RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

Partita di donna

Cindy Cardillo e Valerio Santi.

Marco Praga, figlio del più famoso Emilio, esponente di spicco della Scapigliatura milanese, è uno di quei commediografi ingiustamente dimenticati dalle Compagnie e dai Teatri Stabili, il cui vezzo dominante sembra ormai o la riduzione di romanzi per il teatro, con esiti spesso infelici o quanto meno artisticamente incerti, o la messa in scena di nuovi testi, talvolta commissionati per il tale o il talaltro attore, che si riducono per lo più a monologhi o a un collage di scenette comiche appartenenti alla più obsoleta tradizione del teatro dialettale. Eppure la nostra letteratura, per non parlare di quella europea, americana e russa, è ricchissima di opere poco o nulla rappresentate, di testi validissimi in attesa di una compagnia che si prenda la briga di rappresentarli, offrendo al pubblico lavori autenticamente teatrali e che ancor oggi, a distanza di un secolo e anche più hanno qualcosa da comunicare agli spettatori e possono offrire un valido banco di prova per il talento degli attori, giovani e non.

La moglie ideale di Marco Praga, messa in scena il 26 ottobre (con repliche il 27 e 28) dal Teatro L'Istrione all'interno della stagione 2018-2019, che reca il significativo titolo Così è se vi pare, è un testo del 1890, portato al trionfo dalla grande Eleonora Duse, un anno dopo il successo de Le Vergini, interpretato da Virginia Marini, successo che consentì al suo autore di dedicarsi interamente alla letteratura. Marco Praga, al quale i manuali di letteratura italiana dedicano ancor meno spazio che al padre, è in effetti la tipica figura di intellettuale di fine Ottocento, attivo sia in campo drammaturgico, che giornalistico: fu inoltre un attivo organizzatore culturale, dirigendo per molti anni la SIAE, promuovendone lo sviluppo, e battendosi per la valorizzazione del repertorio teatrale italiano. Come si vede una figura interessante anche dal punto di vista sociale e storico, la cui attenzione al mondo contemporaneo si riversa soprattutto nei copioni teatrali, dove i costumi dell'Italia borghese dell'epoca vengono indagati con uno spirito spregiudicato, intriso degli echi del Positivismo, e dunque attento alle reali dinamiche psicologiche dei rapporti sociali, che vengono analizzati, almeno ne La moglie ideale, in una luce quasi prepirandelliana, smontando il meccanismo borghese dell'adulterio dall'interno, e nel contempo rovesciandone la prospettiva, al fine di realizzare un ritratto di donna per certi versi inquietante, ma per altri assolutamente moderno.

Francesco Russo e Cindy Cardillo.

Giulia, la moglie ideale (con un'ironia che si svelerà in tutte le sue sfaccettature solo nel procedere della vicenda), è molto affezionata al marito Andrea, ma non ne è mai stata innamorata; stabilisce così un legame erotico con Gustavo, buon conoscente del consorte. Fin qui potrebbe sembrare il classico triangolo, con la donna perdutamente innamorata dell'amante, e con i conseguenti risvolti melodrammatici di suicidi, crisi di nervi e roba del genere. L'ottica rovesciata di Praga si fa strada pian piano, rivelando il ritratto di una donna dalle reazioni tipicamente maschili, e portavoce di quelle stesse istanze con le quali gli uomini giustificano il tradimento: la separazione di piani tra il marito e l'amante che gli uomini impiegano per gestire contemporaneamente due rapporti viene utilizzata lucidamente da Giulia che, quando Gustavo vorrà lasciarla per un'altra, non darà in escandescenze, non minaccerà suicidi e rivelazioni, ma pretenderà solo che l'amante si comporti in maniera tale da salvaguardare formalmente le apparenze, non scomparendo all'improvviso, ma diradando pian piano i rapporti col marito onde non incrinare quella fiducia coniugale che è ciò a cui la donna tiene in maniera imprescindibile. Come si vede, un punto di vista che sfronda il tema dell'adulterio, e dunque dell'amore, da tutte le implicazioni ottocentesche, che tanto feconde erano state in campo melodrammatico: il triangolo viene lucidamente anatomizzato, con risvolti protofemministi da un lato, visto che gli uomini e le loro debolezze non ci fanno proprio una bella figura, e protopirandelliani dall'altro, giacché il tema della possibile coesistenza sociale, della liceità anzi tra adulterio e matrimonio, qualora le forme e i pupi vengano rispettati sarà, ma in un'ottica ancora maschile, anche quello de Il berretto a sonagli, dove gli appelli al formalismo di Ciampa partono da argomentazioni molto simili a quelle di Giulia.

