Misantropi e misantropia
al teatro Ariosto di Reggio Emilia
Il 14 e il 15 gennaio è andata in scena per il pubblico reggiano Il misantropo, una delle opere più complesse del commediografo e attore teatrale francese Molière. L'adattamento dell'opera firmato Fabrizio Sinisi e Valter Malosti, nonostante la bravura degli attori, non ha pienamente convinto chi scrive: se infatti ci troviamo d'accordo con l'idea che per rendere fruibile a tutti il teatro si debba attualizzare le opere, siamo dell'avviso che compito dell'arte non sia solo quello di ridurre le differenze tra televisione e teatro ma di far riflettere. Il regista e protagonista Valter Malosti ha compiuto una scelta coraggiosa facendo indossare ai suoi attori abiti eccentrici e dai toni accesi (creati da Grazia Materia), attori-artisti che danzano e si contorcono manifestando attraverso il loro turpiloquio e le loro battute infelici lo squallore ipocrita della esistenza umana. Tutto questo però, dato anche il supporto delle scene di Gregorio Zurla e delle luci di Francesco Dell'Elba in sintonia con i personaggi rappresentati, sembra decentrare la critica molieriana all'ipocrisia e rendere Alcesti, con tutti i personaggi, il protagonista di una fiction televisiva, riducendolo a ben poco.
Il linguaggio degli attori, spaziando dall'uso di un lessico aulico alla trivialità, rende i personaggi poco coerenti con se stessi: certo non ci sfugge il desiderio di mettere in scena attraverso tale uso della lingua l'ipocrisia schizofrenica di noi esseri umani ma il risultato ottenuto sfiora la comicità da cabaret.
Il personaggio di Alceste, definito da alcuni quasi un alter ego di Molière, in questo tentativo di riscrittura viene appiattito, la sua critica all'ipocrisia umana ridotta a semplice spirito di contraddizione mentre la sua amata Cèlimène viene declassata al rango di una donna che si vende per poco.
Il riadattamento, alla fine dell'opera, propone anche un parallelismo rovesciato, infatti sotto forma di cantanti la coppia dei due protagonisti dell'opera Alcesti/Celimène diventa Elvira/Don Giovanni, manifestando come tutti siano vittime delle proprie passioni dalle quali non c'è alcuna via di scampo.
Il pubblico, seppur non folto, sembra aver apprezzato la rappresentazione proposta da quella che è una compagnia di attori di notevole livello, capace di adattarsi alla ri-creazione operata dal regista: Anna Della Rosa (Cèliméne), Sara Bertelà (Arsinoè), Edoardo Ribatto (Oronte), Paolo Giangrasso (Filinto), Roberta Lanave (Eliante), Matteo Baiardi (Clitandro), Marcello Spinetta (Acaste).
Segnaliamo l'ottima dizione di tutta la compagnia, capace non solo di recitare ma anche cantare con disinvoltura le canzoni di Bruno De Franceschi accompagnate al contrabbasso da Furio Di Castri.
Antonio Pasqualino
18/1/2020
La foto del servizio è di Tommaso Le Pera.
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