La celeste austerità di Norma
Sul suggestivo sfondo di Palazzo Ducezio, sede del municipio di Noto, nello spazio antistante la Cattedrale, è stata allestita il 20 luglio l'opera Norma, capolavoro di Vincenzo Bellini, grazie alla collaborazione del Comune di Noto, dell'Associazione Concertistica Corale Mediterranea Orchestra Giovanile Siracusana e del Grande Albergo Alfeo. Un progetto ambizioso, che ha richiamato un folto pubblico anche da fuori provincia, attratto da un titolo che è certamente tra i più amati dagli appassionati della lirica.
La regia era di Paolo La Delfa, che è riuscito a sfruttare al meglio lo spazio tra Palazzo Ducezio e la scalinata della Cattedrale, grazie anche alla scenografia di Tony Fanciullo, essenziale, quasi minimalista, arricchita però da proiezioni che segnavano i momenti salienti della vicenda e al contempo il doloroso percorso della protagonista, sacerdotessa, madre e amante a un tempo: il regista ha scelto movenze sceniche sobrie, quasi accennate talvolta, calibrando però esattamente gli ingressi dei protagonisti e della massa corale sui tempi orchestrali, motivo per cui tutta l'azione scenica si è snodata con estrema fluidità, amplificandosi grazie a un oculato taglio delle luci, che ha sottolineato vieppiù l'aspetto simbolico della vicenda rispetto a quello realistico. Ne è risultata una Norma di discreto impatto visivo, assolutamente focalizzata sui protagonisti, ben contestualizzati dai costumi della Sartoria Pipi di Palermo.
L'Orchestra Mediterranea Siracusana, sotto l'attenta e precisa guida del maestro Michele Pupillo, ha dato prova di compattezza e ottimo affiatamento, non sovrastando mai i cantanti ed evitando che la necessaria seppur lieve amplificazione nuocesse al suono. Quanto al direttore, ha scelto con notevole congruenza i tempi, evitando di rallentare troppo nei momenti lirici e intimistici, con particolare attenzione ai cantanti, che hanno avuto così modo di esprimersi al meglio delle loro possibilità. Va sottolineata in particolare l'estrema cura che è stata posta sia nella precisione degli attacchi, sia nell'esecuzione dei recitativi belliniani, parte integrante del tessuto operistico, talvolta veri e propri ariosi, che il bravo Michele Pupillo ha dimostrato di aver compreso nel loro più intimo significato, guidando con mano esperta l'orchestra alla ricerca della morbidezza del suono, dell'afflato lirico, in un continuum musicale che ha reso piena giustizia alle melodie lunghe lunghe del Cigno catanese.
Anche il cast vocale, molto ben affiatato, ha riscosso un grande successo da parte del pubblico. Antonino Intelisano, nei panni di Pollione, ha dato prova di una voce stentorea, a tratti dal bel timbro, ma non è riuscito a entrare pienamente nel ruolo del proconsole romano, optando purtroppo per scelte di stampo verista poco adatte alla vocalità belliniana; inoltre la sua tendenza a forzare, soprattutto nella zona acuta, ha inficiato talvolta la tenuta dell'intonazione ed evidenziato una certa durezza di emissione, carenze non presenti nella zona media, che si è rivelata invece particolarmente interessante. Una maggiore aderenza al ruolo gli avrebbe senz'altro permesso di fornire una prova di ben più alto livello.
Il soprano Salvina Maesano, nel ruolo di Adalgisa, ha messo in campo una vocalità possente, particolarmente gradevole nella zona media: abbastanza a suo agio nel personaggio, pur se all'interno del registro di soprano falcon, e dunque con una voce piuttosto scura per la giovane sacerdotessa, che oggi non viene più affidata, come in passato, a un mezzosoprano, ma a un soprano dal timbro più leggero di quello di Norma, come prescriveva lo stesso Bellini, ha evidenziato una buona tenuta di voce e una discreta fluidità di emissione. È una cantante interessante, che se perfezionerà la tecnica potrà senz'altro riservare piacevoli sorprese al pubblico.
Gonca Dogan, nel ruolo di Norma, ha fornito un'interpretazione di notevole livello, dando prova di una tecnica di prim'ordine, di ottima tenuta di fiato e di una morbidezza dell'emissione che, insieme a mezzevoci davvero suggestive e a incantevoli filati, le hanno consentito di dominare con assoluta padronanza l'impervia tessitura della sacerdotessa. Ottima attrice oltre che cantante, ha dimostrato di aver compreso sino in fondo il dettato belliniano, curando nei minimi dettagli i tanti recitativi a lei affidati, dallo scultoreo Sediziose voci all'irato Tremi tu? E per chi tu tremi?, recitativi che, oltre a essere stati interpretati, cantati e non semplicemente eseguiti (com'è in voga presso sue colleghe ben più blasonate e osannate dal pubblico), sono stati accompagnati da una gestualità sicura, a tratti ieratica, a tratti dolorosa, come nello struggente Teneri figli o nel disperato Deh, non volerli vittime, dove Gonca Dogan è riuscita davvero a commuovere e a rendere appieno il dramma umano della protagonista.
Paolo La Delfa, che ha sostituito nel ruolo di Oroveso l'infortunato Dante Roberto Muro, ha cantato con notevole professionalità: voce dalla bella brunitura e sostenuta da una tecnica sicura, ha mostrato notevole presenza scenica, soprattutto nella scena d'apertura e in quella finale, delineando un Oroveso imperioso ma al tempo stesso umanissimo. Completavano il cast i bravi Filippo Micale, nei panni di Flavio, e Antonella Fioretti, Clotilde,
Precisi e puntuali gli interventi del coro, diretto da Maria Grazia Di Giorgio.
Giuliana Cutore
22/7/2018