Martina Franca
Tre concerti
Numerosissimi i concerti (non solo di canto) in quest'edizione. Ho potuto assistere a tre, il primo in una delle masserie che si associano alla manifestazione, in quest'occasione la bella masseria Palesi. Doveva essere il debutto di Veronica Simeoni che ha dovuto sostituire una collega a Macerata, e sostituita a sua volta da Jose Maria Lo Monaco, il mezzosoprano specializzato nel barocco ma che frequenta anche altri repertori. Accompagnata in modo esemplare da Michele D'Elia (che brillava in due numeri soli, una Fantasia di Mozart e una parafrasi del Tannhäuser ad opera di Liszt) cantava bene il ‘suo' Monteverdi, la cantata di Haydn sul personaggio chiave di quest'anno, Arianna, la Didone di Purcell, ma anche una splendida aria di Neris dalla Medea di Cherubini.Era forse meno adeguata ne La clemenza di Tito di Mozart e soprattutto in un'aria tratta dall'Adelson e Salvini belliniano. Tra i bis spiccava una bella canzone siciliana di Rosa Balistreri (23 luglio). Gli altri due concerti venivano tenuti al Palazzo Ducale. Il 30 luglio, accompagnati dal noto pianista Giulio Zappa, si esibivano Jessica Pratt e Xabier Anduaga in un programma di arie e duetti vari belcantistici. Brillava il soprano, in un momento davvero splendido, mentre il giovane tenore basco o non era in forma o non confermava le promesse iniziali.
Lei spiccava nell'Olympia di Offenbach e soprattutto nella scena finale de La Sonnambula (in entrambi i casi con le variazioni e puntature richieste dalla tradizione e dallo stile) e, mentre l'aria della contessa da Le Comte Ory, risolta molto bene, peccava di un po' di monotonia espressiva, sorprendeva con un'ottima interpretazione del tremendo finale dell'atto primo de La Traviata (dove participava il tenore, in quello che è stato il suo momento migliore). Purtroppo Anduaga ha peggiorato la dizione in modo incredibile, e così La danza rossiniana perdeva ogni senso. Certo, l'acuto è sicuro e baldanzoso ma è l'unica zona dove il colore conserva la bellezza degli inizi, anche se diverso nell'acuto di petto e in quello di testo – compreso pure il volume. Centro e grave suonano spenti e il fiato è molte volte corto e non arriva a finire le frasi. Il momento solista migliore erano i nove do di La fille du régiment, ma nè il terribile rondò finale del Barbiere (scelto per aprire la serata) nè la ‘semplice' romanza donizettiana (‘Una furtiva lagrima') lo trovavano a suo agio. Tra i duetti, dopo uno dall'Elisir dove l'attenzione si spostava per forza al soprano, quello dell'atto finale da I Puritani (eccetto per un sovracuto poco felice) era molto più riuscito. Grande successo di pubblico.
Il 31 luglio i concerti non potevano finire meglio che con il programma SeiNovecento: da Monteverdi a Poulenc con una strepitosa Anna Caterina Antonacci ben secondata dal pianista Francesco Libetta, un gruppo di giovani cantanti e l'Orchestra Cremona Antiqua concertata da cembalo e organo da Antonio Greco. I lamenti di Arianna e della Ninfa venivano seguiti dalla scena di sortita di Ottavia ne L'Incoronazione di Poppea ,tra musiche da Frescobaldi e Salomone Rossi. Dopo un pezzo di Muffat veniva il monologo della Médée de Charpentier. Nella seconda parte (senza intervallo), dopo una serenata per pianoforte di Leonardo Leo si sentivano brani di Respighi e Martucci, e dopo una trascrizione di Walter Gieseking della celebre Ständchen di Richard Strauss e les Jeux d'eau di Ravel quelle due meraviglie di Poulenc che sono La Dame de Montecarlo e Les chemins de l'amour. Al pubblico l'Antonacci regalava una versione tutta sua e nuova, in chiave cameristica e con dei gesti tanto eleganti quanto sensuali, della nota ‘Habanera' della Carmen. Il giorno dopo si consegnava il premio ‘Bacco dei Borboni' a Fabio Luisi e, appunto, all'Antonacci. Meritatissimo
Jorge Binaghi
6/8/2020
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