La vita è sogno… ma anche soap-opera!
Da sinistra: Ilenia Maccarrone, Mario Opinato, Luca Cicolella, Francesca Ferro.
L'essere umano contemporaneo, assediato da televisione, social, internet, selfie e diavolerie elettroniche varie, vive oggi sempre connesso, almeno da un punto di vista virtuale, ma essenzialmente disconnesso dalla realtà reale: immerso in un universo di immagini, bombardato e al tempo stesso depresso dalla pubblicità, che offre modelli di perfezione fittizi e irraggiungibili, ma spacciati come l'unica realtà possibile, l'unico modo di essere accettati dai propri simili, si ritrova sempre più insoddisfatto della propria esistenza, al punto da rifugiarsi, più o meno inconsapevolmente, nel mondo eterico offerto dalle telenovelas, che di fatto hanno sostituito i famigerati fotoromanzi degli anni '70, i quali però avevano almeno il pregio di essere settimanali, offrendo in tal modo qualche giorno di pausa dal rimbambimento ossessivo cui invece la televisione condanna tutti coloro che, pur di sfuggire alla realtà di una vita considerata piatta e priva di gratificazioni, ma che magari sarebbe più giusto definire normale, trovano nella soap-opera la loro unica ragione di vita. La finzione diventa così realtà, sola realtà possibile, unico argomento di discussione, unico fine della giornata: in un estremo processo di identificazione, si vive la vita dei cartonati personaggi della telenovela, si gioisce con loro, li si ama, li si odia, si comprano gadget, riviste che parlano di loro, ci si veste come loro, ma talvolta si arriva anche a pensare che attori e personaggi siano una stessa, unica cosa, in un processo demenziale dove tutto perde la propria dimensione reale per mantenere solo quella virtuale e mediatica. Questo processo, deleterio e per certi versi irreversibile, che rischia di frantumare qualsiasi tipo di rapporto umano, specie se sommato alla dipendenza dai socials, e che se non arginato in tempo genererà in un futuro non molto lontano un'umanità simile a quella descritta da Asimov ne Il sole nudo, romanzo in cui pochi esseri umani, educati a evitare ogni contatto con i propri simili, abitano da soli un immenso pianeta serviti da uno stuolo di robot, è il fulcro su cui ruota Romanzo popolare, in scena al Centro Zo di Catania dall'11 al 13 gennaio, prodotto da Teatro Mobile di Catania per la regia di Luca Cicolella, e interpretato da Ilenia Maccarrone, Mario Opinato e Francesca Ferro.
Gli spettatori entrano in sala e vengono accolti dal russare di due donne, assopite su un divanetto: dormono davanti a un vecchio televisore, attorniate da elementi d'arredo che spirano povertà, abbandono, noia. Sono Mela e Rosalia, amiche-nemiche, coinquiline, asmatica una, iperattiva l'altra, ma unite da un amore impossibile per il divo della loro soap-opera preferita, Mario il meccanico, emblema di una virilità selvaggia, che evoca amplessi rudi e focosi, che mangia le mele a morsi e fa innamorare di sé una ragazza ricchissima. Le due poverette vivono per la puntata giornaliera, litigano fra loro riguardo allo svolgimento della vicenda, odiano e amano sui ritmi della telenovela, in una confusione totale tra realtà e finzione che le indurrà a progettare di rapire il bel Mario per averlo tutto per loro. Ci riusciranno e se lo porteranno a casa, ma quale sarà la delusione quando l'attore, dapprima terrorizzato, poi conscio di aver a che fare con due semialienate, starà al gioco, svelando però il suo vero volto, ben lontano da quello del personaggio rude e virile del meccanico; tenterà di spiegare che Mario il meccanico è solo un ruolo, che lui odia le mele e ama le susine, che non può soddisfare il loro desiderio di un selvaggio amplesso per il semplice fatto che è una persona normale e non un mandrillo a comando, ma sarà tutto inutile, e alla fine le due donne lo cacceranno via disgustate… perché sta per cominciare la puntata della telenovela!
Una pièce quanto mai attuale, che si snoda rapida con un linguaggio talvolta crudo, intriso della quotidianità delle periferie cittadine, col loro carico di vite scialbe, segnate dalla povertà, dalla frustrazione, dall'isolamento subito o cercato, con le loro case anonime, all'interno della quali domina incontrastato lo scatolone dei sogni, il televisore che tutto il giorno vomita illusioni. Un teatro che punta tutto sul testo e sugli attori, puntando su una recitazione volutamente sopra le righe, su una dizione sporca che ancora totalmente lo spettatore a una realtà che potrebbe benissimo essere quella di un casermone del quartiere Librino, carico di litigiosità inespressa, di disagio, di ricerca di una felicità impossibile.
I tre protagonisti sono riusciti con grande professionalità a esacerbare le contraddizioni dei personaggi, evitando le secche della caricatura e puntando su una recitazione iperrealistica, a tratti volutamente esagitata, che ha permesso loro di rendere palpabile lo squilibrio tra realtà e finzione che costituiva il nucleo tematico del lavoro: se Ilenia Maccarrone, Rosalia, ha dato vita a una credibilissima donnetta ignorante, fissata con i cartomanti, volgare e irruenta, Francesca Ferro ha tratteggiato una patetica ragazzotta mai cresciuta, che mischia disinvolta telenovelas e poesia medievale italiana nell'estrema speranza di un riscatto dalla sua miseria quotidiana, mentre Mario Opinato, il bel Mario il meccanico, ma al tempo stesso l'attore che lo impersona, è riuscito a sdoppiare la sua recitazione, facendo sì che non solo i due aspetti dello stesso personaggio fossero ben distinti al pubblico, ma anche che lo spettatore riuscisse a percepire con estrema chiarezza il cortocircuito mentale tra mistificazione e realtà nel quale sprofondano non solo le due donne, ma anche il loro idolo.
Giuliana Cutore
12/1/2019
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