Come si vede, una commedia che merita senz'altro di ritornare sui palcoscenici, sia per la sua attualità perenne, sia perché arricchisce il quadro del panorama teatrale italiano ottocentesco, ancor oggi poco esplorato, e sovrastato, almeno nell'immaginario comune, dal melodramma; Valerio Santi, regista e scenografo della messinscena, coadiuvata dalle luci di Ségolène Le Contellec, è riuscito con pochi ma essenziali accorgimenti a trarre da questo testo tutta la sua modernità, trasportandone l'azione in epoca contemporanea, in un fine Novecento abbastanza neutro, ma senza modificare, se non in battute assolutamente marginali, il copione, restituito anzi alla sua lucida e raggelante asetticità dall'ambientazione minimalista, una casa borghese e un ufficio individuati più dalle luci che dalle attrezzerie, dove erano gli attori a fare la scena, focalizzando su di sé tutta l'attenzione del pubblico. La recitazione si muoveva sulla stessa linea, sfrondata dalle impostazioni ottocentesche, e più vicina allo straniamento contemporaneo, il che evitava sia le secche del naturalismo che avrebbe troppo connotato storicamente la vicenda, sia qualunque equivoco comico, trattenendo e inchiodando l'attenzione sulle dinamiche reali del rapporto tra Giulia e i suoi due uomini, e su una direttiva logico-razionale assolutamente avulsa da considerazioni di ordine moralistico, che a Praga non dovevano interessare affatto.

Cindy Cardillo e Concetto Venti.

Gli attori sono riusciti egregiamente a muoversi su questa sottile linea, facendo quasi emergere anche il non detto del copione, con una gestualità essenziale, molto affidata alla mimica, alle posture, e soprattutto a una egregia dizione, caratteristica comune di tutta la compagnia. Cindy Cardillo, nel ruolo di Giulia, si è mossa su un doppio piano, quello della moglie e dell'amante, riuscendo a differenziare i due personaggi col porgerli in maniera diversa al pubblico: la voce mutava col mutare del ruolo, come anche la gestualità, formale e tipizzata per la moglie, incisiva e tagliente per l'amante, specie nella seconda parte, quando la risoluzione del rapporto, e le condizioni per un'uscita di sicurezza vengono riferite a Gustavo tramite Costanzo, collega di studio del giovane, interpretato da Concetto Venti. Qui la Cardillo è riuscita a dosare perfettamente le pause, le inflessioni, facendo sì che il pubblico entrasse piano piano nel meccanismo, assorbisse l'imprevisto prima di essere ricatapultato nella tranquilla atmosfera borghese di una cena tra amici dove l'unico problema sembra un arrosto un po' bruciacchiato che farà masticare un po' amaro qualcuno.

Accanto alla Cardillo, Francesco Russo ha prestato ad Andrea, il marito, i tratti di una serenità familiare genuina e disarmante, evitando però le secche dei patetismi: misurato e attento, è stato molto abile a mantenere, nella seconda parte, un atteggiamento ambiguo, né troppo sbilanciato sul versante del sospetto, né su quello della becera fiducia, lasciando il pubblico volutamente incerto sino alla battuta finale, gettata con una nonchalance straordinaria che è riuscita a farla pesare come un macigno. Valerio Santi, nel ruolo dell'amante Gustavo, ha prestato la sua notevole professionalità a un ruolo infelice, complesso e fuori dagli schemi, almeno nelle intenzioni del copione: è riuscito a tratteggiare un uomo totalmente preso alla sprovvista, che teme una reazione dalla donna abbandonata e se ne ritrova un'altra di segno assolutamente opposto, schiacciato dalla logica fredda e conseguente di Giulia e dall'ambigua cortesia di Andrea. Dimostrando di aver compreso appieno il personaggio, si è prestato a far da spalla ora all'uno ora all'altra, talvolta francamente spettatore sulla scena, talvolta personaggio portavoce di cliché comportamentali maschili che Giulia smonta passo passo. Gioco attoriale sottile e di alto livello, nel quale è emersa la perfetta sintonia tra i tre protagonisti e soprattutto l'assoluta coerenza di una regia che ha dimostrato di aver compreso il copione anche al di là delle singole battute.

Giuliana Cutore

27/10/2018