RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

Nabucco

all'Arena di Verona

Uno spettacolo di successo non si cambia, anzi è riproposto con efficace alternanza perché gradito e funzionale. È il caso dell'opera Nabucco , di Giuseppe Verdi, nell'allestimento ideato da Arnaud Bernard nel 2017. Anche se il plauso del pubblico fu ed è sostanzialmente unanime, una parte della critica non fu così entusiasta e accusò il regista di aver travisato la lettura storica e drammaturgica. In parte il biasimo è veritiero, tuttavia, Arnaud ha avuto una visione più ampia e rivoluzionaria di Nabucco: ambientare un'opera “risorgimentale”, la più espressiva in tale ottica del compositore di Busseto, nel periodo storico in cui fu composta, che fu uno dei momenti più burrascosi per la città di Milano, che con il suo teatro segna il fulcro dello spettacolo. Tutto è trasportato in quei momenti culminati con le Cinque Giornate e gli stessi interpreti adattati ai ruoli dei personaggi di allora. La ricostruzione storica non è fondamentale per questo spettacolo, che punta con efficacia più alla memoria epica, cinematografica, alle illustrazioni di libri e racconti. La grande mossa del regista è il coup de théâtre del III atto con la scena ambientata in una ricostruzione perfetta del teatro alla Scala. Oltre ai riferimenti viscontiani, bisogna elogiare la grande perizia e mirabile mano dello scenografo Alessandro Camera. La regia offre spazi pertinenti alle scene intimistiche ma è perfettamente funzionale soprattutto nei grandi momenti di guerra e battaglia. Semplicemente strepitosi i costumi d'epoca dello stesso Arnaud, anche se non sempre fedeli alla storia. Successo incondizionato.

Jordi Bernàcer, direttore, è un valente musicista che sempre più si sta affermando nei cartelloni italiani. Ottimo conoscitore dello spartito lo esegue con impeto cavalleresco e grande spolvero di ritmo. Eseguire Verdi però consiste anche nel saper individuare tematiche più quiete che solitamente segnano momenti d'intima analisi dei protagonisti. Anche in questo caso il giovane direttore spagnolo non fallisce il colpo, individuando una concertazione sempre tesa e di grande respiro cui la narrazione teatrale resta ferma come linea giuda. Non secondario anche l'apprezzabile intento di prodigarsi in sfumature e dettagli di ottima musicalità, per quanto limitata possa essere la percezione in un teatro all'aperto. Molto valido l'apporto dell'Orchestra dell'Arena in serata ardente, e di grande professionalità e carisma quella del Coro, istruito da Vito Lombardi.

Ottima prova quella del baritono Enkhbat Amartuvshin, il quale dal debutto dello scorso anno conferma un'ascesa professionale d'interessante rilievo. Il canto è sempre rifinito, mai forzato, bella l'emissione e il timbro risulta sempre seducente. Con tali doti il cantante è capace di una prova maiuscola anche per l'utilizzo di accenti e fraseggio di classe e molto teatrali, mentre l'interprete è ancora sommario, ma poiché la carriera è ancora agli inizi avrà tutto il tempo per migliorare.

Delude l'Abigaille di Susanna Branchini, la quale ascoltata in altre occasioni aveva quantomeno una buona tenuta vocale soprattutto in simili ruoli drammatici. Purtroppo nella prova areniana abbiamo trovato una cantante notevolmente fuori forma e stile: la zona acuta regolarmente forzata se non urlata, sfasata anche la zona grave nella quale si udiva un canto sberciato, e la coloratura drammatica era eseguita con sommario stile se non con qualche imbarazzo. Tali mancanze hanno peraltro inficiato anche pagine più “comode” per tessitura, anche se il temperamento è efficace.

Rafal Siwek, Zaccaria, è un basso preparato e dotato di voce importante e rifinita in ogni settore. Interpretazione rilevante anche se talvolta sarebbe stato opportuno qualche accento più incisivo. Molto bravo Luciano Ganci, Ismaele, perfettamente calato nel personaggio veemente, anche se non ha modo di emergere nel corso dell'opera, ma la voce timbrata e squillante e l'incisività del fraseggio sono ammirevoli. Bella sorpresa ritrovare Gèraldine Chauvet, Fenena, in ottima forma, la quale dona un carattere molto teatrale al limitato personaggio ma si riscatta musicalmente con un'ottima esecuzione dell'aria al IV atto. Completavano la locandina con ottima professionalità Roberto Covatta, Abdallo, il bravo Nicolò Ceriani, Gran Sacerdote, e l'ottima Elisabetta Zizzo, Anna, giovane soprano da risentire in ruoli più corposi.

L'anfiteatro era gremito in ogni ordine e tanti applausi e successo al termine per tutti i protagonisti. Una piccola nota: non sarebbe ora che anche in Arena i bis non siano una norma ma dovrebbero essere eseguiti solo quando richiesti a “furor di popolo”?

Lukas Franceschini

3/8/2018

Le foto del servizio sono di Ennevi-Arena di Verona.