RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


Don Pasquale

alla Fenice di Venezia

Il Teatro La Fenice, programmato ora come un teatro mitteleuropeo, allestisce nuove produzioni alternate a numerose riprese di repertorio. Ė il caso del Don Pasquale di Gaetano Donizetti, spettacolo creato dalla Fenice al Teatro Malibran nel 2002 con la regia di Italo Nunziata.

Messa in scena tradizionale ma allo stesso tempo originale ed in parte innovativa. Il regista sposta l'azione negli anni '30 del secolo scorso, nel periodo denominato dei “telefoni bianchi” immortalato dal cinema italiano della commedia romantica. Il protagonista è un ricco industriale tessile, gli altri interpreti nei loro ruoli, che non differenziano nella drammaturgia, la vicenda potrebbe essere ambientata in ogni epoca. La bellezza e la piacevole visione dello spettacolo sono incomparabili, a distanza di tredici anni è ancora funzionale e fa sorridere, con gags misurate e argute, riproposte di un mondo che abbiamo visto nei film, è anche proiettato un breve segmento di Grandi Magazzini di Mario Camerini con un giovanissimo Vittorio De Sica e la star Assia Noris, quanto erano bravi… e belli! Non manca il tocco patetico sul personaggio di Don Pasquale, il vecchiotto illuso da una nuova giovinezza, ma in fondo resosi conto della sua chimera, il lieto fine è scontato. Operazioni teatrali di tale portata dovrebbero essere in uso frequentemente nei nostri teatri, ed è altrettanto bravo anche Pasquale Grossi che disegna una scena efficace e con cambi velocissimi di ottima fattura, e costumi preziosi di gran classe.

Sul podio abbiamo ritrovato Omer Meir Wellber, che in questi mesi sta dirigendo alla Fenice quasi tutte le produzioni. Il maestro israeliano non ci ha convinto totalmente anche se rispetto ai recenti Capuleti e Montecchi le cose sono andate meglio. La sua lettura è tuttavia sempre alterna, con momenti vorticosi o troppo slentati, il ritmo è sfasato ed accomunato ad un colore orchestrale piatto che determina un equilibrio poco accattivante tra buca e palcoscenico. Molto buona invece la prova offerta dal Coro del Teatro la Fenice istruito da Claudio Marino Moretti.

Il basso Roberto Scandiuzzi vestiva i panni del protagonista. Non è un ruolo a lui usuale, il suo repertorio spazia per caratura vocale su altri spartiti, soprattutto verdiani. Adesso la voce non è più fresca e i mezzi sono in parte ridimensionati rispetto ai gloriosi momenti degli anni '90, e la ricerca di personaggi alternativi dovrebbe essere più oculata, poiché i ruoli della commedia o comici non sono molto particolari alle sue corde. Dobbiamo riconoscergli che a differenza anche di più giovani colleghi non è scivolato sul facile terreno delle gigionate teatrali (che spesso piacciono troppo al pubblico) ma si è distinto per sobrietà e un umorismo trattenuto e sottile.

Barbara Bargnesi è stata una buona Norina, civettuola e brillante, con brio non troppo evidente ma elegante, vocalmente si è esibita con correttezza, anche se il registro acuto sovente è risultato forzato. Alessandro Scotto di Luzio era un Ernesto insufficiente per carenze tecniche molto evidenti, soventi problemi d'intonazione e una voce, seppur bella, ancora sfasata. Davide Luciano, il migliore del cast, era un ottimo Malatesta dal canto elegante e molto equilibrato con l'aggiunta di un'indicativa recitazione. Rilevante la prova di Matteo Ferrara, nel breve ma squisito ruolo del notaro.

Lukas Franceschini

1/3/2015

La foto del servizio è di Michele Crosera.