Il critico musicale fra carta stampata e online
Arnold Schönberg, Kritiker I
A parere di alcuni sapientoni del mondo della cultura con l'avvento di Internet e il moltiplicarsi esagerato dei blog l'attività del critico musicale sembrerebbe essersi notevolmente declassata e degradata vaporizzandosi in approcci amatoriali, dilettantistici, superficiali e comunque poco professionali. Tali sapientoni dimenticano o fingono di dimenticare che nei tempi dell'assoluto dominio della carta stampata solo la casta dettava legge, occupando ogni spazio possibile e immaginabile dell'informazione. Di sicuro l'online ha eliminato questa “dittatura accademica” (peraltro non sempre competente), permettendo a molti giovani critici e musicologi non assoldati o sottoposti a case editrici e testate giornalistiche di potersi esprimere senza condizionamenti di sorta. Inoltre un magazine on line possiederà sempre rispetto a quello su carta stampata alcuni indubbi vantaggi fra i quali in primo luogo l'ampiezza di spazio. Un'enormità di articoli su carta stampata venivano spesso ridotti, tagliati, dimezzati perché troppo estesi per la pagina giornalistica oppure perché esigenze pubblicitarie ne limitavano la lunghezza. Non ultimo vantaggio dell'online risulta anche l'abbattimento dei costi della carta, dell'inchiostro, della stampa e della distribuzione dei giornali, che oramai hanno raggiunto livelli davvero insostenibili.
Con l'affermarsi dell'online i tronfi Beckmesser della critica musicale istituzionale, rappresentata dalle grandi testate, hanno finalmente perduto il loro potere assoluto e tirannico poiché la loro voce non è stata più l'unica ma solo una fra tante. Per tale ragione l'online si è anche rivelato sicura fonte di democrazia, espansione e diffusione delle idee. Infine, per quanto riguarda l'aspetto economico della professione del critico, questo nuovo panorama socio-culturale ha messo in seria discussione la possibilità di esso come mestiere che possa dare da vivere. Chi oggi investe nella critica online in maniera esclusiva e professionale compie quasi un atto eroico per due motivi: il primo è che sa di essere destinato a lavorare gratis per lungo tempo, se non per sempre; il secondo è che dovrà conquistarsi la stima dei lettori solo con l'autorevolezza e la competenza delle sue argomentazioni e non grazie al prestigio della testata per la quale recensirebbe concerti e spettacoli.
La gratuità della prestazione, secondo i soliti sapientoni, non solo mortificherebbe la professione del critico ma la metterebbe in serio pericolo di estinzione. E sempre secondo tali sconclusionati personaggi il critico professionista non dovrebbe mai offrire gratis la sua prestazione perché così si svaluterebbe. Inoltre il conduttore o gestore di un giornale online non assicurando compensi aprirebbe le porte a chiunque, rischiando così di abbassare la qualità degli articoli affidandosi a dilettanti che scriverebbero soltanto per passione, piacere o divertimento.
E' vero che riguardo al versante economico il critico musicale non ha futuro. Ma va notato che nel passato la situazione non era tanto diversa. Un articolista, fosse stato anche di una grande e rinomata testata nazionale, non nuotava nell'oro e non era comunque in grado di sopravvivere solo con gli irrilevanti compensi delle sue recensioni. Già grandi figure di critici del secolo scorso, come Giannotto Bastianelli, Bruno Barilli, Giorgio Vigolo, Alberto Savinio, Eugenio Montale, Luigi Ronga, Luigi Rognoni, Massimo Mila, Roman Vlad, non riuscivano a sopravvivere economicamente con le modeste remunerazioni che traevano dalle sole recensioni, e infatti erano obbligati a integrare tali miseri introiti di redattore musicale con altre attività. La mancanza di compenso economico tuttavia, secondo me, non mortifica e non penalizza affatto la professione del critico musicale, anzi la salvaguarda e forse la esalta e la decanta ancora di più, in quanto la svincola da qualsiasi limitazione. L'indipendenza assoluta dalla soggezione economica non rende tale attività amatoriale o dilettantistica, ma la innalza e la rende eminentemente aristocratica. Il sociologo Karl Mannheim avrebbe evidenziato che la critica non remunerata risulterebbe al contrario il prodotto più vero e genuino di un'intellighenzia svincolata. La qualità di una critica non si abbassa per un mancato compenso pecuniario, essa si abbassa quando scarseggiano la competenza specifica, l'onestà intellettuale, la scrupolosità professionale, unite alla fluidità, chiarezza e facilità di scrittura, tutti requisiti che dipendono solo e solamente dal talento, dall'abilità, dalla preparazione e dall'integrità etica del critico, perché come ben sottolineava Ezra Pound: «Forse il peso specifico di un critico è null'altro che il suo desiderio di verità».
Giovanni Pasqualino
27/12/2023
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