RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

Una farfalla con le ali spezzate

Sesta partitura operistica di Giacomo Puccini la tragedia giapponese Madama Butterfly rimane ancor oggi uno dei titoli più rappresentati e che riscuotono la simpatia ed il consenso delle platee di tutto il mondo. Quest'anno in particolare, in occasione del centenario della morte del compositore lucchese, il Teatro Massimo di Palermo, in coproduzione con il Macerata Opera Festival, ha voluto realizzarne un'edizione che ha riscosso un consenso entusiastico non solo da parte del pubblico degli estimatori siciliani, ma anche di tante presenze di turisti stranieri (mi riferisco in particolare alla recita del 18 febbraio alla quale ho assistito). L'allestimento proposto faceva riferimento alla seconda versione in tre atti del melodramma realizzata da Puccini per il libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica, e rappresentata con successo al Teatro Grande di Brescia il 28 maggio del 1904, al contrario dell''originaria stesura in due atti e mancante dell'aria di Pinkerton “Addio fiorito asil” e di altri ritocchi, che era stata fortemente contestata dal pubblico meneghino al suo debutto avvenuto alla Scala il 17 febbraio 1904.

La regia di Nicola Berloffa, pur muovendosi all'interno di un contesto di tipo tradizionale, si proponeva non solo gradevole e seducente ma anche e soprattutto funzionale alla musica senza disturbarne mai il fluido andamento e la continuità discorsiva. L'interpretazione registica ha puntato da un lato sull'incontro-scontro fra la cultura yankee e quella nipponica, sottolineandone le profonde contraddizioni, mentre dall'altro eviscerava in modo plastico il profondo stato di solitudine e disperazione che avvolge la protagonista, e che segnerà e siglerà la sua definitiva sconfitta con un supremo atto di autodistruzione.

Suggestive e pertinenti al contesto generale le brevi proiezioni fotografiche realizzate nel corso della rappresentazione, mentre le scene di Fabio Cherstich creavano ampi e maliosi spazi prospettici all'interno dei quali i rifiniti e curati costumi realizzati da Valeria Donata Bettella si fondevano con estrema sintonia e coerenza. Le luci di Valerio Tiberi, i design video di Paul Secchi e la splendida cura della drammaturgia di Alexandra Jud riuscivano a rendere in modo ostensivo e quanto mai coinvolgente il connettersi all'interno dello spazio-tempo della rappresentazione di ogni più piccola trasformazione e mutamento emotivo e psicologico.

Maria Agresta (Cio-cio-san) fin dal suo apparire sulla scena con le parole Quanto cielo! Quanto mar attestava la padronanza del personaggio sia da un punto di vista vocale che gestuale. Nitida e tersa nella dizione, l'artista si è avvalsa della sua musicalità traboccante legata alla sua voce lunga e ad una tecnica dove struggenti filati e disperate mezze voci riuscivano davvero a scolpire tutta la fragilità della giovanissima e sfortunata geisha. Jonathan Tetelman (Pinkerton) interpretava appieno tutta la spavalda iattanza del militare americano on holidays sfoggiando uno squillo tenorile possente, dalla lama brillante e luminosa. Qualche più attenta rifinitura nel fraseggio unita ad un alleggerimento di certe sonorità non avrebbe certo guastato la sua eccellente performace. Il mezzosoprano Silvia Beltrami (Suzuki) ha sfoderato una vocalità piena, ben tornita e assolutamente pulita con una zona media sempre rifinita e limata. Il baritono Simon Mechlinski (Sharpless) si è distinto per la sua brunitura vocale e per una timbratura marcata e penetrante che riusciva a definire con estrema sensibilità la profonda umanità e bontà del console degli Stati Uniti.

Assolutamente in ruolo e in possesso di buone prestanze vocali si rivelavano Massimiliano Chiarolla (Goro), Italo Proferisce (il principe Yamadori), Nicolò Ceriani (lo zio Bonzo). Il coro del Teatro Massimo di Palermo preparato con cura dal maestro Salvatore Punturo ha assolto il suo compito con buona professionalità. Unico accorgimento di cui non abbiamo condiviso l'effetto sia scenico che sonoro è stato quello di fare cantare il coro a bocca chiusa nel parterre del teatro anziché sul palcoscenico, facendo così mancare l'effetto d'eco lontana tipico di questo pezzo.

Omer Meir Wellber ha diretto la valida orchestra del teatro panormita con compresa attenzione unita ad uno stacco dei tempi sempre equilibrato e misurato. La connessione fra golfo mistico e palcoscenico è stata gestita dall' abile conduttore con grande duttilità e flessibilità riuscendo ad amalgamare e connettere al meglio le parti sia strumentali che vocali. Il foltissimo pubblico convenuto alla serata ha tributato calorosi e prolungati applausi a tutti gli artisti. Un vero e proprio boato ha accolto l'uscita sul palcoscenico di Maria Agresta.

Giovanni Pasqualino

19/2/2024

La foto del servizio è di Rosellina Garbo.