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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

Il conte Danilo sa ballare il valzer

Intervista a Saverio Pugliese

Assistendo a una recita del secondo cast de La vedova allegra, andata recentemente in scena al Bellini di Catania, abbiamo avuto modo di ascoltare nel ruolo del conte Danilo il tenore Saverio Pugliese. Dotato di una voce calda, estesa e dall'interessante brunitura, dagli acuti sempre perfettamente coperti, il cantante calabrese ha strappato entusiastici applausi al numeroso pubblico presente in sala, sia per l'elegante disinvoltura con la quale ha interpretato la sua parte, sia soprattutto per l'innata musicalità che gli ha permesso di unire senza alcuno sforzo a un canto sempre di ottimo livello una recitazione quanto mai disinvolta e accattivante. Lo abbiamo raggiunto in camerino dopo la recita e gli abbiamo rivolto qualche domanda che permetterà al pubblico e a noi di conoscere più da vicino questo promettente tenore.

 

Come mai ha deciso di dedicarsi alla lirica? Ci parli un po' di lei e del suo percorso di studi.

Il canto nella sua espressione naturale mi accompagna da quando avevo circa tre anni, risale a quel periodo infatti la mia prima esibizione, della quale non conservo nitidi ricordi, in pubblico: un pastorello che canta la ninna nanna (un “inciso” ricavato da un mottetto di Mozart) a Gesù bambino, accompagnato da un'arpa ai piedi della culla, durante un Natale nella Cattedrale del mio paese di origine, San Marco Argentano (CS). Durante gli anni di liceo ho affiancato al percorso di studi curriculari un hobbies colto frequentando un coro polifonico, Ars Nova, grazie al quale ho scoperto la musica “scritta” e consolidato, con la pratica, l'uso del mio strumento. Quando ormai, sul finire degli studi universitari, il mio percorso sembrava definitivamente scritto, decisi di frequentare il Conservatorio di Stato “Stanislao Giacomantonio” di Cosenza, al quale devo il merito di aver dischiarato in me la consapevolezza di poter un giorno diventare un cantante lirico. È con il Concorso A.S.L.I.C.O (edizione 2010) che ho debuttato in prima Mondiale nell'opera Lupus in Fabula di R. Sargenti il ruolo eponimo e da quel momento la mia carriera è iniziata. In sostanza è la musica che mi ha scelto ed io da quel giorno mi faccio accompagnare per mano da Euterpe, alla quale sono devoto.

È stato difficile conciliare lo studio universitario – laurea in lettere moderne – col canto?

Direi che l'onere, se pure piacevole, è stato più temporale che mentale, in alcuni giorni della settimana arrivavo a dedicare in media dalle otto alle dieci ore di impegno, tra gli esami e poi la tesi universitaria ed i corsi e lo studio conservatoriale. Senza contare gli eventi “straordinari” come quello del 2008, anno in cui avevo una borsa di ricerca all'UNICAL, e partecipai a un progetto che coinvolse i dipartimenti di musica antica di tutti i conservatori d'Italia, conclusosi con il mio debutto da Solo (tenor) nell'Oster Oratorium di J.S. Bach trasmesso su Radio Vaticana, per quella circostanza, ad esempio le ore diventarono dodici al dì e non esistettero neanche le domeniche. Ma quanta bellezza ne conserva il mio animo!

Quali sono, se ci sono, i suoi cantanti di riferimento?

Penso sia difficile ridurre a pochi petali una rosa senza perderne la sontuosa eleganza e la sublime bellezza se non proprio la natura stessa del fiore, ma certo se persino Dante è riuscito a far sedere insieme un numero ristretto di Beati nella sua, che era candida, di rosa, io dal mio canto non posso non annoverare tra i petali: Maria Callas, Giuseppe Di Stefano, Beniamino Gigli, Franco Corelli, Nicolai Gedda, Leontyne Price, Carlo Bergonzi, Luciano Pavarotti, Jessye Norman, Lucia Valentini Terrani, Anna Moffo, Placido Domingo, Luciana Serra, ecc. ecc.

Fra i tenori contemporanei o del passato, ce n'è uno che lei considera un esempio delle doti che deve possedere un cantante?

