Per la prima volta al Comunale di Bologna
Lady Macbeth del distretto di Mcensk
di Dmitrij Dmitrevic Šostakovic
L'ultimo titolo della Stagione d'Opera al Teatro Comunale di Bologna è anche una prima per il teatro locale, infatti, Lady Macbeth del distretto di Mcensk di Dmitrij Dmitrevic Šostakovic non è mai stata rappresentata, eccetto una produzione del rifacimento con il titolo Katerina Izmajlova nel 1968.
Oggi il titolo è considerato giustamente un capolavoro ed è rappresentato con discreta frequenza nei teatri di tutto il mondo, ma ebbe all'inizio vicende di censura e un lungo oblio prima di essere recuperata e riallestita. Lady Macbeth è la seconda opera, dopo il Naso, del compositore russo. Egli lesse il racconto omonimo scritto nel 1865 da Boris Kustodiev, suo vecchio amico, quando aveva solo ventiquattro anni. Il libro narra la storia crudele di Katerina Lvovna Ivanova, giovane contadina infelicemente sposata al ricco mercante Zinovi Ismailov, la quale compie una serie di delitti assieme all'amante: assassina il suocero, il marito e un nipotino di questi per sottrargli l'eredità. Scoperta, è deportata assieme al complice in Siberia, dove muore. La cupa vicenda è certamente lontana dalle convenzioni del teatro lirico ma Šostakovic non è artista convenzionale e si entusiasma alla trama anche in funzione dei tempi, siamo negli anni '30 del secolo scorso, sia il mondo musicale sia quello politico è in fermento con esiti drammatici che si svilupperanno di lì a poco. La versione librettistica dell'opera fa alcune varianti rispetto dal racconto, il libretto fu scritto dal compositore assieme ad Aleksandr Prejs, già suo collaboratore per il Naso. È eliminato l'assassinio del bambino e le gesta della protagonista, anche se incompatibili con l'epoca, trovano una sommaria giustificazione nella passione amorosa e nella ribellione dell'ambiente in cui vive. Šostakovic scrive: “…ella non è una donna crudele, al contrario è un essere intelligente ed appassionato che soffoca nel grigiore della vita e dell'ambiente volgare in cui è costretta. Non ama il marito, e quando compare Sergeij, l'amante, se ne innamora, sacrificando tutta se stessa per lui, anche se questi si rivelerà un essere debole e meschino”. Tali spiegazioni per quanto innocenti sono dirette al mondo sovietico, dal quale si prevedevano reazioni ufficiali. Il compositore cerca di giustificare e rilevare gli aspetti positivi per quanto possibili. Dopo la prima rappresentazione il 22 gennaio 1934 al Teatro Malij di Leningrado e due giorni dopo al Teatro Nemirovic-Dancenko di Mosca il successo fu pieno, anzi un trionfo che fa dire ad un musicologo ed intellettuale con Ivan Sollertinskij che dopo Pikovaja Dama di Cajkovskij nessun lavoro nella storia dell'opera russa ha raggiunto un livello e una profondità come quella di Šostakovic. La passione sessuale, la parodia dell'autorità, la rivolta contro le tradizioni oppressive, il pessimismo della conclusione sono peccati capitali contro l'ottimismo rituale di un mondo totalitario, in questo caso comunista, che vorrebbe tutt'altro. La musica non smorza i toni, anzi ne esalta la rudezza in maniera emblematica ed innovativa. Gli uomini che stanno intorno alla protagonista, o meglio contro di lei, non sono uomini ma cinici personaggi privi di anima e pertanto resi in maniera grottesca quasi caricaturale soprattutto musicalmente. Tale arditezza sfida la convenzione morale e artistica di uno stato dominato dall'ottimismo rituale e devoto al dittatore, Stalin. Le vicende di Katerina sono oltraggiose. Il 28 gennaio 1936 sulla Pravda appare un articolo dal titolo “Caos anziché musica”, l'opera acclamata in precedenza come il frutto più altro della gloria artistica del partito è tacciata ora come formalista, borghese, antipopolare, di confusa produzione musicale e a suo scapito influisce anche il successo nel mondo occidentale. Condannata senza appello Lady Macbeth è ritirata dal repertorio. L'ostracismo sarà levato solo nel 1963, in era Chruscev, ma l'immoralità del libretto è ancora pesante, pertanto Šostakovic deve preparare una nuova versione ribattezzata Katerina Izmajlova nella quale ritocca versi e musica, trasformando il suo lavoro in situazioni più realistiche. Così modificata, l'opera è approvata dall'Unione dei compositori e ha la sua prima l'8 gennaio 1963. L'occidente resta però più legato alla prima versione, anche se in varie occasione fu condannata per aspetti moralistici, come al Festival di Venezia nel 1949. In seguito tale morale mutò e oggi possiamo apprezzare uno degli spartiti più originali ed innovativi del teatro musicale non solo russo ma internazionale. La ricchezza della partitura è rappresentativa, soprattutto per i molteplici richiami a situazioni precedenti o future, ed è altrettanto indicativo quanto un compositore negli anni '30 abbia guardato il mondo sociale con così dolente partecipazione. Šostakovic scrisse a proposito della sua composizione: “Dedicai Lady Macbeth alla mia fidanzata e futura moglie, così che l'opera tratta anche dell'amore, ma non solo dell'amore. E anche di come l'amore sarebbe potuto essere se il mondo non fosse pieno di esseri vili”.
