Barcellona
La lezione di Beczala
Nella serie ‘Grandi Voci' che presenta ogni anno il Palau de la Musica, e dove ce ne sono alcune davvero importanti, si presentava, nel bel mezzo di una serie di concerti in Spagna, dopo il suo recentissimo successo personale nei panni del Werther di Massenet al Liceu, Piotr Beczala, insieme al grande Helmut Deutsch al pianoforte. Che un maestro di questo livello accompagni Beczala in un concerto di canto rende quasi inutile ogni altro commento sulla categoria che il grande tenore polacco ha conquistato anche nel canto da camera. Senza bisogno di cambiare o aggiungere ‘novità' ad altri suoi programmi di concerto ha dimostrato quanto si guadagna a ripetere non per routine ma per affinità e continuo approfondimento di opere amate e congeniali. E così dunque, nella prima parte, dedicata esclusivamente al Lied tedesco, riproponeva i suoi meravigliosi Dichterliebe di Schumann, molto diversi – e in meglio – dall'ultima volta che li ho sentiti dalla sua voce alla Scala: una vera festa di sfumature, di un'espressività intensissima ma virile e contenuta, con un centro e un grave sempre più saldi, eterei pianissimi e, quando bisogno c'era, potenti acuti. La cura nella dizione e il giusto accento per ogni parola erano eccezionali.
Nella seconda parte invece venivano presentati (compresi quattro pezzi fuori programma) la canzone italiana, l'opera italiana e quella francese, un Lied di Richard Strauss e un altro, poco noto ma che il tenore ama molto, di enorme difficoltà alla fine, del suo conterraneo Karlowicz.
Se Mattinata e Core ´ngrato risultavano sorprendentmente idiomatici ed eccellenti in quanto a vocalità, Zueignung di Strauss e quel pezzo poco fa ricordato di Karlowicz erano semplicemente eccezionali, ma il pubblico sembrava apprezzare ancora di più i frammenti operistici, dove Beczala sfoggiava tutta la sua arte nel tanto acclamato Werther, nel suo Roméo di Gounod, nell'aria del fiore della Carmen (che debutterà a Vienna l'anno prossimo), nel suo Alfredo di Traviata (quello che a torto alcuni milanesi snobbarono) e nelle due arie di Cavaradossi: la Tosca , malgrado pressanti richieste, non l'ha ancora in repertorio, un altro esempio, se ci voleva, della famosa prudenza con cui ha condotto la sua carriera. Insistere ancora una volta sulla belleza del timbro, l'omogeneità e saldatura fra i registri, l'emissione e la tecnica magistrali, la chiarissima dizione in qualsiasi lingua canti e il raffinato fraseggio sarebbe quasi superfluo, non fosse ai nostri giorni così raro trovarlo tutto quanto nello stesso cantante.
Jorge Binaghi
9/3/2017
La foto del servizio è di Lorenzo Di Nozzi.
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