Porgy and Bess
alla Scala di Milano
L'opera Porgy and Bess ha un destino felice al Teatro alla Scala. Infatti, esclusa l'edizione del 1955 (cui non ero presente), sia l'edizione del 1996 sia l'odierna riproposta hanno avuto un esito trionfale. Porgy and Bess fu musicata daGeorge Gershwin, su libretto di DuBose e Dorothy Heyward e testi di Ira Gershwin. La storia è basata sul romanzo di Heyward Porgy, che descrive la vita degli afroamericani nell'immaginaria strada di Catfish Row a Charleston all'inizio degli anni Trenta. Fu rappresentata in prima assoluta al Colonia Theatre di Boston il 30 settembre, 1935, con un cast di cantanti afro-americani di formazione classica, una scelta artistica audace al tempo. Gershwin lesse il romanzo nel 1926 e in seguito propose subito all'autore di collaborare al progetto. Il musicista volle comporre un'opera popolare, e per sua stessa ammissione, non volle utilizzare musica folk ma compose spirituals e canti popolari originali perché la sua idea era quella dell'opera popolare senza agganci con elementi musicali precedenti. La prima versione dell'opera (un'esecuzione di quattro ore, contando i due intervalli) fu eseguita privatamente in forma di concerto alla Carnegie Hall, nell'autunno del 1935. Durante le prove di Boston, Gershwin fece molti tagli e perfezionamenti per abbreviare il tempo d'esecuzione e stringere l'azione drammatica, in previsione del debutto a Broadway, cui seguì una tournée che toccò molte città dell'est americano. Fin dall'inizio, l'opera ha attirato molte polemiche razziali, tali aspetti si sono in parte placati, forse del tutto scomparsi solo negli anni '70 del secolo scorso. Gershwin ricevette grande ammirazione musicale da parte di Duke Ellington, anche se polemizzava per l'aspetto drammaturgico dei personaggi di colore. Infatti, molti dei membri del cast originale dichiararono in seguito che temevano che i loro personaggi potessero indentificare lo stereotipo degli afro-americani, i quali vivevano in povertà, usavano droga e risolvevano le loro diatribe solo con i pugni, identificando Porgy and Bess come un'opera razzista nei confronti dello stile di vita delle persone di colore. In tale ottica, molte rappresentazioni furono cancellate o sospese per la protesta della comunità nera. Dobbiamo dunque considerare che anche la musica talvolta ha aspetti politici e sociali, anche se questo non era nelle idee dell'autore.
La convinzione che Porgy and Bess fosse razzista si è rafforzata nel corso del Movimento dei Diritti Civili Americani degli anni 1950, 1960 e 1970, che videro l'opera sempre “fuori moda”. Esemplare fu la dichiarazione di Harold Cruse, critico sociale ed educatore afro-americano: “… Porgy and Bess è un contradditorio simbolo culturale, il più incongruo mai creato nel mondo occidentale ”. L'opera all-black è stata impopolare per alcuni celebri artisti neri. Harry Belafonte rifiutò la parte nella versione cinematografica fine anni '50 (il ruolo fu interpretato da Sidney Poitier). Grace Bumbry, la quale trionfò come Bess nella produzione 1985 al Metropolitan Opera (primo allestimento bel teatro newyorkese), dichiarò: “… ho pensato che avevo lavorato molto per realizzare quest'opera ed eravamo arrivati nel momento di capire che il 1935 era lontano e le cose erano cambiate. Considero l'opera come un vero pezzo di America di quei tempi, possa piacere o no, ma io ero lì al Met a cantare Bess! ” Col tempo l'opera ha guadagnato l'accettazione da parte della comunità afro-americana, anche se non per tutti, e va comunque considerato che lo spartito è particolarmente adatto a cantanti lirici neri, proprio per le peculiari caratteristiche vocali com'era intenzione dell'autore, il non avrebbe immaginato una presa di posizione sociale così contradditoria.