All'età di dodici anni mi feci fare un regalo dalla mia mamma, una doppia musicassetta (perché i CD arriveranno giusto un paio di anni dopo), con il Requiem K626 ed il Flauto Magico di W.A. Mozart, e il ruolo di Tamino, così come tutta la trama di Die Zauberflöte, mi folgorarono letteralmente, ebbene uno dei più grandi interpreti di questo ruolo nel tempo è diventato il mio tenore del passato di riferimento, si tratta di Fritz Wunderlich, la cui vocalità, a mio parere, lirica “all'italiana”, rappresenta una splendida sintesi di doti espressive e qualità dello strumento ineccepibili. Mi conceda però di citare almeno due tenori del panorama attuale, che ho avuto l'onore ed il piacere di affiancare, che per me sono esempi viventi di quello che un giorno vorrei diventare, Gregory Kunde e Piero Pretti.

Rossini, Donizetti, Bellini, Verdi, Puccini: quale autore ritiene più impegnativo per un tenore e quale più congeniale alla sua vocalità?

A prescindere dalle peculiari doti afferenti allo strumento che ognuno di noi possiede, per natura e sviluppo tecnico, l'impegnativo a mio avviso sta nell'affrontare quello che nel momento storico la tua voce ti consente di fare, ove per “fare” intendo riuscire bene, trasmettere emozione, mantenere sano ed integro il proprio apparato fonatorio; questo per dire che i compositori suggeriti sono tutti affrontabili, non per tutti su tutto quello che hanno scritto, ma nel tempo giusto per la propria maturità. In questo momento per me c'è sicuramente per i primi tre il repertorio sacro o cameristico, un primo Verdi, e un Puccini come quello dello Schicchi e dei “ruoli di carattere” come l'impegnativo e complesso Goro (Madame Butterfly) o le straordinarie Maschere (Pong e Pang) della Turandot.

Quali ruoli ha affrontato sinora? In quali teatri ha lavorato?

In questi sette anni, attraverso progetti come OperaDomani ed OperaStudio e soprattutto attraverso le scritture fatte su invito di singoli Teatri e Fondazioni, ho avuto la possibilità di cimentarmi in ruoli che vanno dal repertorio barocco (Orfeo nell'Orfeo ed Euridice di Gluck) a quello più recente (Amedeo in Napoli Milionaria di Rota), sicuramente un mio legame speciale è ascrivibile al Le Comte Barigoule nella Cendrillon di Pauline Viardot, ed in questo recente debutto catanese al Conte Danilo ne La Vedova Allegra di Lehár.

Ho avuto l'onore di calcare le tavole dei palcoscenici del Teatro Regio di Torino, Grand Theatre de Geneve, Arcimboldi di Milano, Royal Opera House di Muscat (Sultanato dell'Oman), Massimo Bellini di Catania, Comunale di Bologna, Sociale di Como (al quale sono eternamente legato per il mio debutto), Verdi di Trieste, Grande di Brescia, Ponchielli di Cremona, Donizetti e Sociale di Bergamo, Alighieri di Ravenna, Valli di Reggio Emilia, Fraschini di Pavia, Politeama Garibaldi di Palermo (Orchestra Sinfonica Siciliana), Pergolesi di Jesi, Rendano di Cosenza.

Ha già pensato a un repertorio? Se sì, a quali ruoli ritiene più consona la sua voce?

Il repertorio al quale la mia vocalità tende è quello del tenore lirico, anche se la facilità e generosità timbrica che caratterizza la mia voce nel registro centrale mi consente di affrontare con credibilità anche ruoli “baritenorili”. Penso sicuramente all'Idomeneo o al Tito della Clemenza o al Lucio Silla di Mozart, così come all'Ismaele del Nabucco o lo Jacopo de I due Foscari di Verdi.

C'è un personaggio al quale si sente particolarmente legato e che le piacerebbe interpretare quanto prima?

Sicuramente il Principe Tamino, orfeo incantatore per un giorno, la cui complessità simbolica e felice, ma non facile, scrittura mozartiana lo rendono uno dei miei “desideranda” più prossimi. E poi l'incarnazione del Poeta, il Werther dell'eponima opera di Jules Massenet.

Giuliana Cutore

20/12/2017

Le foto del servizio sono rispettivamente di Giacomo Orlando e Dario Tondelli.