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Barcellona

Torna Ulisse

Il migliore di tutti gli atti per festeggiare il 450º anniversario della nascita di Monteverdi è stato senz'ombra di dubbio la prima rappresentazione integrale, in forma semiscenica, de Il ritorno di Ulisse in patria al Palau de la Música Catalana: ne sono stati interpreti il Monteverdi Choir, gli English Baroque Soloists, una folta schiera di cantanti, tutti sotto la bacchetta di Sir John Eliot Gardiner. Scontato l'altissimo livello di coro e orchestrali, la presenza di Gardiner è stata proprio decisiva per qualificare questo evento come memorabile (se non anche storico) data la sua formidabile capacità di restituirci un Monteverdi vitale e poliedrico, come se fosse stato questo il giorno della prima assoluta, capace di far passare in un soffio le tre ore e venti minuti di musica: mai prima – sono alla mia quinta versione dal vivo – mi era stato dato di vedere una versione così completa. Non solo tutto suonava come di dovere ma, fatto più importante, con una freschezza e novità totali senza il minimo sospetto di routine.

Per quanto riguarda i cantanti, tutti notevoli specialisti e partecipi all'azione scenica disegnata, di grande efficacia, più che in un qualsiasi allestimento scenico di chissà quale geniale regista (luci di Rick Fisher e costumi di Patricia Hofstede, non solo belli ma adeguatissimi ai diversi momenti) vanno tutti lodati nel loro insieme, visto che quasi tutti diventavano secondo i bisogni membri del coro, e coprivano anche più di un ruolo – quelli più brevi ovviamente. Più in particolare, l'Ulisse di Furio Zanassi non ha ormai bisogno di presentazione: oggi sarà il più veterano di tutti i solisti, ma tracce nella voce ce ne sono appena, più che compensate dalla padronanza di parola e stile. Non solo dal punto di vista vocale, l'impatto maggiore veniva dalla Penelope, fenomenale, di Lucile Richardot. Gianluca Buratto è un notevole basso, ma curiosamente la zona più debole è il registro grave, meno timbrato e udibile degli altri, davvero impressionanti. Krystian Adam era un bravo Telemaco dal timbro brunito, Hana Blazikova una brillante Minerva e brava anche nei panni di Fortuna, Anna Denis semplicemente un lusso come Melanto e il suo amante Eurimaco veniva incarnato dall'interessantissimo Zachary Wilder.

Tipici esempi di scuola inglese di canto erano Gareth Treseder (Anfinomo) e John Taylor Ward (Gopve), e di quella italiana Carlo Vistoli (Umana Fragilità di forte impatto), Francesca Boncompagni (giovane e bravissima Giunone), Francesca Biliotti (ammirevole Ericlea) e Silvia Frigato (brillante Amore). Michal Czerniawski (Pisandro) è un bravo cantante dalla voce poco bella, mentre Francisco Fernández-Rueda (Eumete) dimostrava un ottimo livello di canto malgrado un timbro senza particolare rilievo e una dizione non sempre chiara quanto quella di tutti gli altri. Robert Burt, magnifico caratterista, spiccava da canto suo con una grande interpretazione del poco simpatico, grottesco e vorace Iro. La sala traboccava (malgrado un caldo pazzesco) e, soprattutto a fine spettacolo, esplodeva in scroscianti e meritatissime ovazioni.

Jorge Binaghi

7/5/2017

La foto del servizio è di Antonio Bofill.