucie Jausch e Peralta - Teatro alla Scala.
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