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Buon 2024

dal Bellini di Catania

Sontuoso e impegnativo concerto quello offerto dal Bellini di Catania, com'è ormai tradizione, per festeggiare il Capodanno: la sera del 1° gennaio la sala del Sada, stracolma di un pubblico festante, ha accolto con grande entusiasmo l'orchestra del Teatro, diretta da Eckehard Stier, dopo i saluti e gli auguri per un sereno 2024 offerti dal Sovrintendente del Bellini Giovanni Cultrera, che con dotta facondia ha elogiato ancora una volta la cultura e la bellezza come numi ispiratori di una società migliore, più inclusiva e civile, auspicando che il nuovo anno segni almeno un punto di svolta verso l'acquisizione definitiva di tali valori irrinunciabili dell'Umanità.

Il programma, ben più lungo di quello di un consueto Concerto di Capodanno, spesso ridotto a pochi brani del repertorio tradizionale natalizio, ha visto invece una lunga e per certi versi inusuale carrellata che dalla Sinfonia della Norma di Vincenzo Bellini, passando per lo stupendo Valzer dall'Evgenij Onegin di Cajkovskij, trascorreva per l'Intermezzo dall'Amico Fritz di Mascagni e per il Valzer dal Faust di Gounod, per soffermarsi sulla Joyful Ouverture op.111 del compositore catanese Matteo Musumeci, brano in prima esecuzione assoluta di impattante sonorità, ben in linea con la poetica minimalista del musicista, per poi concludere degnamente il primo tempo con il Trittico (Masquerade, Spartacus, Gajaneh) di Chacaturjan. La seconda parte si è aperta con le Danze ungheresi op.WoO1, n. 1 e 5 di Brahms per poi dare il via a un finale travolgente tutto affidato a Johann Strauss (figlio) del quale sono stati eseguiti l'Ouverture da Die Fledermaus, l'aristocratico Kaiserwalzer, Pizzicato Polka, Unter Donner und Blitz, Tritsch-Tratsch Polka e An den schönen blauen Donau, senz'altro il più celebre e iconico fra i valzer viennesi.

L'orchestra del Bellini, in forma smagliante, ha dato il meglio di sé soprattutto nella prima parte del concerto, dove la direzione di Stier è riuscita a trarre sonorità avvolgenti dai raffinati brani di Chacaturjan, in cui il dialogo tra le varie sezioni era sempre ben distinguibile e preciso, mentre i valzer di Cajkovskij e Gounod offrivano una sognante levità cui faceva da contraltare la possente dinamicità di Mascagni. Pur se ad orecchie ormai abituate a compagini di riferimento per Strauss, anche le musiche del grande viennese sono state caratterizzate da un amalgama orchestrale ormai ben collaudato, e dai notevoli apporti del settore fiati e degli archi, fra i quali, per tutto il concerto, oltre alla prima viola, si è distinto come sempre il primo violoncello, dotato di una cavata di grande classe e potenza. Ottimi anche gli interventi dell'arpa, che ha mostrato la consueta morbidezza di suono.

Alle ovazioni del pubblico, il maestro Stier, del quale abbiamo apprezzato moltissimo la spontaneità e la capacità di coinvolgere (e guidare!) il pubblico, ha concesso inizialmente due bis che sono stati graditissimi: il Can-can di Offenbach, più propriamente il Galop infernal, tratto dall'operetta Orpheé aux enfers, e la celeberrima Radetzky-Marsch, entrambi come da canonica prassi accompagnati dai battimani del pubblico. Alle ripetute richieste di un altro bis da parte del pubblico che non voleva proprio saperne di andarsene, Stier ha reiterato il Can-can, rivolgendo al tempo stesso i suoi auguri per il nuovo anno.

Giuliana Cutore

2/1/2024

La foto del servizio è di Giacomo Orlando.