Pesaro
Una regina con alti e bassi
Un'opera non propriamente popolare nè nota benchè importante nella carriera del Maestro e che anche propone per la prima volta prossime meraviglie più un ruolo protagonista per la Colbran – che pone sempre dei problemi quando si tratta di cercare una cantante che ne evochi la vocalità – e per giunta con ruoli importanti per due tenori di grande importanza che allora erano di casa a Napoli…. è forse troppo difficile per sperare che gli astri arridano al progetto e si possa finalmente capire se questo è davvero un grande titolo di Rossini. Se pensiamo che in altri casi forse più disperati è successo, e mica una volta sola, forse un dubbio su questa Regina d'Inghilterra si può avere. Benchè ‘la' sovrana inglese non pare che abbia ossessionato Rossini quanto Donizetti, il Pesarese curò molto la composizione. Il libretto non è forse tra i migliori e comunque la popolarità dei primi tempi non venne mai ricuperata.
Il nuovo allestimento di Davide Livermore non è stato del tutto bene accolto, e mi è sembrato che il regista ne fosse sorpreso e alquanto dispiaciuto. A dire il vero riprendeva non solo i soliti collaboratori ma tante delle sue soluzioni predilette (tanti figuranti, già dalla sinfonia, proiezioni, video) e forse non ha pensato a fare una netta differenza tra l'atmosfera di un'opera comica e di una seria , nè che per una lettura moderna e convincente della partitura forse non bastava vestire la regina come l'attuale sovrana (con tanti recitativi al telefono) nè che il perfido Norfolc (come scritto nel libretto) avesse i tratti di Churchill.
Allo stesso modo Evelino Pidò, qui presente per la prima volta, cercava di farci ricordare tutto il tempo che, nonostante la lieta fine, questa era un'opera seria (e non so se a questo fatto dobbiamo ringraziare i ritardandi nella sinfonia, la dinamica che prediligeva accenti enfatici o forti) e la sua bacchetta diventava parecchio inflessibile tenendo conto soprattutto dei bisogni di alcuni dei cantanti.
Tra questi i più vicini all'ideale erano Sergey Romanovsky (un Leicester accattivante per presenza, dizione e tecnica che potrebbe facilmente evitare qualche nota brusca) e Salome y Jicia (timbro poco grato, ma buona scuola di canto e attrice formidabile nei panni di Matilde, la segreta moglie). Barry Banks canta da tempo e si tratta di un tenore musicale e ottimo attore, ma oggi Norfolc non fa per lui e chi si occupa della compagnia dovrebbe magari rifletterci. Karine Deshayes non sembra la rossiniana ideale (in Francia ha fatto con successo ruoli di mezzosoprano o contraltino). Il registro centrale si è sviluppato molto bene, ma il grave è scarso e/o poco audibile; l'acuto è sufficiente ma cambia colore e consistenza e diventa metallico e fisso. Come virtuosa è volenterosa e si applica nell'aspetto drammatico, ma non so se tutto ciò può servire a far meglio capire il titolo e così assicurargli una presenza meno rara nel repertorio. I comprimari (Marta Pluda e Valentino Buzza) corretti, bene il coro del Teatro Ventidio Basso, istruito da Giovanni Farina, in particolare dopo la prima scena. L'orchestra molto valente se si considera l'aspetto squisitamente tecnico dell'esecuzione. Il pubblico applaudiva ma non con troppo entusiasmo nè per molto tempo.
Jorge Binaghi
22/8/2021
La foto del servizio è di Studio Amati Bacciardi.
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