Per questa grande e ben gradita operazione il Teatro Comunale di Bologna ha preso uno dei migliori spettacoli del regista Dmitrij Bertman, assieme al cast completamente russo e alla bacchetta.
Bertman crea uno spettacolo di grande spessore teatrale e struggente innovazione narrativa. Tutto è visto in chiave di un mondo cupo, violento, bigotto che viene di volta in volta anche ridicolizzato. La scena fissa di Igor' Neznij è rappresentativa nel ricordarci le tubature rosse esterne di gas e acqua tipiche del regime comunista, in mezzo a questo labirinto si collocano delle gabbie di ferro che identificano le stanze di casa Izmailov ma sono apertamente allusive alla “prigione” in cui è rinchiusa la protagonista, sempre guardata a vista da un suocero anche viscido e bramoso. Ben realizzate le sfumature che configurano i personaggi, in particolare il goffo e insulso marito, più attento agli affari, e probabilmente anche ad “altro” che alla giovane moglie. Esemplare quando il giovane amante Sergej è scoperto dal suocero, legato è frustato dalla servitù in una scena sadica e coreografata con assordante rumore di colpi di cintura sul palcoscenico. Molto spinta la scena della violenza sulla cameriera ma veritiera, come gli amplessi dentro la gabbia di Katerina con il giovane amante, la passione travolge la protagonista che si lascia andare alle più sfrenate effusioni. Il Coro, peraltro bravissimo e preparato da Andrea Faidutti, è presenza fissa nella regia, al quale è richiesto un impegno non indifferente nel canto, nel ballo, nella coreografia, come la scena della festa in caserma che è una derisione della polizia, e nella scena della Siberia ove con movenza elegante e girando alcune sedie crea una prigione umana che rinchiude la protagonista. Qui lei nella sua disperazione fa intuire che ha avuto pure un bambino dal giovane amante, bambino che non ha saputo dargli il marito e che tragedia nella tragedia è un pupattolo, morto o immaginato. La nuova fiamma di Sergej nella prigione indossa lo stesso costume di Katerina, le donne sono continue per il giovane, e non osa rinfacciare alla precedente la condizione ove l'ha trascinato. Di forte impatto anche la prima scena del carcere ove tutte le figure che ruotano intorno a Katerina si muovono in continuazione dentro un ristretto spazio delimitato da sedie che fungono da prigione, sono loro che l'hanno portata a quell'epilogo così drammatico ed esistenziale. Mozzafiato il finale nel quale la protagonista non si getta con la nuova amante nel lago ghiacciato, ma si attorcigliano con una calza, la stessa che lei ha donato all'amante e questi ha regalato a Sonetka, simulando una danza macabra di suicidio-omicidio in un finale crudo ma altrettanto insignificante per Sergej e gli altri carcerati. Regista, scenografo e costumista non creano un'identificazione precisa della vicenda, s'intuisce che è collocata durante il periodo cupo dello stalinismo ma i costumi sono bellissimi, come l'impatto visivo spesso buio e soffuso creato da ottime luci teatrali.
Sul podio dell'Orchestra del Teatro Comunale di Bologna, che ha fornito prova di eccellente professionalità con suono limpido e preciso, abbiamo avuto il direttore Vladimir Ponkin che ha ammaliato con la sua concertazione, ruvida, precisa e di taglio teatrale di forte impatto. Il ritmo, la precisione degli attacchi, le ottime rifiniture nelle varie sezioni, soprattutto le percussioni, erano davvero esemplari. Meravigliosi i tanti preludi d'atto e di scena concertati con alta tensione drammatica.
Tutto il cast, presumibilmente interprete anche delle recite al Teatro Helikon di Mosca, ha fornito un'ottima prova sia attoriale sia vocale. Tuttavia emergeva il Boris di Aleksej Tichomirov, basso di grande impatto vocale preciso e raffinato, mentre Elena Michailenko nel difficile e lungo ruolo di Katerina ha dimostrato grande musicalità e qualche asprezza nel settore acuto. Ilija Houzic era un corretto Sergej cantato senza particolari enfasi, meglio l'allunato marito Zinovij interpretato benissimo da Dmitrij Ponomarev. Merita un plauso anche Larisa Kostjuk nella breve parte di Sonetka, voce brunita bellissima anche se molto usata di “petto”, la precisa Maja Barkovskaja, frizzante Aksin'ja e il simpatico sergente di polizia interpretato da Aleksandr Miminosvili. Completavano ottimamente la locandina: Michail Serysev, Stanislav Svets, Valeri Kirjanov, Anderj Orekhov, Andrej Palamarchuck e Artem Davjdov.
Infine una considerazione. In oltre trent'anni di frequentazione del Teatro Comunale di Bologna, prima come spettatore in seguito come giornalista, non ho mai visto la sala cosi vuota soprattutto ad una prima. Non posso pensare che il titolo russo abbia intimorito i bolognesi e neppure l'opera non abituale ai nostri palcoscenici, anzi avrebbe dovuto essere un'ulteriore ricerca di conoscenza. Mi sfuggono i motivi di tale “vuoto”, incomprensibili ed ingiustificati, soprattutto se si pensa che a Bologna abbiamo visto ed ascoltato uno dei migliori allestimenti della stagione.
Il pubblico presente, molto attento e partecipe, ha tuttavia decretato un autentico trionfo a tutta la compagnia, meritatissimo!
Lukas Franceschini
10/12/2014
Le foto del servizio sono di Rocco Casaluci.
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