RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

Gettare la maschera

Il Teatro Comunale di Modena sorge in pieno centro, in una via stretta, ed è dello stesso colore delle case; è dimesso, non ha nulla della sontuosità di un teatro dell'opera. La serata di questo 29 novembre è fredda e nebbiosa. Arriviamo a teatro tardi, fuori non ci sono i consueti capannelli. Dentro, la sala è stracolma.

La calda atmosfera di un teatro brulicante trova la naturale corrispondenza già dal preludio, amalgamandosi con la conduzione potente e sanguigna del direttore David Crescenzi, il quale svela da subito le proprie intenzioni: un Rigoletto a colori primari, concitato. All'emiliana.

Proprio per questo abbiamo l'impressione che la messinscena, di per sé buona seppur non eccezionale in originalità, stenti a tener il passo con un piano musicale predominante: ci sono le immancabili gorgiere, c'è una buona impostazione scenografica in cui alcuni elementi caratterizzanti restituiscono l'austerità cinquecentesca, la dinamica risulta nel complesso equilibrata. Ma nulla vale alla predominanza della musica e soprattutto del canto, che trova qui degli interpreti bravi, generosi e con una gran voglia di stare sulla scena. Devid Cecconi, che sostituisce Marco Caria nel ruolo del protagonista, sfoggia una naturale drammaticità, grande presenza scenica dovuta anche alla propria fisicità, anche se l'illusione interpretativa non trova completa soddisfazione. Il pubblico comunque apprezza, e parecchio, tant'è che alla fine del secondo atto, a sipario chiuso, viene concesso un bis del duetto No, vecchio t'inganni. In piena luce, strappati dalla finzione scenica, qui i due interpreti regalano un magico momento di autenticità. I due cantano con il sorriso, rilassati, il pubblico segue la melodia e la canticchia, liberato dal rigore formale della rappresentazione. Daniela Cappiello, Gilda, è sicuramente all'altezza del ruolo, una voce poderosa e particolarmente pronta nell'affrontare i passaggi più ardui; grande generosità e umanità espresse attraverso l'arte canora e purtroppo non sempre accompagnate da eguale capacità mimica – ottima nei panni del viandante, meno a suo agio nel primo atto – probabilmente dovuta ad una regia non proprio in sintonia con le potenzialità dell'interprete. Il resto del reparto maschile è davvero di ottimo livello: bravo Marco Ciaponi, il Duca di Mantova, interprete dotato di una voce cristallina che scoppia di giovinezza; un ottimo Monterone, Fellipe Oliveira, che sicuramente rivedremo spesso in futuro in ruoli ben più importanti; uno Sparafucile che ha molto del felliniano Zampanò, interpretato dal bravissimo Ramaz Chikviladze.

Un allestimento, si diceva, di certo non memorabile per regia e scene, poiché le soluzioni adottate, sebbene ben realizzate, o risultano poco originali o di un'originalità un po' frettolosa. Sicuramente lo scenografo Giorgio Ricchelli ha subito la fascinazione – a chi non è successo? – di Robert Wilson: da parte nostra abbiamo rivisto molto del Trovatore andato in scena l'anno scorso al comunale di Bologna: la configurazione spaziale delle quinte in cui prevale il nero opaco, il ricorso ad oggetti simbolici – Gilda è rinchiusa in una gabbia – l'uso del fondale in controluce, soluzione quest'ultima sempre ottima e che in questo caso avrebbe meritato più spazio e importanza espressiva. La regia appare misurata e molto tradizionale, con alcuni elementi che attingono al mimo e al minimalismo: gli interpreti però a tratti appaiono sperduti, senza un compito o una posizione precisi, persi in una scena elegante ma svuotata di significato, come se chi è sul palco facesse fatica a credere fino in fondo al proprio ruolo e preferisse un contatto più diretto col pubblico, evitando la macchinosa dinamica di scena.

Prima di disperdersi nella fredda serata modenese, questo pubblico popolare e attento, caloroso e istintivo, regala un applauso esplosivo. Di bis ne avrebbe voluto qualcuno in più, magari a sipario chiuso.

Giovanni Giacomelli

2/12/2019

La foto del servizio è di Rolando Paolo Guerzoni.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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