RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

Lucia di Lammermoor

alla Scala per l'Expo

Nella cosiddetta stagione “ La Scala per l'Expo”, all'interno della programmazione 2014-2015, è stata riproposta a Milano l'opera di Gaetano Donizetti Lucia di Lammermoor nell'allestimento di Mary Zimmermann creato al Teatro Metropolitan di New York.

Il dramma tragico in due atti, su libretto di Salvatore Cammarano, non è probabilmente il migliore spartito del compositore bergamasco ma sicuramente il più celebre, mai uscito dal repertorio e cavallo di battaglia d'innumerevoli soprani e tenori.

La principale attrattiva di questa riproposta, il titolo e lo spettacolo erano stati allestiti alla Scala nel 2014, era il nome di Diana Damrau quale protagonista ma sfortunatamente, alla recita cui ho assistito, il soprano tedesco era indisposta ed è stata sostituita da Elena Mosuc la quale avrebbe dovuto cantare altre recite. La signora Mosuc, che è stata un rilevante soprano in tale repertorio, ha fatto il suo debutto nel ruolo alla Scala dopo aver cambiato parzialmente il suo abituale repertorio. Le sue condizioni vocali sono ancora buone ma a mio avviso aver osato titoli non propriamente azzeccati, ad esempio Luisa Miller, ha compromesso un organo vocale che nel repertorio lirico-leggero e di coloratura aveva dato frutti notevolmente positivi. La sua attuale Lucia risente nello specifico di un virtuosismo non più cosi mirabile e funambolico e di una non più sfavillante armonia nel registro acuto. Tuttavia la sua esibizione è stata onorevole e questo spostamento interpretativo più lirico ha assunto spessore solo dal punto di vista interpretativo a discapito delle grandi pagine di bravura.

Vittorio Grigolo, Edgardo, presente anche nel 2014, ha fatto annunciare ad inizio recita che seppur indisposto avrebbe ugualmente sostenuto il ruolo. Non apro il discorso sulla pessima usanza di questa prassi ma rilevo che se un cantante non è in grado di sostenere il ruolo per quella recita avrebbe il dovere di farsi sostituire, poiché alla Scala era presente il tenore del cast alternativo. In questo caso la prova di Grigolo non dovrebbe essere recensita tuttavia mi limito ad alcune considerazioni. La voce è indubbiamente bella, il fraseggio curato, l'accento pertinente, quello che talvolta non convince è una palese esuberanza del tenore, anche scenicamente (ma questo forse è voluto dalla regista), che in certi titoli non si addice molto al personaggio. Nella scena finale ha dimostrato un grande senso teatrale e una positiva scansione del colore, tuttavia l'intero brano era abbassato di tono date le sue non perfette condizioni fisiche.

Il Lord Enrico di Gabriele Viviani era risolto con buon mestiere, anche se vocalmente più truce e violento che autentico baritono belcantista, i mezzi in tal caso dovrebbero essere più raffinati e puntare soprattutto su un'eleganza di fraseggio e stile. Alexander Tsymbalyuk pur difettando nella pronuncia è stato un onesto Raimondo, Juan José De Leon è un bravissimo Arturo, misurato e con accenti molto appropriati, si spera di ascoltarlo presto in ruoli più impegnativi, anche se è da rilevare che la sua aria nel secondo atto è tutt'altro che facile ed egli ha esibito un'ottima esecuzione. Completavano la locandina, come di prassi da qualche tempo alla Scala, due allievi dell'Accademia di Perfezionamento per Cantanti lirici del teatro alla Scala. Chiara Isotton è stata una puntuale Alisa con voce piena ben impostata, Edoardo Milletti un preciso Normanno, il quale ha saputo dare un rilievo vocale al piccolo ruolo, cui comunemente non siamo più abituati.

Sul podio abbiamo ritrovato Stefano Ranzani, buon concertatore, che con lo spartito donizettiano ha particolare affinità. Infatti, abbiamo ascoltato tempi precisi e ben sostenuti, un disegno drammaturgico musicale di ottima fattura e un'impostazione orchestrale molto rilevante, complici anche i bravissimi professori dell'orchestra che hanno seguito il maestro con esemplare disciplina. Una particolare menzione va al Coro del Teatro alla Scala, diretto da Bruno Casoni, il quale ha fornito, come il solito, una prova di altissima professionalità musicale.

Dello spettacolo non vorrei ripetermi su cose già scritte nel 2014, esso seppur ambientato nel tardo ottocento contiene soluzioni visive molto appropriate ma anche cadute di gusto imbarazzanti. Tra queste non posso non ripetere che l'intervento del medico durante la pazzia della protagonista per somministrarle un calmante con siringa è del tutto inutile, come la scenetta del fotografo che dispone i protagonisti durante il matrimonio che rovina teatralmente il celebre sestetto di assoluta rilevanza. La scena di Daniel Ostling è molto lineare e sobria ispirata alla brughiera scozzese, lascia perplessi la grande scala del III atto, d'impronta futurista. Meravigliosi per eleganza e stile i costumi di Mara Blumenfeld, anche se non ho capito perché Lucia si sposa in rosso e poi sale nella camera nunziale assieme al marito vestita di bianco.

Il pubblico ha decretato un convinto successo al termine a tutta la compagnia.

Lukas Franceschini

15/6/2015