Madrid
Il signore della porta accanto
In una delle chiamate‘sesiones golfas' (più o meno ‘sessioni canaglie') si presentava al Teatro Real un eccellente e molto serio concerto di canzoni di jazz, pop e musical con un insieme formato da cinque professori sotto la guida del pianoforte di Matthew Regan (autore anche degli arrangamenti) e un vocalista di lusso, il noto baritono inglese Simon Keenlyside. Si trattava di una delle sue prime presentazioni dopo il problema avuto a Vienna più di un anno fa, e tutto sembra sotto controllo benchè per il tipo di canto in questo caso adoperasse, nella seconda parte, il microfono, anche per introdurre i diversi pezzi in una piccola lezione magistrale di ‘breve storia della musica leggera negli Stati Uniti'. Personalmente l'ho ascoltato anche (ma non con un accredito stampa) nel suo primo concerto al Wigmore Hall di Londra per ricordare il giorno della nascita di Schubert e anche allora si trovava in forma.
Si muoveva come sempre con una padronanza assoluta del palcoscenico e il suo proverbiale carisma, creando un'atmosfera di vicinanza senza perdere la sua distinzione, ed ecco spiegato il titolo di questa recensione, che modifica leggermente quello di una delle canzoni più famose che interpretava durante la serata. Adoperava quel fraseggio superiore che è il marchio della casa – forse ha aumentato le mezzevoci e le note di testa, dimostrava di aver preparato il concerto con assoluta serietà, come del resto sempre ha fatto con qualsiasi forma musicale, e i risultati andavano dal buono (il primo Berlin suonava alquanto freddo) all'eccellente: nella prima parte spiccavano particolarmente alcuni Weill – soprattutto ‘Lonely house' da Street Scene, e il grande monologo del protagonista da Carousel di Rodgers, che evidenziavano anche l'interprete fuoriclasse e la capacità di articolare i testi in modo trasparente.
Nella seconda parte lasciava i pezzi di Duke Ellington del programma ai musicisti (memorabili interventi soprattutto del trombone di Gordon Campbell e i fiati di Howard McGill, premiati a giusto titolo con grandi applausi) perchè, diceva con grande modestia, il contesto e la formazione non gli consentivano di cantare adeguatamente la musica afroamericana. Le canzoni venivano rese in modo superbo, e in particolare due Carmichael (‘Stardust' e ‘Skylark'), ‘On the street where you live' da My fair Lady di Loewe, ‘What is this thing called love?' e ‘So in love' di Porter (in quest'ultima, dal celebre musical Kiss me Kate, l'artista ce la metteva tutta con dei centri e gravi stupendi) e ‘The girl next door' (in origine era ‘The boy', scritta da Martin e Blane per Judy Garland in Meet me in St. Louis) e finiva con una memorabile versione di ‘She didn't say yes' da The cat and the fiddle di Kern, e anche dei due bis concessi: la ‘Moritat' di Mackie Messer (Die Dreigröschen Opera di Weill in inglese, come anche i Kalman da La duchessa di Chicago nella prima parte) e ‘Love is the sweetest thing' dell'inglese Ray Noble. Il pubblico, folto ma non straboccante (purtroppo), seguiva la serata con grande attenzione e partecipazione, e un entusiasmo che cresceva man mano che trascorrevano i numeri.
Jorge Binaghi
2/5/2016
La foto del servizio è di Javier del Real.
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