RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

Parigi

Don Giovanni irregolare

ma protagonista-regista affascinante

Il Théâtre des Champs-Elysées non ha solo un programma di concerti sinfonici, da camera, recital e opere in versione sceniche o di concerto, ma ospita anche produzioni altrui, tipo Les Grandes Voix. Tra altre proposte, questa volta c'è stata una versione in concerto – o piuttosto con mise en space, e cioè senza scene nè costumi particolari, oltre ai tipici per i concerti – del capolavoro mozartiano, che come si sa è difficile o addirittura inarrivabile, ma questa volta, se non tutto ha funzionato allo stesso livello, veniva avvalorato dal protagonista e contemporaneamente regista Erwin Schrott. Com'è noto, il popolare bassobaritono ha fatto di questo (ma anche di Leporello) uno dei suoi ruoli di riferimento e, a quanto visto, continua a crescere.

Forse qualche scelta scenica è prescindibile (la scena ‘aggiunta' con solo accompagnamento di pianoforte dopo la morte del Commendatore è superflua e crea problemi a quella che segue), ma l'idea di cantare la serenata alla solista del mandolino e poi a tutte le signore del pubblico è magistrale, così come altri momenti, la cena, la scena con i paesani, il nome di Masetto sempre dimenticato o modificato. Sull'illustrazione della sinfonia – che a me non piace mai come idea – questa volta almeno fa chiarezza su alcuni rapporti ambigui – la coppia donna Anna-don Ottavio, il ruolo del burlador. Schrott ha approfondito anche l'approccio vocale e adesso i suoi recitativi, senza corrispondere sempre alla ‘tradizione' (che non sempre sbaglia), sono assolutamente pertinenti e mai esagerati. Dal punto di vista vocale la voce si trova in un momento splendido e non ha problemi con la velocità di ‘Finch'han dal vino' nè per le mezzevoci della serenata, né per la difficile scena finale, ma bisogna insistere sull'inventiva e varietà di un pezzo che di solito passa inosservato come ‘Metà di voi qua vadano' o la scena del cimitero.

Il resto della compagnia non è alla sua altezza. Giulia Semenzato è la più adeguata alla parte (Zerlina), si muove e dice bene, anche se la voce è piccola e non particolarmente personale. Julia Kleiter (Anna) è una brava cantante, ma le messe di voce sono scarse, l'estremo acuto alquanto rigido benché esegua bene – non benissimo – agilità e trilli e la seconda aria risulti superiore a ‘Or sai chi l'onore'. Lucy Crowe (Elvira) non ha cantato ‘Mi tradì' (da questo punto di vista non si è stati coerenti poichè il tenore ha avuto le due arie ma la fine è arrivata con la morte di Don Giovanni senza il concertato finale), ma l'aria di sortita ha messo di rilievo una voce importante, vuota in centro e con un grave povero e acuti sicuri ma quasi sempre gridati. Forse è migliorata nel secondo atto. Benjamin Bruns (Ottavio) è stato applaudito come se fossimo stati davanti a un Simoneau, un Gedda, un Wunderlich, ma non è il caso. Ha avuto problemi di fiato in ‘Dalla sua pace' (colpa forse dei tempi lentissimi scelti dal maestro) e un vistoso errore in ‘Il mio tesoro'. In acuto il colore cambia da un momento all'altro e la voce è troppo scura e senza squillo per la parte. David Steffens è un buon Masetto da tutti i punti di vista ma non so a chi se debba attribuire la scemenza di farlo cantare anche da Commendatore, per il quale non ha nè i mezzi vocali né la figura, sempre migliore comunque di quella di don Ottavio. Leporello è l'autentico coprotagonista-antagonista di quest'opera. È arrivato all'ultimo momento perché il cantante annunciato (Christian Senn) era malato. Ruben Drole è giovane, simpatico e ha una bella voce. Ha esagerato parecchio e il repertorio di smorfie era sia pesante sia limitato; poi qualche acuto veniva cacciato alla meno peggio. Molto divertenti e divertiti i membri del Deutscher Kammerchor (preparati da Katharina Eberl). Per quanto riguarda l'Orchestra da camera di Basilea ha suonato benissimo sotto la bacchetta attenta e anch'essa divertita di Giovanni Antonini. Non ho amato molti i tempi e spesso le voci non venivano aiutate dal volume un po' eccessivo. La sinfonia è stata enfatica e alquanto scura, ma per quanto riguarda il colore devo dire ch'io continuo a preferire quello di un'orchestra normale e non direzioni alla Harnoncourt o alla Jacobs ma alla Giulini o, meno, alla Böhm. So di essere contro la moda e i tempi attuali, con tante scuse per la mia mancata capacità di comprensione.

Jorge Binaghi

16/1/2019