La musica riflette le radici jazz di New York, ma richiama anche le tradizioni dei canti del sud. Gershwin rimodellò le canzoni popolari di sua conoscenza in blues , preghiere, grida di strada, canti di lavoro, e spirituals, i quali si fondono con arie e recitativi. Non mancano anche riferimenti musicali alla liturgia ebraica. È presente anche una serie di leitmotifs, che rappresentano singoli caratteri e sviluppano temi conduttori al fine di riflettere l'azione sul palco. Indicativi in questo senso sono le riprese di "Bess, you is my woman now", "I got plenty o' nuttin” e il celeberrimo “Summertime”.
La nuova produzione del Teatro alla Scala era un'esecuzione in forma semiscenica per il coro non di colore che non poteva, secondo le disposizioni del compositore, fondere il timbro tipico delle voci di colore. Aspetto opinabile ma accettiamo l'imposizione. Ci troviamo di fronte ad una pedana a scalinata, come quella utilizzata per i concerti, sulla quale si pone il coro, sul palcoscenico agiscono i solisti, sullo sfondo dei bellissimi video, che rievocano un'antica Charleston, di Max Kaufmann ed Eva Grun. Philipp Harnoncourt (figlio del direttore Nikolaus) agisce con grande pudore nella difficile drammaturgia con effetti strabilianti, tanto che lo spettacolo è godibilissimo come fosse una vera e propria messa in scena. Tutti i personaggi hanno la loro giusta luce, necessaria per comprendere le differenti sfaccettature. Contribuisce, con esito più che lusinghiero, Elisabeth Ahsef, costumista raffinata e mai banale.
Il settore musicale deve iniziare definendo strepitosa la prova del coro, diretto da Bruno Casoni, il quale anche se non “originale” ha saputo fornire una prova maiuscola esprimendo una grandissima professionalità abbinata a una malleabilità in colore e accento davvero encomiabile.
La direzione avrebbe dovuto essere affidata al recentemente scomparso Nikolaus Harnoncourt, che amava e aveva studiato molto bene la partitura e sarebbe stato un gradito ritorno scaligero. Alan Gilbert ha ereditato la concertazione, e ha assolto il suo compito con impeccabile stile. L'esotismo sinfonico era il suo tratto più significativo, non mancando neppure l'aspetto folkloristico sempre calibratissimo ma di grande effetto musicale. Magnifica la concertazione delle voci, e del coro, spesso protagonisti assoluti, i quali non sono mai stati “coperti” dall'orchestra ed erano sempre impeccabili. L'orchestra assecondava con grande bravura una lettura d'efficace impatto sonoro con precisione assoluta. Una particolare menzione per Davide Laura, solista al banjo.
Nel cast primeggiava il Porgy di Morris Robinson dalla struttura corporea gigantesca, per la quale utilizzava una stampella in luogo del solito carrettino, il quale sfoggiava una voce brunita e affascinante sempre calibrata e di rilevante fraseggio. Meno incisiva la Bess di Kristin Lewis, forse debuttante nel ruolo, alla quale mancava il pathos vocale adatto e talune peculiarità espressive. Bravissimo Lister Lynch, Crown di forte irruenza, e stilisticamente perfetto Chauncey Packer, Sportin Life di simpatica caratura. Mary Elisabeth Williams era una straordinaria Serena, timbro e vocalità ammirevoli, e Angel Blue, Clara (cui è riservato il brano più famoso “Summertime”), ha fornito una prova convincente. Ma tutto il cast è da lodare per la grande prova vocale dimostrata: Tichina Vaughn (Maria/donna delle fragole/Annie/Lily), Donovan Singletary (Jake/Fraizer/impresario/coroner), Cameo Humes (Mingo/Robbins/Peter/uomo dei granchi), Stefano Guizzi (Archdale/detective/poliziotto), Massimo Pagano (Jim), Massimiliano Di Fino (Nelson) ed Elhadji Mbodji (Scipio).
Teatro esaurito in ogni ordine di posto, pubblico all'inizio perplesso ma in seguito entusiasta dell'esecuzione che è stata premiata con lunghissimi e calorosissimi applausi. Un grande successo!
Lukas Franceschini
30/11/2016
Le foto del servizio sono di Brescia e Amisano – Teatro alla Scala.
|