CONVEGNO “MUSICA E CULTURA TRA ITALIA E GERMANIA”
(Montepulciano – Roma, 25 – 31 maggio)
In un momento storico in cui la paura non solo del “diverso”, ma anche semplicemente dell'“altro”, sta creando incomprensioni e rimbalzi di competenze tra Italia e paesi di lingua tedesca, la musica torna utile ancora una volta. Lo dimostra anche la manifestazione (spalmata tra Montepulciano e Roma dal 25 al 31 maggio scorso, con una doppia appendice a Düsseldorf e Berlino tra settembre e novembre) in cui si sono festeggiati i quindici anni di attività musicale a Palazzo Ricci: sede italiana, in quello spicchio di Germania senese che è Montepulciano, dell'Europäische Akademie für Musik und Darstellende Kunst, con le sue prestigiose master class e il prolifico dialogo multigenerazionale che ne è sempre conseguito. L'Accademia di Palazzo Ricci ha dunque dato vita a un piccolo ma stratificato festival (due convegni e tanti concerti), intitolato “Musica e cultura tra Italia e Germania”; e per scandagliare i rapporti politico-culturali italotedeschi sotto il segno delle sette note (e anche delle dodici: di dodecafonia si è parlato spesso) l'accento è stato posto su un tedesco “italiano” come Hans Werner Henze e un italiano “tedesco” come Luigi Nono.
Se – a novant'anni dalla sua nascita – la scelta di Henze è sembrata, oltre che ineccepibile, inevitabile (fu lui, oltre quarant'anni fa, a dar vita al Cantiere Internazionale d'Arte di Montepulciano, trasformando la cittadina poliziana in un falansterio musicale sotto il segno, caro agli anni Settanta e in disuso nei giorni individualisti di oggi, della partecipazione collettiva), quella di Nono era meno ovvia: se non altro, per l'ostilità che il compositore veneziano mostrò nei confronti di quello nativo della Vestfalia. Più ideologica che musicale (Henze non si riconobbe nella “Nuova Musica” veicolata a Darmstadt), tale ostilità non rappresenta però un'incomunicabilità estetica: semmai una possibile conciliazione degli opposti, con l'affinità elettiva di Nono per la Germania e quella di Henze per la musica e la cultura italiana.
L'hanno espresso bene il doppio convegno (a Palazzo Ricci con accento tematico prettamente henziano, all'Università Roma 3 più incentrato su Nono) e, meglio ancora, i numerosi concerti cameristici dal vivo che hanno accompagnato le giornate di studi. Dal convegno poliziano sono emersi l'afflato utopistico di Henze, la sua visione etico-politica legata ancora a un socialismo romantico (a fronte del più “organico” comunismo di Nono), il suo concetto per cui «gli artisti hanno sempre ragione», ma anche l'idea “collettivistica” del Cantiere come mutuo arricchimento culturale, con la prestazione d'opera gratuita da parte dell'artista stesso. E, naturalmente, l'amore per una “idea” (insieme storica e spirituale) d'Italia che non sempre era, né tanto meno è oggi, l'Italia con cui ci si deve confrontare nel quotidiano; così come un po' tutti i nostri compositori tedescofili – non solo Nono – hanno guardato a una Germania magari già ampiamente post-romantica, ma comunque prebellica: un faro culturale scremato da molte scorie del “secolo breve”.
La violinista Ariadne Daskalakis, direttore artistico di Palazzo Ricci, ha impaginato il panorama musicale a cornice dei due convegni, coadiuvata da un gruppo di solisti di varie nazionalità, perlopiù under 30 ma con qualche meno giovanile eccezione. Ha impressionato soprattutto il concerto nel Tempio di San Biagio, gioiello rinascimentale immerso nel verde a breve distanza dal centro storico di Montepulciano, dove il transito – senza soluzione di continuità – da Purcell a Henze, e da Bach a Nono (passando per Domenico Scarlatti, Vivaldi e il coreano tardonovecentesco Isang Yun), ha dimostrato una volta di più che la musica è una e, in tale ciclo senza fratture, le uniche transizioni sono quelle di tipo armonico. Soprattutto colpisce, nel brano di Nono (Hay que caminar), la perfetta – ancorché del tutto preterintenzionale – fusione tra i due violini che ne costituiscono l'organico e le campane della chiesa, sovrappostesi per svariati secondi. «La musica del passato è impermeabile, quella contemporanea è porosa», diceva Cage rimarcandone l'adattabilità rispetto ad altre situazioni foniche, e Nono non fa eccezione. Se l'intromissione campanaria si fosse verificata pochi minuti prima, durante la Serenata per violoncello di Henze, compositore assai più “classico” e incline alla plasticità piuttosto che all'aleatorietà della musica, lo scampanio avrebbe invece guastato l'esecuzione: e pure questa è una delle istruttive conclusioni che si possono trarre dal festival di Palazzo Ricci.
Paolo Patrizi
3/6/2016
|