Torino
Norma, sempre difficile
Una giornata troppo calda può spiegare che un teatro come questo, con un titolo e una compagnia di questo tipo, sia lungi dal ‘tutto esaurito'? Magari la risposta fosse un chiaro ‘sì', ma ci credo poco. E se fosse un ‘no', grami giorni per la lirica.
È pur vero che non tutto era allo stesso livello, come capita quasi sempre e comunque sempre più spesso con il capolavoro belliniano, ma almeno c'erano due elementi notabili: gli interpreti di Pollione e di Adalgisa.
Roberto Aronica è sempre in grande forma, con una voce sempre più robusta e scura, e canta con slancio e sicurezza, lontano sì da velleità di ‘adeguazione stilistica' ma calcando le orme dei grandi tenori italiani di un passato e una tradizione non così lontani, e interpreta in modo consono.
Veronica Simeoni prosegue il suo iter ascendente tra i mezzosoprani peninsulari con una presenza scenica stupenda, un fraseggio intenso e molto sfumato, una voce salda e uguale, capace di alleggerirsi nelle agilità.
Riccardo Zanellato presenta da canto suo un più che buon Oroveso (non lo ricordavo da tempo così a suo agio), e perfino c'è tra i comprimari una Clotilde di bel timbro e volume (Samantha Korbey), da seguire.
Titolare del ruolo eponimo è Maria Agresta, una cantante indubbiamente interessante e capace, ma che non ha tutte le carte in regola per tutti gli aspetti della sacerdotessa druidica, a cominciare dall'accento, l'intensità e quella ‘maestà' di cui si parla più di una volta, qui del tutto assente: quando impugna la spada sembra piuttosto una ragazza che gioca. Le note ci sarebbero quasi tutte, ma la cabaletta dell'atto primo non fa per lei, anche se la canta solo una volta e l'acuto finale bisogna immaginarselo; lo stesso capita nel finale primo e negli ultimi momenti di ‘In mia mano alfin tu sei'.
Delude parecchio anche la direzione di Roberto Abbado, che non è cattiva ma frettolosa e soprattutto con una tendenza a pestare dove meno si deve (già dalla sezione finale della sinfonia), eppure l'orchestra del Regio è una compagine eccellente. Bene il coro, istruito da Claudio Fenoglio, con qualche incertezza nella scena con Oroveso nel secondo atto.
Quanto alla messinscena di Alberto Fassini, già vista altre volte, la si vede e la si dimentica, come le brutte e pesanti scene ideate da William Orlandi.
Jorge Binaghi
24/7/2015
La foto del servizio è di Ramella & Giannese © Teatro Regio di Torino.
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