RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


Parigi

L'abito non fa il monaco

Il titolo è quello della pièce da cui è tratto il libretto di Les mousquetaires au couvent, operetta con musica di Varney, per la prima volta nel 1880 sul palcoscenico delle celebri Bouffes parigine, dopo uno degli ultimi pilastri del repertorio dell'Opéra Comique fino alla scomparsa del genere. Ripescata qua e là questa volta ha avuto l'onore e l'onere di chiudere gli otto splendidi anni trascorsi sotto la direzione generale di Jérôme Deschamps, e contemporaneamente mettere brillantemente la parola ‘fine' sulla presente stagione e, almeno per un anno, anche sulla meravigliosa Salle Favart che subirà lavori vari per poi continuare la sua marcia verso il quarto secolo di esistenza (si dice presto). Un ‘addio' fantastico, meglio di così (quasi) impossibile.

L'operetta magari non sarà ‘importante' dal punto di vista puramente musicale o teatrale, ma invece lo è per la storia della musica francese. La verità è che un soggetto che oggi può sembrare ingenuo e vecchiotto benché carico di situazioni potenzialmente ‘delicate' – e all'epoca lo era, e quanto, presentare soldati mascherati da preti nel bel mezzo di un convento dove il bel sesso si ‘prepara' alla vita, che un po' brilli si mettono a predicare l'amore terreno… o forse lo è sempre, se non a Parigi altrove? – ha avuto il potere di convocare nella capitale francese pubblico e televisione, e per dirla in due parole ripete il successo di tante serate della fine dell'Ottocento e del primo ventennio del Novecento.

Deschamps non solo se ne va con un articolo breve ma straordinario, fra gli altri dell'ottimo programa di sala, e anche con un umile foglietto rivolto al suo ‘caro pubblico', ma anche si fa responsabile del nuovo allestimento, con costumi belli e stravaganti, scene spoglie ma funzionali, con una vivace e tradizionale ma per niente scadente messinscena, e per di più si presenta in veste di attore in uno dei due ruoli parlati, quello del Gouverneur, che gli procura una meritatissima ovazione subito dopo il suo parlamento di uscita. Non gli cede la Supérieure di Nicole Monestier. Toulon coproduce, con Lausanne, quest'allestimento e mette a disposizione l'orchestra del suo Teatro d'Opera sotto la bacchetta di Laurent Campellone, tutti entusiasti ed agguerriti in buca. Il coro ‘Les Cris de Paris'si diverte pure e canta a più non posso.

Per interpretare gli altri ruoli cantati non ci vogliono delle grandi voci, ma eccellenti artisti di grande musicalità. Eppure le voci – non grandissime – ci sono: quella di Sébastien Guèze, tenore di materiale molto apprezzabile ma di acuti un po' forzati, il soldato innamorato; Anne-Catherine Gillet, una servetta di quelle che canta ancora meglio di altre volte, Franck Leguérinel, un abate talmene mondano che fa tenerezza. Marc Canturri, moschettiere piuttosto biricchino, simpaticissimo, bella presenza e canta anche bene, ma non si sa in altri ruoli: ha una voce di baritono lirico piacevole, ma l'estensione non sembra una delle sue qualità. Doris Lamprecht, una caratterista che è una garanzia e una presenza formidabile anche quando non fa che stare seduta, sia come taverniera o come monaca incaricata delle lezioni alle ragazze, e Antoinette Dennefeld, un'allieva svergognata che canta e interpreta benissimo. Da rilevare che molti piccoli ruoli vengono affidati a solisti dell'Accademia dell'Opéra Comique, perfino nel caso del tutto altro che comprimario di Marie, l'oggetto amoroso del tenore, ossia il soprano Anne-Marine Suire, che è inappuntabile. Il pubblico non solo applaudiva con entusiasmo; usciva anche con il sorriso sulle labbra. E poi questo sarebbe un titolo e un genere ‘minore'? Ma va…

Jorge Binaghi

25/6/2015

Le foto del servizio sono di Pierre Grosbois.