RECENSIONI
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Barcellona

Alagna raddoppia

Al Liceu la coppia vincente di Cavalleria rusticana e Pagliacci mancava dal 2011, e allora non è che fosse stata proprio un trionfo. Questa volta si presentava nell'allestimento di Damiano Michieletto che è un grande uomo di teatro ma che, purtroppo quasi sempre, decide d'ignorare i momenti in cui la musica deve passare per prima. E così, a parte qualche forzatura nel testo, a farne le spese sono stati i cori e soprattutto i celebri intermezzi dove si racconta, nel primo, l'innamoramento di Nedda e Silvio, e nel secondo, la continuazione di Cavalleria con Santa incinta e mamma Lucia che la perdona. Per il resto, ambientata negli anni tra i 50 e i 60 dello scorso secolo, la messinscena funziona ottimamente su tutti gli aspetti, e poco importa che il cavallo che scalpita sia un macchinone di pessimo gusto: caratterizza perfettamente compare Alfio.

Il versante musicale aveva dalla sua il ritorno di Roberto Alagna in due ruoli che oggi gli consentono di presentarsi al meglio delle sue ancora tantissime capacità. La voce è sempre bellissima (un po'meno di prima) ma più robusta e quasi sempre omogenea. È vero che all'inizio dell'opera di Mascagni tende troppo a forzare i suoi mezzi ma dalla seconda parte del duetto con Santuzza tutto rientra nell'ordine e offre un brindisi esuberante e un addio sconvolgente. Meglio ancora il suo Canio dove tranne qualche nota all'inizio l'adeguazione al personaggio è totale. Sarà vero che può cantare oggi solo di forza e le belle mezzevoci sono un ricordo del passato ma in questi due casi precisi l'approccio è inappuntabile e non so se oggi ci sia in giro un tenore capace di cantare i due ruoli a questo livello.

Livello al quale, appunto, nessuno dei suoi colleghi arrivava. Debuttava Elena Pankratova in Santuzza e non è questo il personaggio ideale per la sua voce, un po' metallica e con qualche vibrato, anche se se la cavava con onore. Elena Zilio è una specialista del ruolo di Lucia ma mi è parso che sia stata lei, e non la regia, chi faceva una mamma italiana esageratissima, praticamente una macchietta. Gabriele Viviani ha tanta voce ma l'emissione, sia nei panni di Alfio che in quelli di Tonio/prologo, è spesso ingolato e qualche acuto ('è Pasqua ed io son qua') d'intonazione incerta. Mercedes Gancedo si ritagliava un bel successo con la sua Lola, vestita sì in nero ma troppo da femme fatale per usare un'espressione non malsonante.

Il Beppe di Vicenç Esteve era corretto, ma di acuto un po' limitato. Alessandra Kurzak (Nedda) canta oggi ruoli che non avrebbe mai dovuto cantare e il risultato è palese: la voce oggi non ha più colore e qualche acuto è sí buono, come anche due trilli, ma per il resto, tranne la brava attrice, non resta molto da lodare. Silvio compare già nel panificio di Mamma Lucia in Cavalleria e fa un'ottima impressione; peccato che poi in Pagliacci deve anche cantare e lí sono dolori – Duncan Rock: ignoro come sia arrivato al Liceu ma comunque speriamo che non rifaccia la strada.

Il coro questa volta per fortuna è stato molto bravo (istruito come sempre da Conxita García) e l'orchestra ha suonato bene. Mi era molto piaciuto Henrík Nánási nel Flauto mozartiano, ma qui si è rivelato poco atto a trasmettere il melodismo e il lirismo di entrambi i titoli. Bene il coro di bambini ‘Veus' della città di Granollers, preparato da Josep Vila Jover. Tutto esaurito e successo incandescente per Alagna ma anche quasi senza distinzione per tutti gli altri. Il pubblico dovrebbe praticare qualche volta i dovuti distinguo come si usava una volta...

Jorge Binaghi

13/12/2019

La foto del servizio è di Antonio Bofill.