Nina Berberova e la musica
Quest'anno vogliamo commemorare il trentesimo anniversario della morte di un'artista originale e creativa il cui interesse per l'universo musicale si è espletato in modo particolarmente rilevante attraverso la creazione di quattro testi: due incantevoli e penetranti biografie dedicate a compositori suoi conterranei e due racconti lunghi pubblicati nel corso della sua attività artistica. Nina Nikolaevna Berberova nacque l'8 agosto 1901 a San Pieetroburgo, allora capitale dell'Impero Russo, figlia unica di Nikolaj Ivanovic Berberov, funzionario di origine armena del Ministero delle Finanze e di Natal'ja Ivanovna Berberova, nata Karaulova, lasciò la Russia nel giugno del 1922, temendo per la persecuzione operata dai rivoluzionari sovietici contro gli intelle ttuali, che il nuovo regime riteneva allora nemici naturali della Rivoluzione. Dopo varie peregrinazioni si stabilì in un primo tempo a Parigi nel 1925, rimanendovi fino al 1950, anno in cui si trasferisce negli Stati Uniti. Ma è proprio negli anni francesi che si comincia ad esprimere la creatività letteraria più intensa dell'autrice, specialmente nei racconti confluiti nell'opera Chroniques de Billancourt, in edizione italiana "Le feste di Billancourt", mentre in seguito negli Stati Uniti la scrittrice avvierà la sua carriera accademica prima allaYale University e in seguito, dal 1963, alla Princeton University, ove lavorerà fino al 1971.
La storia della Berberova come scrittrice fuggitiva, a Berlino prima, poi a Parigi, indi negli Stati Uniti, è da lei descritta nell'autobiografia dal titolo ll corsivo è mio, pubblicata in prima edizione nel 1969. Nina Berberova fu la voce poetante della melanconica e nostalgica vita degli intellettuali emigrati russi, transfughi dalla patria della rivoluzione, inadatti a integrarsi nella dura realtà di una nuova vita dominata dal partito comunista sovietico, perduti nel sogno di un passato incantato: di una Russia spesso più immaginata che reale. La scrittrice tornò una sola volta nella sua patria, per un soggiorno di alcune settimane, nel 1989. Morì il 27 settembre 1933 a Filadelfia, in seguito alle complicazioni per una caduta.
Nina Berberova ci ha lasciato, come già accennato sopra, due lunghi racconti musicali: L'accompagnatrice del 1934 e La resurrezione di Mozart del 1949 assieme a due lucide e alquanto significative biografie di musicisti, la prima intitolata Il ragazzo di vetro del 1936 dedicata a Cajkovskij e la seconda dell'anno successivo dal titolo Genio e regolatezza dedicata ad Aleksandr Porfir'evic Borodin.
Il racconto lungo L'accompagnatrice, pubblicato nel 1985 in Francia e qualche anno dopo in Italia, è ambientato a Pietroburgo intorno al 1919 ed è la storia di una giovane pianista, figlia di una ragazza madre, che studia al Conservatorio e che poi diventerà l'accompagnatrice di una cantante di successo. Già fin dall'inizio la protagonista manifesta la propria poca autostima e si descrive così: “A diciott'anni avevo finito gli studi al Conservatorio. Non ero intelligente e neppure bella; non avevo vestiti costosi, non possedevo qualità eccezionali. Insomma non ero niente.” In realtà è la storia di una sudditanza e di una subordinazione psicologica, appunto dell'accompagnatrice alla cantante di rango e di successo. Una storia dove la collaborazione fra due donne che cela ambivalenze e sfumature di sentimenti defluiranno nell'ammirazione e nell'invidia della strumentista per la grande celebrità.
Dal racconto il regista Claude Miller ha tratto ispirazione per il film omonimo del 1992 la cui sceneggiatura ha realizzato assieme a Luc Bérand. La trama del film è un po' più complicata ed è ambientata a Parigi nel 1942, durante l'occupazione nazista. La vita della giovane pianista Sophie Vasseur viene scombussolata dall'incontro con la bella e ambiziosa e celebre cantante Irene Brice che la assume come accompagnatrice stabile per i suoi concerti. La cantante è sposata con il ricco commerciante Charles che la fa vivere nel lusso. La pianista ammaliata dal carattere e dalla forte personalità di Irene viene pian piano a conoscenza di ogni piccolo particolare riguardante la sua vita e così scopre anche che l'artista ha un giovane amante di nome Jacques Fabert. Ad un certo punto I coniugi Brice decidono di fuggire a Londra via Lisbona e portano con loro Sophie che nel treno viene corteggiata da due uomini di cui un ebreo di nome Benoit Weizman. Ma Irene, gelosa della sua pianista, domina a suo piacimento la donna e così manda a monte ogni progetto di vita di coppia per la pianista. Giunti a Londra la coppia dei Brice viene arrestata per presunto collaborazionismo ma l'intervento di Jacques Fabert, invocato dalla stessa Irene, fa sì che vengano liberati. Il marito di Irene intanto, roso dalla gelosia si toglierà la vita mentre Irene stessa sposerà Jacques e si trasferirà in America. Sophie, tornata a Parigi più sola e frustrata che mai incontrerà casualmente alla stazione Benoit Weizman, che intanto ha sposato un'altra e si è fatto una famiglia. Il film è percorso da splendide musiche di Beethoven, Berlioz, Mozart, Schumann, Schubert, Strauss, Massenet, Douglas Furber, Alain Jomy, Arthur Rose.
