Nabucco
alla Scala di Milano
Nabucco di Giuseppe Verdi è stato il penultimo titolo operistico della stagione scaligera 2016-2017, proposto nell'allestimento ideato da Daniele Abbado nel 2013 in coproduzione con Londra, Chicago e Barcellona. Spettacolo non indimenticabile quello di Abbado ma nel complesso apprezzabile nella sua asciuttezza e stilizzazione. Il regista sceglie un'ambientazione moderna, senza nessun connotato con la storica vicenda del re babilonese. Prendendo spunto dal conflitto violento tra i popoli, attualizza una vicenda che parrebbe, seppur con molte eccezioni, essere dei giorni nostri. Infatti, il primo atto potrebbe essere ambientato nello spazio dedicato al Museo dell'Olocausto di Berlino, una sorta di cimitero celebrativo degli eventi tragici di cui sappiamo. La violenza perpetuata sul popolo ebraico è così ancora più incisiva. Nelle altre scene l'elemento principale è la sabbia, potremmo trovarci in un deserto, comunque in un luogo isolato, nel quale un popolo cerca con viva speranza una terra di pace, di convivenza di serenità. Dalla sabbia, che può nascondere molte cose, sorgono simboli e armi, strumenti di difesa contro il malvagio. La regia tende a comprendere e sviluppare i personaggi attraverso una drammaturgia espressiva, fatta di sguardi, intenzioni, rapporto psicologico. Ci riesce con garbo e la preziosità di non cercare percorsi troppo psicoanalitici. La scena, di Allison Chitty, scarna ma molto simmetrica, favorisce l'intento registico. I costumi sempre della Chitty nella loro modernità passano inosservati, molto apprezzabili invece i video di Luca Scarzella e le luci di Alessandro Carletti, che con grande professionalità contribuisce a una visione emozionante, come ad esempio l'occhio di bue puntato dall'alto sul coro durante l'esecuzione del celebre coro al III atto. Sul podio abbiamo ritrovato Nello Santi, un direttore che tardivamente, e forse fuori tempo, la Scala riscopre dalla Traviata della scorsa primavera e anche per la prossima Aida nel 2018. Il direttore si adopera in una lettura molto tradizionale, prevalentemente nervosa ma talvolta con tempi lentissimi che in parte potrebbero compromettere l'esecuzione se il maestro non fosse anche un esperto accompagnatore di voci. Infatti, mai si è perso il controllo tra buca e palcoscenico in un buon lavoro d'insieme che solo una lunga e professionale carriera è capace di supportare. Di daccapo non è neppure il caso di parlare, ma nel complesso lo stile è sufficientemente appropriato anche se non folgorante del Verdi prima maniera.
L'orchestra della Scala era in splendida forma per coesione di suono, precisione nei singoli momenti e garanzia di altissima professionalità. Altrettanto si deve affermare del Coro, istruito da Bruno Casoni, il quale ovviamente non manca l'appuntamento con il celeberrimo “Va pensiero”, e nel corso di tutta l'opera è coprotagonista a tutti gli effetti con risultati mirabili.
Leo Nucci è ancora una volta Nabucco. Giunto alla sua età e con tanti anni di carriera è lecito osservare che la freschezza vocale è andata, eppure il baritono è ancora capace di serate memorabili come questa del 16 novembre. La voce era molto più omogenea di recite recenti, meno nasale, morbida e molto sonora in tutta la gamma, elementi che accumunati alla grande bravura scenico-interpretativa del cantante fanno dedurre che eravamo di fronte una gran bella esecuzione.
Anna Pirozzi, Abigaille, è probabilmente una delle migliori interpreti del ruolo oggigiorno. La cantante, che ha più volte cantato il ruolo, anche in quest'occasione conferma le sue doti, che si distinguono in un canto forbito nel colore e nel fraseggio. È capace di forgiare la voce sia nelle morbidezze sia nelle parti drammatiche, che sviluppa con buona tecnica e impeto ragguardevole.
Non convince lo Zaccaria di Mikhail Petrenko, il quale non possiede una tecnica rifinita poiché la voce, seppur rilevante, è limitata nel volume e nella proiezione, spesso non proiettata e negli assiemi quasi non udibile. Stefano La Colla, Ismaele, esegue il proprio compito con proprietà ma senza particolari finezze, spesso usando un canto spinto e stentoreo. Positiva la prova di Annalisa Stroppa, Fenena, interprete precisa e cantante molto raffinata.
Completavano il cast con buona professionalità Giovanni Furlanetto, un Gran Sacerdote di forte personalità, Ewa Tracz, Anna, e Oreste Cosimo, Abdallo. Al termine un successo pieno e convinto, con particolari ovazioni per Nucci e il maestro Santi.
Lukas Franceschini
28/11/2017
Le foto del servizio sono di Brescia e Amisano-Teatro alla Scala.
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