Barcellona
Inaugurata la stagione con il Macbeth verdiano
Come al solito, due compagnie di canto si alternano per un totale di undici recite. L'allestimento di Christof Loy, già visto a Ginevra, ha un po' di tutto: un'atmosfera claustrofobica in bianco e nero, ‘gotica', che ci sta benissimo e che alcuno ha trovato stile Rebecca di Hitchcock (non il sottoscritto), ma la scena unica provoca delle inutili forzature: l'assassinio di Banquo è piazzato in mezzo alla sala di festa per il brindisi; inoltre le cose si complicano senz'alcuna necessità, nelle arie c'è sempre qualcuno che le fa diventare un duetto tra solista e personaggio muto o la regìa parte in più di una direzione: Le streghe, ovviamente: alcune travestite, qualche nudo che non guasta ma non si sa cosa ci stia a fare, l'inserviente dei Macbeth – qui anche araldo e sicario – onnipresente e non si sa se capo o seguace delle ‘misteriose donne'. Non male, ma pedante. Tre sipari dividevano il palcoscenico e in molti momenti il cantante o i cantanti restavano opportunamente sul proscenio a cantare le loro scene più difficili. Interessante invece il lavoro sui personaggi, non solo la coppia colpevole.
La concertazione di Giampaolo Bisanti non era forse geniale ma si molto corretta e l'orchestra suonava bene, cosa che va sottolineata. Il coro (istruito da Conxita García) molto bravo soprattutto negli ultimi atti: ‘Patria oppressa' è stato un momento magico. Siccome qui la fine era quella della prima versione non c'è stato il grande momento del coro che Verdi scrisse per Parigi.
Accettabili i comprimari, tra i quali spiccavano Albert Casals (Malcolm), Anna Puche (Dama) e soprattutto Marc Canturri che cantava poco ma era omnipresente sul palcoscenico e sempre con tanto da fare.
Ludovic Tézier si misurava per la prima volta con il protagonista con ottimi risultati, la nobiltà del porgere, la bellezza della voce, ma è chiaro che l'interpretazione crescerà dopo questo primo contatto pubblico. Luca Salsi invece ha dalla sua una grande dimestichezza con il ruolo ed è stato molto bravo anche se con qualche eccesso ‘preverista' in alcuni momenti e quindi al suo eroe – negativo certo ma non perciò meno nobile – mancava qualche volta la classe. Martina Serafin debuttava anch'essa la Lady: ancora una volta si è avverato che il primo Verdi non fa per lei. Meglio senz'altro della tremenda Abigaille del Nabucco di esattamente un anno fa, si rifugiava nella sua intelligenza per aggirare i momenti che la superavano, e quindi a soffrire era la linea di canto: non si parli del re bemolle del sonnambulismo... mai sentita la prima e più lunga parte de ‘La luce langue' in una forma diciamo ‘espressionista'. Tatiana Serjan, da canto suo, era formidabile. L'acuto è forse più metallico e meno rigoglioso di prima, ma la cantante risolve bene tutte le insidie della parte senza cercare compromessi, compreso, qui sì, il benedetto re bemolle di cui sopra in pianissimo, ed adoperava con grande effetto un centro e grave importanti e non artefatti come quelli della collega.
Molto bene Vitalij Kowaljov nei panni di Banquo, ma potrebbe migliorare un po' certe consonanti della lingua di Dante; note dolenti invece per Alessandro Guerzoni nello stesso ruolo, e una parte del pubblico dimostrava chiaramente di non gradire la prestazione dopo l'aria. Bene il Macduff di Saimir Pirgu, ma la voce è troppo leggera per la parte; preferibile comunque alla prestazione di Teodor Ilincai, che avrà certo più volume, ma dei problemi di emissione (l'inizio del recitativo ‘O figli' era terribile) e un fraseggio più che generico.
Jorge Binaghi
14/10/2016
Le foto del servizio sono di Antonio Bofill.
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