Bruxelles
L'Opera seria si prende in giro
Durante i lavori di ristrutturazione della sala la stagione de La Monnaie si svolge in luoghi diversi, e per gli allestimenti scenici si sceglie in linea di massima il Cirque Royal, con il suo palcoscenico ‘alla Shakespeare' e ahimè la sua acustica poco facile quando non si adoperano i microfoni (è un posto molto frequentato dagli artisti della musica popolare). Fra i titoli proposti spiccava decisamente la versione rivista da René Jacobs di un lavoro che ha riscoperto egli stesso, L'Opera seria, del musicista boemo Florian Leopold Gassmann, che ha avuto il battesimo a Vienna nel 1769. Una ‘metaopera', di quel tipo che spiega, e soprattutto critica, su uno splendido libretto di Calzabigi, gli eccessi e follie di compositori, librettisti, costumisti, maestri di ballo, cantanti, impresari e perfino mamme delle dive (si ricordi il Viva la mamma donizettiano) e che in questo caso finisce, dopo le prove, con la prima davanti a un pubblico esasperato che fischia provocando uno scompiglio generale del quale l'impresario approfitta per scappar via con i soldi.
L'allestimento, anche per forza di cose, è sobrio ma totalmente azzeccato, con Patrick Kinmonth responsabile totale per costumi, scene e regia, e fa meraviglie con lo spazio disponibile. Naturalmente la versione trae la sua forza dalla direzione di Jacobs e della B'rock Orchestra, a cui si aggiungono alcuni orchestrali de La Monnaie, con risultati notevoli. Il maestro belga crede assolutamente in quest'opera e lo dimostra. Forse si tratta di un lavoro un po' lungo, ma il pubblico regge bene (con due intervalli non si osservavano vuoti importanti alla fine) e dimostra di gradire. Tutti gli artisti coinvolti, perfino gli studenti che danzano l'ottima coreografia di Fernando Melo, si mostrano a loro volta molto convinti e partecipi.
Dal punto di vista scenico sono straordinari; per quanto riguarda le voci, e come capita negli ultimi tempi con le compagnie che sceglie Jacobs per tutte le opere che dirige, può farsi qualche distinguo. È il caso, malgrado gli applausi e l'alto livello professionale, delle prestazioni di Sunhae Im, troppo leggera per il suo ‘soprano travestito', e particolarmente di quella di Alex Penda, la primadonna assoluta, di acuti aspri e viziati da tremolo e un registro di petto esagerato. Marcos Fink almeno ha la fortuna di avere la parte dell'impresario che richiede soprattutto un ottimo attore. Pietro Spagnoli dimostra invece un equilibrio perfetto come il poeta Delirio e si può dire quasi lo stesso, ma non nell'atto primo dove la voce suonava poco, del musico Sospiro di Thomas Walker. Il maestro di ballo Passagallo non chiede troppo (peccato) a Nikolay Borchev, mentre i due migliori in campo risultano il ‘divo', un Mario Zeffiri straripante e quasi sempre a suo agio nella terribile tessitura di questa parte, e la seconda donna di Robin Johannsen, probabilmente la più completa della compagnie. Ottime le mamme en travesti, molto presenti anche se cantano poco, Magnus Staveland, Stephen Wallace e Rupert Enticknap.
Jorge Binaghi
22/2/2016
La foto del servizio è di Baus/La Monnaie.
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