Il fuoco purificatore
Norma a Novara
Se si considera che Norma provoca non pochi mal di testa a qualsiasi teatro che la vuole nel suo cartellone, e che oggi più che mai se ne trovano diversi approcci (troppe volte su misura per qualche diva o per l'intenzione di una multinazionale che spaccia accuratissime versioni ‘filologiche'), il fatto che l'elegante sala del Coccia abbia potuto presentare una versione apprezzabile sebbene non totalmente riuscita merita considerazione e rispetto.
Elementi positivi: innanzitutto la concertazione vibrante di Matteo Beltrami che senza perdere di vista l'elemento ‘lunare' e malinconico delle ‘melodie lunghe lunghe' ne ha saputo cogliere anche la drammaticità e l'urgenza concitata e veemente. Sugli scudi poi le prestazioni di Roberto Aronica, un Pollione di quelli d'una volta, cioè con voce da vendere, squillante e bene emessa, che forse potrebbe addolcire in qualche momento ma che ha dato, per esempio, il giusto rilievo e il preciso carattere alla grande e difficile scena di sortita del proconsole, e quella, più sfumata anche scenicamente, di Veronica Simeoni, un'Adalgisa che con acuti, gravi e agilità a posto, non si lasciava tentare dal farne un'Amneris o una Santuzza come tante volte capita nella versione per mezzosoprano. Pur trattandosi dunque di una versione ‘tradizionale' non per questo si cadeva in errori di lunga tradizione. L'Oroveso di Luca Tittoto partiva un po' teso ma subito trovava gli accenti e l'emissione giusta. Corretti anche i comprimari (Alessandra Masini e Giacomo Patti- che cognomi illustri!).
Per la protagonista si doveva trovare all'ultimo momento una sostituzione e la scelta ricadeva su Alessandra Rezza, anche la sua una voce ‘spinta' con capacità per i passi fioriti (per il sottoscritto l'unica soluzione valida). La voce è ancora sana pur se l'interprete non è che discreta e particolarmente nel secondo atto la sua sacerdotessa era all'altezza del compito. Qualche momento meno fortunato ricordava i problemi più frequenti nel primo atto che dovrebbero però trovare una sistemazione: un vibrato molesto a partire dal centro, un acuto poco sorvegliato e problemático, incapacità di filare i suoni.
Lo spettacolo era quello visto altre volte al Regio di Torino, in origine una regia di Alberto Fassini ripresa adesso da Vittorio Borrelli e per niente interessante e davvero datata. L'Orchestra Filarmonica del Piemonte si mostrava appena discreta ma compensava in parte le carenze con l'entusiasmo. Ancora più pesanti i problemi del coro Schola Cantorum San Gregorio Magno, ma si tratta di una compagine amateur e volenterosa e in situazioni come l'attuale va ringraziata della sua disponibilità.
Jorge Binaghi
La foto del servizio è di Mario Mainino.
Giobbe Covatta all'ABC di Catania
Una serata all'insegna dello sberleffo
La satira nasce con l'uomo e scopo degli attori comici è certo quello di divertire, allietare, svagare e ricreare il pubblico. Ma in verità ci sono forse due modi di indurre alla risata: uno più leggero, ameno, superficiale, che si avvale dell'eterno contrasto uomo-donna, della barzelletta, del calembour, del motto di spirito ecc; ed un secondo più mordace, tagliente, acre, ma dall'intento più profondo, che intende diventare pedagogico, irriverente verso governanti, politici ed alti magnati della finanza, quasi rivalsa beffarda dell'uomo comune.
Quest'ultima tipologia di satira è tipica del comico “impegnato”, del comico contestatario, che vuole dar voce ai deboli, ai vinti, agli sconfitti, ai diversi, agli emarginati, ai discriminati, insomma un comico alla Dario Fo, alla Maurizio Crozza ed appunto alla Giobbe Covatta, per distinguerlo da quello più ovattato, disimpegnato e quasi cabarettista, come Gino Bramieri, Raimondo Vianello, Sandra Mondaini ed altri.
Venerdì 19 novembre, presso il teatro ABC di Catania si è esibito Giobbe Covatta, un comico che ha evidenziato ampiamente di appartenere alla gamma dei comici che come scriveva Orazio intendono con le loro interpretazioni cogliere le profonde contraddizioni della realtà e del sociale, il cui intento è quello «ridendo castigat mores» e nel contempo oltre loro stessi di far ridere anche la gente mettendo in ridicolo figure di ministri, onorevoli, giornalisti, divi, politici e ogni sorta di personaggio della vita pubblica.
Bersagli quasi fissi dello humor partenopeo messo in campo dall'abilissimo, versatile e spassoso comico sono stati il presidente del consiglio Silvio Berlusconi ed i ministri Brunetta, Gelmini, Carfagna, Bondi, messi alla berlina con una verve davvero esplosiva, scoppiettante ed esilarante, rimarcandone perfino gli enormi strafalcioni e svarioni. L'attore ha dimostrato di essere un eccellente showman, riuscendo da solo a tenere la scena per quasi due ore, modulando la voce con estrema accortezza ed abilità, utilizzando una gestualità elegante e disinvolta ma sempre perfettamente contestualizzata, non annoiando mai, perfino quando ha proposto la lettura della Carta Internazionale dei Diritti dell'Uomo. Il foltissimo pubblico assiepato nella platea del teatro ABC ha gratificato Giobbe Covatta di lunghi, calorosi e reiterati applausi.
Giovanni Pasqualino
20/11/2010
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