Così fan tutte alla Scala di Milano
Dopo ben venticinque anni d'assenza, escludendo l'edizione 2007 dell'Accademia, l'opera Così fan tutte di Wolfgang Amadeus Mozart ritorna allaScala in nuovo spettacolo basato su un precedente allestimento del Festival di Salisburgo.
I motivi per cui lo spartito sia meno rappresentato di Don Giovanni e Le nozze di Figaro è da ascrivere ad un libretto difficile ma molto raffinato e ad un intreccio con aspetti multipli, uno scambio coppia gestito da un beffardo filosofo aiutato da un'astuta servetta tutt'altro che banale. I favori di pubblico e critica sono sempre andanti altrove, eccezione per i teatri tedeschi, ma tutt'oggi con Mozart molto in voga ha ottenuto un'affermazione personale, se si conta che in questa estate 2014 è stata rappresentata quasi contemporaneamente in tre teatri diversi nel raggio di un centinaio di chilometri.
Il nuovo spettacolo scaligero proponeva ancora il regista Claus Guth, dopo il Lohengrin inaugurale di qualche anno fa. Egli cancella tutto il ‘700 presente nell'opera e trasporta l'azione ai giorni nostri. Nessuna aderenza al libretto, il che non è gran difetto, ma se poi dobbiamo vedere tutta l'opera in un lussuoso appartamento stile americano, ammaliante la scena di Christian Schmidt, ove i protagonisti sono dei giovani ricchi soliti frequentatori di feste durante le quali l'alcool scorre a fiumi. Tutti presenti in scena sin dall'inizio tutti sanno degli altri e della scommessa, come se il libretto di Da Ponte non ponesse già in sé tali dubbi. Guth pare abbia scoperto l'acqua calda, oltre a non rivelarci nulla di nuovo se non la solita opera moderna che sotto molti aspetti annoia. Tanto diffusa in Germania (pare però detestata dal pubblico) ora prende piede sempre più anche da noi. Chi scrive non è contro tali operazioni ma quando sono di prassi e scontate perché di moda allora sono superflue. Non sarebbe corretto non rilevare che il regista ha dato un buon rilievo al personaggio di Don Alfonso, intrigante e cinico, sempre elegante ed intriso di perfidia. Senza anima da soubrette anche Despina, qui resa sicura e sapiente donna di vita. Non servono travestimenti nella logica della lettura registica, notevolmente orientato verso una psicanalisi opinabile, tutti sanno e tutti fanno… ma tant'è pure oggi nel XXI secolo tutti fanno ma di nascosto… finché possono.
Su podio abbiamo trovato un onesto professionista qual è Karl-Heinz Steffns, il quale ha saputo concertare con ritmo adeguato, tempi molto teatrali e reggendo bene il rapporto con il palcoscenico che non era certo brillante.
Il cast era tutto bello ed elegante (splendidi costumi di Anna Sofie Tuma), ma tali caratteristiche non sono sinonimo di buon canto, ad eccezione di Michele Pertusi, il quale crea un personaggio statuario e di grande fascino teatrale. Lo smalto non è più quello di un tempo, ma la musicalità è eccelsa. Brava anche la Despina di Serena Malfi che evita il logoro clichè della soubrette preferendo un canto preciso e stilizzato. Meno positive le prove di Maria Bengtsson e Katija Dragojevic, le sorelle ferraresi, entrambe svantaggiate da una pessima dizione e voci poco intonate, con l'aggiunta di un fraseggio non particolarmente forbito. Dei due fidanzati era migliore Konstantin Shushakov, per eleganza e una discreta tecnica, rispetto a Peter Sonn sovente a disagio nel settore acuto.
Lukas Franceschini
7/8/2014
La foto del servizio è di Brescia e Armisano - Teatro alla Scala.
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