La Scala fra due chiusure
Concerto Kaufmann-Deutsch
Quel che è stato finora l'ultimo momento vocale alla Scala prima della nuova chiusura (si vedrà per quanto tempo) era un concerto da camera con una buona quantità di pubblico – compatibilmente alla situazione e al non grande interesse che questo genere desta tra i melomani italiani – grazie anche all'interprete, accolto molto bene
Dopo il concerto lirico di tre giorni prima preparato in fretta e in furia al posto dell'Aida il tenore presentava il nuovo cd registrato durante il primo confinamento (in italiano attuale lockdown) con il professore, amico e accompagnatore preferito. Helmut Deutsch, che dava ancora una volta una lezione della sua classe d'interprete di questo tipo di musica. Entrambi hanno preso la decisione di eseguire il programma scelto senza pausa per evitare problemi che avrebbe potuto provocare il primo giorno di coprifuoco.
Benché a non pochi tra critici e conoscenti questo concerto sembrasse alquanto monotono, e trovavano anche delle pecche nel canto di Kaufmann (in particolare in quelle sue particolarissime note filate) che non mi sento di criticare quando canta un'opera (o molto meno), devo dire che personalmente m'interessa di più in questo tipo di repertorio dove dà il meglio di sé e dove quei manierismi di eccessivo cesellare suono e parola risultano più comprensibili e giustificati. La voce ha maggior peso ed è più scura (in modo più naturale di prima) e presenta asprezze che non le tolgono fascino, e la si sente comoda e senza sforzi.
L'interprete, che ha dimostrato di avere dimestichezza con la lingua italiana, parlava un paio di volte con il pubblico. All'inizio ha spiegato che tutto il programma poteva venire spiegato con tre parole: “dolcezza, amore, solitudine”. Non mi risulta che questo sia monotono o inadatto ai momenti che viviamo tutti dappertutto. Ci faceva ascoltare, senz'ordine di autore, cronologia o soggetto, pagine molto note – alcune meno – di Schubert, Beethoven (buona “Adelaide”), Mozart, Silcher, Mendelssohn (un fantastico “Gruss”), Schumann (dove il piano di Deutsch era semplicemente magistrale, in particolare in “Mondnacht”), un Liszt geniale (“Es muss ein Wunderbares sein”), Grieg, Bohm, Zemlinsky, Strauss (eccellente “Zueignung”, ma ancora meglio “Allerseelen”, anche se non eseguite una dopo l'altra), Brahms (un buon “Wiegenlied”, particolarmente difficile per una voce maschile scura e oscura), Dvorak (forse la celeberrima “Als die alte Mutter” è stato il brano individuale che ha ottenuto più applausi, anche se la cantava, come alcune altre, in traduzione tedesca anziché in lingua originale), Chopin, Chaicovsky, Wolf e Mahler (notevole “Ich bin der Welt abhanden gekommen”). Dopo ancora due Lieder cantava una romanza di Refice (“Ombra di nube”) e una festeggiatissima versione molto o troppo espressiva (anche nei gesti) di “Core ‘ngrato”.
Jorge Binaghi
1/11/2020
La foto del servizio è di Brescia & Amisano.