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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

Milano

In quelle trine morbide…

Come si sa, la celebre aria dell'inizio del secondo atto della Manon Lescaut pucciniana dice più avanti ‘v'è un gelido mortal, un freddo che m'agghiaccia'. Potrebbe servire per fare un breve riassunto della tanto attesa prima di questo titolo alla Scala. Riccardo Chailly continua l'esplorazione della scrittura pucciniana cercando di riportare alla luce pagine tagliate, espunte, scritte diverse volte, e questo va benissimo – sarebbe soprattutto roba da Festival più che di una stagione ‘normale' ma vista la situazione di Torre del Lago.... Questa volta, a parte dettagli minori, si trattava di ripristinare il concertato finale del primo atto e della prima versione dell'aria ‘Sola, perduta, abbandonata' come venivano ascolate quando l'opera aveva esordito a Torino.

Ma il grande maestro, forse a furia di studio, ci ha dato due primi atti dove l'orchestra nonostante il volume, qualche volta eccessivo almeno per le voci scelte, rimaneva poco o niente coinvolta. Le cose andavano meglio dall'intermezzo in poi e chiaramente l'ultim'atto era di grande livello. Ineccepibile l'orchestra scaligera e il coro (sempre preparato da Bruno Casoni) che dimostrava ancora una volta non solo la sua capacità di canto e di scena ma la stupefacente facilità con cui passa da Mussorsgkij a Rossini e a Puccini una serata dietro l'altra. Il concertato e l'aria di cui sopra erano, ovviamente, interessanti ma non si riesce a vedere cosa aggiungano, e invece drammaticamente sono meno felici della soluzione finalmente adottata da Puccini. Nel concertato poi, a parte il coro, non si sentiva nessuno e l'orchestra era davvero non solo molto forte ma fortissima.

Si diceva del pubblico scaligera nella mia cronaca anteriore. Non sembrava lo stesso quello che acclamava – a ragione – la Chovanscina, quello che si divertiva con dimostrazione di alto gradimento ne La Cenerentola, e questo che fischiava senza pietà il nuovo allestimento di questa Lescaut e alcuno degli interpreti.

La regia di David Pountney (caduto nella buca del suggeritore mentre con i corresponsabili dello spettacolo si faceva buare copiosamente) non è per niente balorda nè arbitraria. Può piacere o meno. Può essere inutilmente spettacolare con due treni (anzichè il cocchio o la carrozza) per l'atto primo e un'immensa nave che neanche quella del felliniano Amarcord per il terzo, può essere un po' incoerente nei costumi e non capire del tutto le limitazioni fisiche di qualche artista ma non è inguardabile e rispetta i personaggi, con un Lescaut che ha un profilo di sfruttatore di donne a cominciare dalla sorella, cosa che rientra nel possibile.

Tra i cantanti quello che aveva la voce più adatta e sonora, e non è uno scherzo, era il bravo Carlo Lepore nei panni di Geronte. Massimo Cavalletti è stato un Lescaut meno vociferante di quanto si potesse aspettare di lui con qualche acuto fisso. Marco Ciaponi era migliore come maestro di ballo o lampionaio che come Edmondo (un ruolo sempre difficile e che ne ha messo in evidenza le limitazioni di timbro e di estensione), discreti gli altri. Ma questa Lescaut è stata pensata per due grandi voci che siano altrettanto bravi interpreti. È stata da sempre la difficoltà maggiore e non è stata felicemente superata in quest'occasione. María José Siri è un soprano professionista, timbro non bello nè particolarmente omogeneo, di buoni acuti. Altro di meglio non c'è. Nè figura, nè interpretazione, nè accento, nè pianissimi.

Marcelo Álvarez, molto dimagrito e sempre con un bel timbro più scuro, è andato incontro ad alcuni problemi (non essendo un ruolo di linea di canto faticava con il fiato), come l'emissione di certi acuti mentre il grave si sentiva poco. Comunque non meritava di venire buato alla fine in quel modo selvaggio. Le due seguenti le ha fatto Roberto Aronica, che doveva già cantare altre due, e di cui ho sentito ottimi riferimenti sia alla generale e antegenerale sia alla prima di queste due. Se i teatri si affidassero un po' meno alle star....

Jorge Binaghi

11/4/2019

La foto del servizio è di Brescia&Amisano.