Degli anni berlinesi ed esattamente del 1936 è la biografia di Cajkovksij Il ragazzo di vetro tra i più interessanti approfondimenti psicologici della tormentata personalità del grande compositore russo. In essa l'autrice vi esplicita, probabilmente per la prima volta, l'omosessualità del compositore, attirandosi però numerose reazioni e polemiche. La scrittrice ricostruisce un'affascinante ritratto del delicato artista che fin dalla fanciullezza veniva descritto come un bambino dalla fragile e morbosa sensibilità, al punto che la sua stessa governante Fanny gli diede il soprannome di “ragazzo di vetro”. Merito del romanzo della Barberova è stato quello di ricostruire in modo schietto, senza ipocrisie o falsi pudori il profilo di un uomo inquieto e tormentato, geniale e originale che riesce a riversare nella sua musica tutto il suo complesso e articolato mondo interiore.
Dell'anno seguente è Genio e regolatezza, compatta, viva e vivace biografia di Aleksandr Porfir'evic Borodin. Di tale denso volumetto, il musicologo Roman Vlad riuscì a cogliere, nella sua prefazione all'edizione italiana, tutta la forza etica e la passione umana del compositore: “Nel 1862 fondò una scuola musicale gratuita contrapposta al conservatorio ufficiale. Il disegno utopico della scuola fallì ed anche i compagni del Gruppo si emanciparono tosto dalla sua guida. Fu soprattutto Mussorgskij a prendere la strada più radicale, postulando un totale distacco da ogni tradizione musicale onde poter dare voce agli strati più profondi dell'anima russa. Egli era di antichissime origini nobili, ma si sentiva solidale con la schiavizzata, derelitta classe rurale. Salutò con entusiasmo la liberazione dei servi della gleba, anche se ciò comportava la totale rovina economica della sua famiglia. Lasciato l'esercito, rifiutò per principio di assumere un posto d'insegnante al conservatorio per non confondersi con la ‘professoria anti-musicale' che v'imperava ‘ ‘spacciando per norme musicali regole meccaniche e desuete'. Preferì il calvario di un impiego presso il ministero delle Foreste.”
Concludiamo il nostro breve excursus accennando anche a La resurrezione di Mozart del 1949. In tale racconto la scrittrice e poetessa russa ambienta la vicenda in un paese a un centinaio di chilometri da Parigi nel 1940, durante l'occupazione della Francia da parte delle truppe tedesche. Marija Leonidovna Suskova una sera, durante una cena trascorsa con vari amici esprime il desiderio fantastico di poter incontrare Wolfgang Amadeus Mozart redivivo, portatore con la sua musica sublime di bellezza e gioia di vivere nell'orrore della guerra. Tale fantasia della donna sembra avverarsi come per incanto e così una notte uno sconosciuto vagabondo musicista ambulante si presenta alla porta della sua casa chiedendo un po' di cibo e un alloggio. Marija accoglie l'uomo e lo ospita per alcuni giorni senza fare domande, credendo che quel desiderio espresso per scherzo pochi giorni prima, cioè rivedere il suo amato Mozart, si era avverato. Marija divide con l'ospite misterioso alcune giornate, ma la guerra è ormai sempre più incalzante e arriva così anche per Marija e la sua famiglia il momento di abbandonare il paese e fuggire in un luogo più tranquillo e meno esposto alle artiglierie germaniche. Qualche giorno prima di partire però lo sconosciuto scompare improvvisamente così come era arrivato, andandosene solo e silenzioso, verso nuove e oscure destinazioni. Sicuramente la scrittrice col suo racconto voleva evocare l'ombra benefica di un genio evocata per testimoniare gli ideali dell'arte e della bellezza in mezzo ai nefasti orrori della guerra.
La Barberova ci lasciato anche traduzioni dal russo all'inglese, poesie e varie altre opere letterarie fra le quali spiccano 4 romanzi: Gli ultimi e i primi (1930), La sovrana (1932), Senza tramonto (1938), Il capo delle tempeste (1951) e vari racconti: Roquenval cronaca di un castello (1936), Il lacchè e la puttana (1937), Il pianto (1942), Il racconto delle nove città ( 1958), Il male nero (1959) e altri.
Giovanni Pasqualino
8/8/2023
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