Il Trittico al completo
a Taormina Arte
Il Trittico pucciniano ebbe il suo debutto a New York il 14 dicembre del 1918 mentre la prima europea avvenne al teatro Costanzi di Roma l'11 gennaio del 1919. Fra i primi biografi del compositore lucchese Guido Marotti e Ferruccio Pagni, fra l'altro suoi cordiali amici, nel loro volume dal titolo Giacomo Puccini intimo ci hanno tramandato un simpatico resoconto riguardo alla scelta del titolo complessivo assegnato ai tre atti unici. Pare che in una delle tante riunioni fatte a casa del maestro e nelle quali convenivano Giuseppe Adami (autore del libretto del Tabarro), Giovacchino Forzano (autore dei libretti di Suor Angelica e Gianni Schicchi) e qualche altro amico intimo, avesse avuto inizio una specie di gioco verbale per scovare una parola che potesse indicare tre opere in una e così si passò da triangolo a treppiede, da trinomio a tritono fino a che si decise per trittico. In verità si tratta di tre brevi opere liriche, delle quali le prime due serie e la terza buffa. Ognuna di esse è autonoma rispetto alle altre due sia per trama, sia per carattere e ambientazione, tant'è che Il Tabarro si svolge su un barcone ormeggiato sulla Senna a Parigi, Suor Angelica in un convento del 1600 e Gianni Schicchi nella Firenze del 1300. Talvolta è invalsa la pratica di rappresentarle singolarmente, tuttavia il compositore toscano aveva ideato le tre partiture in una coerente e articolata unità stilistica e musicale, perché esse si snodano in un tragitto emotivo che sembra descrivere e dipanare un'ampia gradazione di sentimenti partendo dalla cupa e sanguinosa tragedia del Tabarro per rinviare al dolce e soave perdono della colpa di Suor Angelica e infine per raggiungere la gagliarda, frizzante e gioiosa comicità di Gianni Schicchi. Pertanto, se le trame risultano diverse e contrastanti, l'indagine psicologica pregnante e descrittiva nei riguardi dell'animo dei personaggi, potenziata dalle articolate sfumature sonore della musica, fa sì che attraverso di essa Puccini giunga non solo a rendere i tre testi complementari fra loro, ma riesca addirittura a farli confluire in una superiore unità che trova la sua sintesi finale in tutto ciò che è profondamente umano.
La versione de il Trittico presentata al Teatro Antico di Taormina sabato 8 luglio (replica giovedì 13) è stata realizzata in collaborazione con la Fondazione Luciano Pavarotti ed ha visto il baritono Massimo Cavalletti affrontare con piglio sicuro, voce salda, ben liscia, asciutta e timbrata la parte di Michele del primo atto unico della trilogia pucciniana. Altrettanto efficace sia da un punto di vista vocale che scenico si è rivelata l'ottima prestazione del tenore Marcelo Alvarez, artista dalla dizione chiara, dal fraseggio ampio e dallo squillo elegante e assolutamente ben rifinito. Dignitose e curate le performance offerte dal soprano Francesca Triburzi (Giorgetta), Orlando Polidoro (Il Tinca), Adriano Gramigi (Il Talpa), Annunziata Vestri (La Frugola), Andrea Galli (Un Venditore di Canzonette) e due amanti (Federica Foresta e Cristobal Campos). Ancora Francesca Triburzi, stavolta nei panni di Suor Angelica ha messo in evidenza la sua buona e temprata tecnica vocale, anche se a nostro avviso dovrebbe perfezionare la sua dizione e rifinire ancora meglio il suo fraseggio. Il mezzosoprano Annunziata Vestri è riuscita a compenetrarsi molto bene, sia da un punto di vista drammaturgico che vocale, nell'opprimente e cupo personaggio della Zia Principessa, la quale si trascinava sul palcoscenico vestita di nero e con due lunghi neri bastoni sui quali arrancava evocando i gesti e le movenze di una mantide religiosa. Aderenti alle loro parti anche Enrica Cortese (La Badessa), Eleonora Filipponi (La suora zelatrice), Greta Carlino (Maestra delle novizie), Federica Foresta (Suor Genovieffa), Floriana Cicio (Suor Osmina).
Il bravissimo Massimo Cavalletti (Gianni Schicchi) si confermava cantante di razza anche nel terzo atto unico del Trittico, dove riusciva a sfoggiare delle capacità anche di buffo davvero notevoli e apprezzabili. Francesca Triburzi (Lauretta) ha intonato con garbo, morbidezza e delicatezza l'aria “O mio babbino caro”, mentre il tenore Marco Ciaponi (Rinuccio) intonava con dolce e limpida voce la romanza “Avete torto.... Firenze è come un albero fiorito”. Si districavano con buona professionalità anche il mezzosoprano Annunziata Vestri (Zita), Adriano Gramigni (Simone), Massimiliano Mandozzi (Betto) Grata Carlino (La Ciesca).
L'allestimento scenico dell'intero spettacolo è stato curato dall'Opèra Théâtre Eurometropole di Metz, mentre le essenziali ma funzionali e accattivanti scenografie erano di Patrick Méeüs. Molto ben rifiniti e adeguati ad ogni singolo titolo erano i costumi curati da Giovanna Fiorentini mentre le luci di Bruno Ciulli riuscivano a potenziare personaggi e azioni che si susseguivano sul palcoscenico. La regia di Paul Émile Fourny ha saputo creare un raccordo efficace e pieno fra palcoscenico e golfo mistico, in special modo nel Gianni Schicchi dove ogni personaggio è entrato in vera e propria sintonia cinetica e ritmica con la musica. L'orchestra del Taormina Arte Festival, condotta in modo creativo e originale ma nello stesso tempo elegante soffice e discreto da Beatrice Venezi, riusciva a mettere in risalto la soave piacevolezza del canto e del declamato pucciniano. Il coro “Francesco Cilea” preparato con cura dal maestro Claudio Bagnato ha validamente contribuito alla riuscita dalla rappresentazione.
Giovanni Pasqualino
10/7/2023
La foto del servizio è di Giacomo Orlando.
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