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Transumanar non si potria per verba…

Glaucu

di Ercole Luigi Morselli

La rassegna Percezioni 2012-2013, ospitata come sempre al Centro Zo di Catania, si è conclusa domenica 28 aprile con un bel lavoro, realizzato dalla compagnia "Buio in Sala": Glaucu, di Ercole Luigi Morselli, drammaturgo italiano attivo tra la fine dell'800 e i primi decenni del Novecento con un teatro che pone al suo centro l'uomo teso ad una continua ricerca di una vana e spesso irraggiungibile felicità. Glaucu, per la sua valenza mitica, venne tradotto in siciliano da Luigi Pirandello: un siciliano aulico, finalizzato alla caratterizzazione isolana dei personaggi, e dunque scevro dai compiacimenti del teatro dialettale in senso stretto.

Ambientato in una Sicilia senza tempo, dove il mare è ancora popolato di sirene e di tritoni, Glaucu narra la storia dell'omonimo pescatore che, nella ricerca di un miglioramento di sé che lo sganci dall'angusta realtà nella quale è nato, si imbarca per la Colchide, alla conquista di un oro e di un indiamento che, se lo renderanno ricco e divino, gli sottrarranno per sempre l'amore, perché la sua dolce Scilla, divenuta oggetto della gelosia di Circe, finirà per suicidarsi gettandosi in mare, dando vita, ma questa è un'altra storia, al terribile mostro marino che, insieme a Cariddi, era il terrore degli antichi marinai che si appressavano alle coste di Sicilia.

Citato da Dante per rendere l'idea del transumanarsi, e simbolo dell'amore per il mare, Glaucu rappresenta comunque l'uomo scisso tra una vita tranquilla, rischiarata dall'amore e dagli affetti familiari, e l'aspirazione al meglio, all'ignoto, al superamento delle barriere imposte dalla propria condizione esistenziale; e questo dissidio Massimo Giustolisi, nel ruolo eponimo, è riuscito a rendere con grande pregnanza ed estrema plasticità, imprimendo al suo personaggio uno slancio eroico ed una giovanile baldanza che hanno saputo però piegarsi sia alla tenerezza amorosa nei dialoghi con Scilla, sia all'atroce disperazione del finale, dove Giustolisi ha trovato accenti accorati che hanno ben definito anche la profondità della valenza umana di Glauco.

Ottima la prova di Manuela Ventura, nel ruolo di Scilla, e quella di Nadia Trovato, una Circe sensuale e tirannica attorniata da feroci bestie umana. Ieratica Ketti Governali nel ruolo di Lachesi, la Parca che percorre con la sua disadorna presenza tutto il dramma, in un memento mori che nemmeno il più fulgido momento di trionfo di Glauco permette di dimenticare.

La regia, firmata da Giuseppe Bisicchia e da Massimo Giustolisi, ideatore anche dei movimenti coreografici, è riuscita ad imprimere slancio e dinamicità alla vicenda, grazie alle suggestive coreografie, che hanno da una lato sottolineato l'aspetto mitico della vicenda, dall'altro la ferinità di un'umanità ai suoi albori, dove sentimenti e passioni trovano ancora modo di delinearsi con vigorosa e plastica icasticità.

Molto belli i costumi, ideati da Giuseppe Bisicchia e realizzati da Baco da Seta, costumi nei quali lo splendore cromatico dei personaggi mitici contrastava coi colori dimessi dei protagonisti umani, quasi a sottolineare una tensione e una differenza concretizzatesi al loro acme nel regale abito di Glaucu che ritorna, ormai dio, in Sicilia.

La musiche, de I petri ca addumunu, hanno evidenziato l'aderenza siciliana ad un tessuto mitico che affonda le sue radici nella grecità classica, grazie all'uso di strumenti tradizionali e di linee melodiche scarne, infuse ora di malinconia, ora di ritmi cadenzati.

Validissime infine le prove di tutti i comprimari, Biagio Barone, Emiliano Longo, Giovanni Strano, Amelia Martelli, Irene Tetto, Pippo Tomaselli, Dino Mallia e Luisa Mirone, che si sono piegati con notevole professionalità a ricoprire ruoli diversi nel corso della rappresentazione, alla quale il numeroso pubblico intervenuto ha tributato lunghi e calorosi applausi.

Giuliana Cutore

5/5/2013

Le foto del servizio sono di Enrico Sigillo.