Barcellona
Il mondo crudele di Platée
Sebbene in forma di concerto, anche se i movimenti e gli abiti degli interpreti quasi non te ne facevano accorgere, finalmente approdava a Barcellona e al Liceu il capolavoro di Rameau, il cui soggetto fa sì ridere finchè il riso non ti muore sul labbro, con quella ninfa un po' matura e stupida presa in giro spietatamente da déi e da esseri 'umani'. La sola recita (un peccato) era un'occasione unica per Sir William Christie e la 'sua' compagnia (coro ed orchestra) Les Arts Florissants: e non solo sono stati bravissimi come sanno e possono al loro solito elevatissimo livello ma anche hanno spezzato una lancia in difesa di un repertorio qui quasi sconosciuto e quindi poco o niente amato quale il barocco lirico francese (la presenza di parecchia gioventú mentre contemporaneamente alcuni abbonati dormivano placidamente e se ne andavano alla chetichella dopo la pausa è servita a dimostrare che forse i tempi sono maturi per un cambiamento).
Personalmente ho avuto la fortuna di vedere tre o quattro volte questo titolo fondamentale sempre nello stesso fantastico allestimento di Pelly diretto musicalmente da Minkowski.
Qui ci troviamo davanti un approccio alquanto diverso (forse più 'serio' e anche più 'profondo') e basta ascoltare i primi accordi per restare letteralmente immersi in questo mondo acquatico e desertico. E pensare che si tratta di un'opera-balletto (‘ballet bouffon' era inizialmente il titolo), non ce ne sono di ballerini, e il fatto non conta. Non perderò spazio e tempo per intessere le lodi a compagine e maestro. Credono tanto e con tale passione a quanto fanno che, solo per fare un esempio, Christie mi è sembrato più giovane dell'ultima volta.
È vero che negli ultimi tempi alcuni dei solisti non hanno tutte le qualità (nell'aspetto squisitamente vocale) di un tempo, ma ci riescono lo stesso con l'entusiasmo ed il lavoro che finiscono per trascinarti. Se Padraic Rowan ha molta strada da fare ancora nei panni del Satiro del prologo, è anche vero che il suo Momo dell'opera risulta molto attendibile. Allo stesso modo non si può dire che l'organo vocale di Sebastian Monti (Tespi) o di Enguerrand de Hys (Mercurio) siano d'importanza, ma li adoperano benissimo con la tecnica e lo stile giusti. La Giunone di Juliette Perret è parecchio anonima ma corretta; un punto in su si collocano invece la Talia di Virginie Thomas e l'Amore e la confidente Clarine di Emmanuelle de Negri. Marc Mauillon risulta notevole anche se qualche volta sopra le righe (Momo nel prologo e poi Citerone). Edwin Crossley-Mercer ci offre un eccellente Giove come fa sempre questo signorile baritono. Ma la serata appartiene a due nomi: nelle ‘sue' scene (non troppe, due sostanzialmente con qualche altro breve intervento) la Follia di Jeanine De Bique (bellissima donna e talentuosissima attrice) è l'unica a strappare durante la recita gli applausi entusiastici del pubblico, anche per la difficoltà de la parte (omaggio e/o parodia dell'opera italiana di quei tempi); e anche se solo sembra destare risate di gioia quando alla fine dello spettacolo esce a salutare, la protagonista si guadagna una vera e meritata ovazione: semplicemente geniale il tenore Marcel Beekman, che sembra nato per la parte di Platea, con quel dosaggio esatto di ridicolo, infatuazione, solitudine, indefensione e disperazione che fanno di questo personaggio uno dei ‘gioelli' di questo repertorio.
Jorge Binaghi
9/2/2021
La foto del servizio è di Antonio Bofill.
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