Nabucco
inaugura il 93° Opera Festival all'Arena di Verona
Serata fredda e fortunata quella dell'inaugurazione del 93° Opera Festival all'Arena di Verona, nella quale è stata rappresentata l'opera Nabucco di Giuseppe Verdi. Fredda perché a un'ora circa dall'inizio una pioggia insistente è scesa sulla città, determinando un verticale abbassamento della temperatura e un ritardo sull'orario previsto di circa un quarto d'ora. Fortunata perché la rappresentazione si è svolta senza nuove interruzioni, anche se guastate da un forte gelido vento.
Stagione con nessuna nuova produzione, scelta doverosa e giusta considerata l'attuale situazione economica, pertanto la direzione artistica ha scelto i titoli tra i migliori allestimenti prodotti negli anni precedenti e ancora utilizzabili. Tra questi Nabucco, creato da Rinaldo Olivieri nel 1991, è una delle migliori realizzazioni degli ultimi anni. Riallestita in seguito nel 2011 sui bozzetti originali dello scenografo e con la regia di Gianfranco De Bosio, ha avuto un successo incontrastato, tanto da meritare l'inaugurazione odierna. Allestimento classico nel solco della tradizione, che rilevo non è un demerito, costituito al centro da una grande torre di Babilonia, che si apre con grande effetto scenografico nel finale, ai lati delle balconate ricoperte di drappi e bracieri, scale ed elementi girevoli che creano l'ambientazione dei quattro atti. Una visione realistica, precisa e di grande spettacolo “areniano”. L'unica pecca consiste negli interminabili tre intervalli, si sarebbe potuto suddividere l'opera in due parti, con tempi più accettabili. La regia di De Bosio ricalca il progetto originale con molta classicità, avrebbe invece potuto rivedere l'impianto e realizzare qualche modifica o trovare altre chiavi di lettura in occasione di una proposta così importante. Tuttavia non demerita e il regista coglie tutti gli aspetti drammaturgici della vicenda in stile vecchia scuola ed innato gusto teatrale.
Riccardo Frizza dirigeva con controllata misura, tenendo ben saldo il rapporto buca-palcoscenico, tuttavia gli mancava quel nervo tipico del primo Verdi, che avrebbe dovuto formulare in tempi più incalzanti e vigorosi. Opinabile la scelta di non ripetere i da capo delle cabalette. Ottima la performance del Coro diretto da Salvo Sgrò, puntuale, preciso e non mancando l'appuntamento con il celebre “Va pensiero” eseguito con grande classe, anche se bissato senza giusto motivo.
Protagonista era il baritono Luca Salsi, un Nabucco che avrebbe dalla sua un materiale vocale di primissimo valore e un'idea teatrale rilevante, ma la voce non è mai particolarmente proiettata, tendenzialmente gonfiata, talvolta nasale e con un settore acuto ridimensionato, almeno in quest'occasione. Martina Serafin era decisamente fuori ruolo per un personaggio come Abigaille che vocalmente mette a dura prova qualsiasi interprete. In primis ritengo che la scelta sia stata azzardata poiché la signora Serafin non ha dalla sua un grave di spessore e il registro acuto è totalmente sfasato e rasente al grido. Dovendo pertanto poggiare su due estremi a lei non particolarmente felici, la prova non è stata positiva, anche se bisogna riconoscerle un buon temperamento e molte belle intenzioni purtroppo rimaste incomplete. Dmitry Beloselsky, Zaccaria, vanta una notevole proprietà stilistica e una voce di primo piano che gli hanno permesso di realizzare un personaggio credibile e di grande peso interpretativo. Nino Surguladze era una corretta Fenena, bravissimo Piero Pretti nel ruolo di Ismaele, tenore squillante, musicale e di estrema perizia vocale. Improbabile il Gran Sacerdote di Belo di Alessandro Guerzoni, gutturale e sfocato. Completavano la locandina con professionalità Francesco Pittari, Abdallo, e Madina Karbell quale Anna.
Anfiteatro delle grandi occasioni, non al completo numericamente, erano vuote le due ali di gradinata, con qualche defezione dopo il bis del coro, ma trionfante a termine spettacolo con numerosi e prolungati applausi.
Lukas Franceschini
25/6/2015
La foto del servizio è di Ennevi.
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