RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

Olimpiadi vocali a Innsbruck

Giunto a conclusione della sua più che decennale direzione delle Innsbrucker Festwochen der Alten Musik, Alessandro De Marchi ha voluto dedicare questa edizione al luminoso talento di Antonio Vivaldi. L'Olimpiade, titolo di apertura del Festival di Innsbruck, è certo fra i frutti più maturi della sua ricca produzione teatrale. Sgombrato ormai da tempo il campo dal pregiudizio di una presunta superiorità della produzione strumentale del prete rosso rispetto al catalogo operistico, il pubblico ha potuto esperire la peculiare declinazione del titolo, fra i più noti e celebrati scaturiti dalla fertile penna di Pietro Metastasio. La vicenda, che orchestra storie di amore e di fedeltà amicale sullo sfondo dei giochi olimpici, offre al compositore eccellenti occasioni per provare il proprio estro creativo. La varietà degli affetti trova espressione non solo nelle arie ma anche nei recitativi, ai quali viene dedicata cura sempre maggiore, in particolare negli accompagnati, di vibrante intensità emotiva, e nei pezzi d'insieme, come il magnifico duetto conclusivo del primo atto “ne' giorni tuoi felici”.

Per mettere in scena questa vicenda, nella quale il tragico appare soffuso di grazia arcadica, Stefano Vizioli ordisce una regia di accattivante levità, appena screziata da venature omoerotiche. Il dramma appare soffuso da un chiarore aurorale, totalmente in sintonia con il dettato vivaldiano, grazie anche all'impianto scenico semplice ma funzionale ideato da Emanuele Sinisi (una palestra con i cerchi olimpici sullo sfondo). L'idea generatrice dello spettacolo scaturisce dall'amicizia che, nelle olimpiadi del 1936, legò l'atleta di colore Jesse Owens a Luz Long, campione dell'arianesimo di regime. Mai vicenda sportiva ebbe altrettanta valenza simbolica, con il trionfo dell'atleta statunitense nello scenario ideato dai nazisti per il proprio auspicato trionfo. L'amicizia fra il fragile Licida e il possente Megacle, al quale il primo salvò la vita, offre suggestiva eco ai fatti storici. Si tratta comunque di una semplice allusione, che non tradisce il dettato librettistico originario. Detto ciò, Vizioli costruisce uno spettacolo teatralmente efficace, totalmente funzionale alla rappresentazione del ricco ventaglio emotivo dei diversi personaggi.

Nella distribuzione vocale emergono i tre controtenori o, per la precisione, due controtenori e un sopranista, impegnati in una vera e propria gara di bravura. Bruno de Sá (Aminta), coglie un successo personale grazie alla vocalità sopranile limpida e perfettamente governata, unita alla verve attoriale sfoggiata con estroversa comunicatività, in particolare nell'aria “siam navi all'onde algenti”. Non è da meno Raffaele Pe (Megacle) sovente costretto a veri e propri atletismi fisici che, per fortuna, non hanno conseguenze sulla sua tenuta vocale. L'interpretazione è maiuscola, sempre sostenuta dal fiato e dal controllo dell'emissione. Ottimo anche il Licida di Bejun Mehta, particolarmente toccante nell'aria “mentre dormi, amor fomenti”, intrisa di atmosfere oniriche. Di fronte a cotanto terzetto il resto del cast appare forse più prosaico. Molto brave comunque Benedetta Mazzuccato, una Argene dal timbro vellutato e accattivante, e Margherita Maria Sala, una Aristea di grande temperamento. Il vizioso sovrano Clistene, non a caso accompagnato da due discinte cortigiane, trova efficace incarnazione in Christian Senn. Apprezzabile infine Luigi De Donato nelle vesti di Alcandro. Direzione di Alessandro De Marchi come di consueto curata negli impasti timbrici, varia nelle scelte agogiche e dinamiche e ricca di senso del teatro, sostenuta da un'orchestra in forma smagliante. Degnissima conclusione di un ciclo, alla quale il pubblico ha tributato un meritato trionfo.

Riccardo Cenci

28/8/2023

La foto del servizio è di Birgit Gufler.