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Margherita d'Anjou

al 43° Festival della Valle D'Itria

Quest'anno, in occasione del 43° festival della Valle D'Itria, fra le chicche proposte dalla prestigiosa manifestazione che annualmente richiama nella deliziosa cittadina pugliese di Martina Franca decine e decine di musicologi, musicofili, critici musicali e opera goers provenienti da ogni parte d'Europa, si è potuta registrare la messa in scena del melodramma semiserio in due atti Margherita d'Anjou di Giacomo Meyerbeer su libretto di Felice Romani, il cui soggetto venne tratto da una creazione di Charleston Guilbert de Pixérécourt.

La prima messa in scena ebbe luogo al Teatro La Scala di Milano il 14 novembre del 1820, riscuotendo un lusinghiero successo, e venne poi riproposta in lingua francese al Teatro Odéon di Parigi il 3 novembre 1826, per essere ripresa a New Orleans nell'aprile del 1854, mentre in tempi moderni è stata riesumata alla Royal Festival Hall di Londra sotto forma di concerto nel novembre 2002. Infine il 29 luglio 2017 (con repliche il 2 e 4 agosto), nell'edizione critica edita da Ricordi di Paolo A. Rossini e Peter Kaiser, l'opera ha avuto finalmente la sua prima rappresentazione assoluta in forma scenica in tempi odierni.

Così l'ampio cortile del Palazzo Ducale di Martina Franca è stata la cornice entro la quale la partitura di Meyerbeer ha trovato la sua collocazione, avvalendosi della regia di Alessandro Talevi, alquanto efficace e peraltro funzionale alla pièce, ma che il folto pubblico presente ha parzialmente contestato. Forse l'ambientazione moderna tutta punk, nella quale la regina viene trasformata in una diva del regno del fashion, affollato da top model ambulanti su passerelle e con giovanotti che si agitano con movenze coreografiche da breakdance, è apparsa poco rispettosa del libretto e del contesto storico nel quale è ambientato il testo, poiché la tradizione vuole il ductus dell'azione in Inghilterra all'epoca della Guerra delle Due Rose, cioè fra il 1455 e il 1485. Di conseguenza le scene e i costumi di Madeleine Boyrd e le coreografie di Riccardo Olivier, per quanto simpatiche e sicuramente gradevoli, apparivano fuori luogo e inadeguate al testo che di contro usa un linguaggio aulico e sicuramente ricercato, tratto peculiare quest'ultimo di tutta la letteratura librettistica ottocentesca.

Applausi a scena aperta invece all'Orchestra Internazionale d'Italia, condotta in modo puntuale, corretto e accurato da Fabio Luisi, che ha saputo cogliere appieno l'umore semiserio dell'opera, nella quale per l'appunto vengono alternati momenti umoristici e ridanciani a momenti elegiaci e sentimentali: vanno segnalati a tal proposito gli splendidi assolo del primo violino.

Il soprano Giulia De Blasis è stata una Margherita corretta e ben calibrata al suo ruolo eponimo, esibendo una vocalità duttile e nello stesso tempo una tecnica efficace. Bene anche il mezzosoprano Gaia Petrone (Isaura) che ha messo in campo una timbratura pulita, un controllo della zona media eccezionale e una dizione chiara e netta. Il tenore Antonio Rositskiy (Duca di Lavarenne), pur esibendo un'estensione notevole e una possanza non comune, ci è parso talvolta alquanto stridulo e duro nella zona sopracuta, con delle sgranature poco gradevoli all'udito, palesando per l'ennesima volta che il canto non è attinente con l'atletica leggera. In ruolo e ben saldo nella sua interpretazione il basso Bastian Thomas Kohl nella parte di Riccardo duca di Gloucester. Suggestivi e molto accattivanti i disegni luci realizzati da Giuseppe Calabrò.

Molto efficaci, puntuali e ben incastonati nell'azione gli interventi del coro del Teatro Municipale di Piacenza e del maestro al fortepiano Carmen Santoro.

Giovanni Pasqualino

31/7/2017