RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

Barcellona

Relazioni più noiose che pericolose

La prima locale di Quartett di Francesconi con gli stessi interpreti della prima mondiale scaligera – Robin Adams, baritono, e Allison Cook, soprano, Peter Rundel che dirigeva la compagine del Liceu in formazione ridotta, più la musica corale, elettronica e rumori diversi incisi dall'IRCAM di Parigi pure in quella occasione nel 2011 – e perfino lo stesso allestimento – Àlex Ollé, cioè la Fura dels Baus, per la regìa e la solita troupe per scene e costumi, di Alfons Flores e Lluc Castells, più le inevitabili e imprescindibili luci varie e spezzoni di video – riuniva abbastanza pubblico (non solo il ‘tradizionale') e veniva accolta cordialmente, quello che si è – o era – soliti chiamare un “succès d'estime”. L'opera, come si sa, è tratta dal compositore (in inglese) dal testo teatrale, ma oimè poco drammatico, di Heiner Müller sulla base del famoso romanzo epistolare di Choderlos de Laclos, Le relazioni pericolose, fonte d'ispirazione di tanti altri lavori. I cantanti, sempre rinchiusi dentro un quadrilatero sospeso in aria, si sdoppiano nei due protagonisti libertini, il visconte di Valmont e la marchesa di Merteuil, ma anche nelle loro vittime, Madame de Tourvel e la vergine debuttante Cécile de Volanges: così, il baritono indossa – si fa per dire – anche i panni della Tourvel – ma non solo allora canta in molti momenti in falsetto – mentre il soprano, a parte il proprio ruolo della Merteuil, è anche Cécile e in alcuni passi lo stesso Valmont, mettendo in forte rilievo non solo l'ambiguità sessuale ma anche la voluta mancanza di una costruzione lineale dei personaggi: il soprano ha alcuni vocalizzi difficili, ma anche il baritono, ma lei non è tenuta a diventare falsettista bensì a strillare o emettere acuti estremi seguiti subito dopo da frasi parlate o in un registro grave, esageratissimo quasi sempre che richiede la voce di petto. Come capita spesso, anche se meno e meglio che nell'anteriore Ballata dell'autore (tra l'altro, menomale, la durata è di ottanta e passa minuti senza alcuna pausa), il testo risulta non poche volte inintelligibile, proprio quando si sparano in continuazione delle frasi e dei concetti che dovrebbero essere importantissimi, scandalosi e via discorrendo, e questo accade appunto grazie a una scrittura vocale che risulta monotona e l'aspetto musicale meno riuscito dell'opera (non era che le voci dovrebbero essere importanti in un pezzo lirico?), mentre invece la parte orchestrale è molto interessante e molto ben realizzata dall'orchestra e dal maestro che, come gli interpreti, ormai è uno specialista di questo titolo dopo averlo passeggiato per diverse città. I cantanti ce la mettono tutta e aparentemente superano gli ostacoli con aplomb, ma per emettere un giudizio più fondato sulle loro reali capacità andrebbero ascoltati in un ruolo del repertorio più tradizionale, dove anche canterebbero.

L'allestimento è, come sempre, molto impressionante e sempre volto ai colpi di effetto e di una ‘bellezza' e un ‘ascetismo' forse non sempre il modo migliore di mettere in scena un testo che si vuole blasfemo e che smaschererebbe l'ipocrisia umana e l'autodistruzione di una civiltà (questa). Sinceramente non so se un testo simile non risulti oggi arcinoto, scontato e invecchiato, ma in ogni caso mostra delle rughe che non un pezzo di Albee, tanto per fare un esempio.

Va detto anche che il compositore sembra piacere molto all'attuale sovrintendente dell'Opéra di Parigi che, dopo l'incarico di questo titolo alla Scala, fra poco presenterà sulla prima scena lirica francese un'altra opera di Luca Francesconi, Trompe-la-Mort, su un altro testo famoso, francese nell'originale e nella nuova versione operistica, di Balzac .

Jorge Binaghi

25/2/2017

La foto del servizio è di Antonio Bofill.