RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

Barcellona

Dal bordello all'isola d'Ellis

Mancava da più di dieci anni Manon Lescaut dal Liceu. Non so perchè si sia sentito il bisogno di un nuovo allestimento in coproduzione con Valencia e Napoli quando allora c'era stato, per la prima e unica volta, quello di Liliana Cavani quando il titolo venne ripreso alla Scala all'epoca di Muti. La regia di Davide Livermore si può annoverare tra quelle non troppo riuscite del noto direttore, sempre con i suoi abituali collaboratori. Si sa che non mancherà il video di D-Wok, e questa volta ovviamente sulle note dell'intermezzo spostato prima dell'inizio dell'ultimo atto. Su questo video si vedono le foto di tanti immigranti europei e non al loro arrivo all'isola di Ellis, dove inizia l'azione, e difatti inizia prima, nella hall del Teatro con vecchi bauli che seguono i loro proprietari. Prima della musica si vede un vecchio signore (l'attore Albert Muntanyola) in dialogo con un agente che vigila la sede ormai chiusa della famosa isola. Gli viene concesso un ultimo sguardo e l'anziano (ovviamente Des Grieux) ricorda. Ho trovato parecchio fastidiosa la sua presenza durante tutta l'opera. Siccome abbiamo cambiato d'epoca, alla parola carrozza si affaccia un treno sul quale fuggono (soli passeggeri?) i due giovani mentre l'esasperato Geronte cerca di raggiungerli a cavallo. L'atto secondo è un bordello dove non si sa bene quale sia la posizione di Manon, che chiaramente non è pupilla ma – credo – neanche Madame. L'atto terzo è il migliore, con una nave degna di Fellini. Il quarto sposta l'orrida landa nei pressi di New Orleans al ricovero obbligatorio dell'isola di Ellis (quasi un carcere) e non si capisce bene perchè la protagonista non trovi dell'acqua (ma neanche Des Grieux) o si senta sola perduta abbandonata in una stanza abbastanza gremita di disgraziati, tra i quali una moribonda. Tra l'altro quando ci si lamenta – a giusto titolo – dei costi di una recita operistica non si capisce bene perchè un atto ‘povero' in scene e costumi e con solo i due principali riceva una tale soluzione

La direzione di Emmanuel Villeneuve (che si presentava qui) è stata corretta ma mancava parecchio di passione tranne in alcuni momenti dove passava per tale un considerevole aumento nel volume dell'orchestra, tecnicamente in forma buona se non smagliante. Bravo il coro preparato da Conxita García. Due i cast per i tre principali. Tra gli altri spiccava Carlos Chausson nei panni dell'odioso Geronte. Sbagliata la concezione del maestro di musica (José Manuel Zapata), molto bene Carol García (Un musico) e Michael Borth (sergente). Corretti gli altri e bene l'Edmondo di Mikeldi Atxalandabaso se si vuole un tenore caratterista per la parte.

David Bizic era un Lescaut senza rilievo, troppo ingolato. Jared Bybee ha una bella voce ma forza troppo e apre troppo la bocca per proiettare; interessante come attore. Liudmyla Monastyrska, si sa, è un soprano spinto di tutto rispetto, enorme volume, ma l'interprete non era eccezionale: sì seria e diligente, ma questo proprio non basta per la parte parlata o declamata. I piani sono buoni ma tendono a sbiancarsi e suonare fissi (tutto il finale che per di più si capiva poco). Gli acuti dall'inizio al secondo atto erano alquanto ruvidi e il vibrato era un po'esagerato. La situazione cambiava a partire dell'atto terzo ma ritengo che L'ora o Tirsi sia stato l'unico momento solistico convincente. Molto bene invece, malgrado una qualità e quantità di voce più modesta, Maria Pia Piscitelli, chiarissima nell'articolazione, con un buon dominio del canto pucciniano e particolarmente efficace nei momenti più drammatici

Gregory Kunde è amato – a ragione – dal pubblico e dal sottoscritto. Ma si deve riconoscere che non solo (come la protagonista) non ha la figura ideale per Des Grieux (a me importa poco questo aspetto) ma la voce, splendida negli acuti, ha poco squillo, il centro presenta una differenza di volume importante, e il grande tenore non sembra troppo a suo agio nell'atto primo. Anch'esso diventa il grande Kunde solo a partire dell'atto terzo. Jorge de León è un cantante giovane e ha un materiale importante. L'interprete è parecchio convenzionale, il cantante vanta un centro eccezionale e anche l'acuto, ma peccato che sia sempre stentoreo e monotono, con qualche nasalità e, peggio, non sempre il suono è fermo.

Jorge Binaghi

9/6/2018

La foto del servizio è di Antoni Bofill.