RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

Le Metamorfosi di Pasquale

al Teatro Malibran di Venezia

Al Teatro Malibran, nell'ambito della stagione lirica del Teatro La Fenice, è stata rappresentata in prima esecuzione in tempi moderni la farsa giocosa per musica di Gaspare Spontini Le metamorfosi di Pasquale o sia Tutto è illusione nel mondo, su libretto di Giuseppe Maria Foppa. La farsa fu rappresentata in prima esecuzione al Teatro Giustiniani di San Moisè di Venezia il 16 gennaio 1802, ed è l'ultima testimonianza dei primi anni di lavoro dell'autore in Italia, nei quali compose opere quasi tutte di genere buffo per vari teatri tra cui Roma, Napoli, Firenze e Palermo. In seguito, con il suo trasferimento prima a Parigi, poi in Germania, la carriera decollerà definitivamente elevandolo ai vertici dei musicisti del tempo, producendo i veri capolavori che possono essere individuati in tre titoli: La Vestale, Fernand Cortez, Olympie.

Lo stile della farsa ricalca a tutto tondo il classico esempio dell'opera buffa in un atto della scuola napoletana, poi divulgatasi in tutta la penisola. Non dimentichiamo che Spontini, nativo marchigiano, studiò al Conservatorio della Pietà dei Turchini di Napoli, e dopo il diploma successe a Domenico Cimarosa come maestro di Cappella della Corte napoletana, pertanto lo stile non si distacca dal genere che tanto ebbe successo in quel periodo e altrettanto era di gradimento. Quando fu rappresentata, La metamorfosi di Pasquale, che fu abbinata alla ripresa di un'altra farsa, di Raffaele Ortigiano, Non credere alle apparenze , ebbe un'accoglienza molto tiepida e già una settimana dopo fu tolta dal cartellone.

È peculiare fare una precisazione storica. Fino a pochissimo tempo addietro delle opere del primo periodo compositivo di Spontini, su un totale di circa quindici, si conservava solo l'autografo de Li puntigli delle donne (al Conservatorio di Napoli), e le copie di altri quattro, di cui uno incompleto, mentre le altre risultavano perdute. Tuttavia, attraverso testimonianze del tempo, si era a conoscenza che l'autore anche in tarda età era in possesso di suoi spartiti giovanili ben custoditi. Improvvisamente apparve presso un antiquario inglese l'autografo de La fuga in maschera (Napoli, 1800) che ora fa parte della Casa Museo Spontini. Nella primavera del 2017 nella biblioteca del Castello dei Conti di Ursel a Hingene, nelle Fiandre, vennero alla luce ben quattro autografi, oltre alla farsa in oggetto, le opere in due atti Il quadro parlante (Palermo, 1800) e Il geloso e l'audace (Roma, 1801), oltre alla cantata L'eccelsa gara (rappresentata privatamente nel 1806). Con ogni probabilità questi manoscritti sono giunti a Ursel attraverso un asse ereditario che può risalire direttamente a Céleste Erard, vedova Spontini, che aveva custodito gelosamente tutti gli autografi del marito fino alla sua morte avvenuta nel 1878.

Il volume La metamorfosi di Pasquale, di cui si presume quasi con certezza che la rilegatura fu compiuta dopo la morte del compositore, presenta alcune lacune: manca la sinfonia e un fascicolo del finale. Quanto alla sinfonia è ipotizzabile che dovesse essere quella de La fuga in maschera, composta a Napoli qualche anno prima, e come d'uso al tempo riutilizzata. Per la sezione finale invece, circa una novantina di battute, non abbiamo una situazione analoga. È stato necessario ricostruire ex-novo la parte mancante, basandosi su spunti melodici e modelli tipici del linguaggio musicale di Spontini, operazione effettuata con encomio da Federico Agostinelli.

Ritornando alla farsa, i personaggi sono figli tipici dell'opera buffa: una serva astuta, un nobile impacciato, una coppia di giovani amanti contrastati dagli eventi ma con felice epilogo, un rivale in amore, un servo intraprendente e infine un protagonista ciarlatano e credulone manovrato a sua insaputa. La musica di Spontini ripercorre gli stili della scuola napoletana ma sono presenti anche elementi che segnano un sviluppo del linguaggio con una più evoluta ricchezza armonica e un'acuta definizione dei diversi momenti scenici, e rispetto ai Puntigli si evince una maggiore varietà del lessico musicale ed espressive sfumature.

Lo spettacolo ideato da Bepi Morassi, con gli allievi della Scuola di Scenografia dell'Accademia di Belle Arti di Venezia per scene e costumi, è ambientato a Napoli, prendendo punto dallo stile dell'opera, nel periodo del Café chantant negli anni '20, epoca di fermento innovativo in campo teatrale. Non manca uno spunto dal cinema (Carosello napoletano), trasformando il tutto in una classica commedia brillante di stampo partenopeo. L'intento sarebbe stato ottimo, anzi perfettamente calzante, tuttavia cadute nel classico tableau della macchietta hanno contribuito a rendere meno efficace un'elegante vicenda, seppur stereotipata. Non contribuisce la scenografia di Piero De Francesco, piuttosto spoglia e poco avvincente: se doveva essere la ricostruzione di un momento storico-artistico peculiare, questo era irriconoscibile. Più azzeccati i costumi di Elena Utenti, cromatici e frizzanti.

Molto migliore il versante musicale a cominciare dalla direzione di Gianluca Capuano, direttore sempre più in ascesa, il quale perfettamente a conoscenza di alcuni limiti della partitura si applica sostenendo un ritmo narrativo molto efficace, scavando, quando gli è possibile, in cromatismi molto pertinenti e mantenendo un equilibrio formale contraddistinto da un ritmo sostenuto e molto giocoso. Lo stesso direttore è anche maestro al clavicembalo, ruolo che assolve con spiccata musicalità e senso teatrale. Complice della bella concertazione è stata anche l'ottima prova dell'orchestra della Fenice, precisa e dal suono lucente.

Abbastanza omogeneo il cast, senza punte eccelse. Andrea Patucelli, Pasquale, è cantante abbastanza preciso e molto bravo scenicamente anche se il timbro è piuttosto ruvido. Efficace la Lisetta di Irina Dubrovskaya, più a suo agio nel registro acuto rispetto alla zona grave ma puntuale nella sua grande aria. Giorgio Misseri, il marchese, è interprete gradevole, anche se talvolta un po' forzato, mentre si distingue il Fortino di Carlo Cecchi, interprete rifinito e con buon fraseggio. Michela Antenucci è una frizzante Costanza, Francesco Basso un barone sornione, e Christian Collia, nel doppio ruolo di cavaliere e sergente, puntuale cantante.

Teatro quasi tutto esaurito per questa prima in tempi moderni, pubblico entusiasta al termine che ha premiato l'intera compagnia con numerosi applausi e chiamate.

Lukas Franceschini

27/1/2018

Le foto del servizio sono di Michele Crosera-Teatro La Fenice.