Tris d'assi per il Regio
Concerto conclusivo della rassegna Aimez-vous Brahms? al Teatro Regio di Torino
Il quarto e ultimo appuntamento della rassegna Aimez-vous Brahms? presso il Teatro Regio di Torino, sabato 25 ottobre 2014, ha contemplato l'esecuzione del Doppio concerto per violino, violoncello e orchestra in la minore Op. 102 e della Quarta Sinfonia in mi minore Op. 98 sotto la bacchetta di Gianandrea Noseda, con la partecipazione dei solisti Ilya Gringolts al violino ed Enrico Dindo al violoncello: un tris (o un trio?) di assi della musica al servizio di due capolavori.
La serata è stata aperta dal Doppio concerto: fin dall'attacco del primo movimento, Allegro, emerge la cifra distintiva della direzione di Noseda, quella nervosità che tende le frasi musicali come la corda di un arco, cosa che non stona, visto il clima generale del Concerto. Ci pensa subito Dindo, dopo l'iniziale, veemente motto orchestrale, a riequilibrare le cose, prendendosi tutto il tempo per la cadenza introduttiva. Il suono del suo violoncello è caldo, suadente, e, accoppiato ad una cantabilità sempre vibrata, tocca vertici di inaspettata comunicatività. Timidamente, Gringolts e il suo violino cercano di far udire la loro voce, ma ci paiono più che altro comprimari rispetto al violoncello e all'orchestra. Si rifaranno più avanti, dove la partitura brahmsiana darà loro modo di emergere in maniera più compiuta, ad esempio nel secondo movimento, un Andante in cui i solisti e l'orchestra si mondano da qualsivoglia turgore post-romantico per schiudere un intimismo delicato e pudico: ed è con questo intimismo che Gringolts gioca la sua carta migliore, infondendo nelle divagazioni solistiche un che di onirico, di terso, di tranquillo.
Ma, quasi a voler ribaltare le sensazioni nelle quali ci eravamo immersi, Noseda fa scattare il terzo movimento senza dare il tempo di riaversi dall'Andante, scatenando l'orchestra in una sorta di furiant di sapore zingaresco e danzante, memore forse di tutti i ballabili macinati da Brahms bambino in compagnia del padre nelle taverne di Amburgo. In questo caso, però, la velocità ci pare eccessiva (l'indicazione Vivace non troppo è un chiaro invito alla moderazione), e il movimento scivola eccessivamente corrivo lungo le spire del suo gioco, che, proprio per colpa di questo eccessivo incalzo, tende ad assumere a tratti qualcosa di meccanico.
Velocità a parte, l'impressione generale dell'esecuzione rimane molto positiva: si avverte, nella direzione di Noseda, una mano meno calcata del solito, un'attenzione maggiore al peso dell'orchestra, che, soprattutto in un autore come Brahms, tende non poche volte al sovraccarico strumentale, e deve essere dosato con perizia per non coprire il solista (o i solisti, come in questo caso): un equilibrio, insomma, che molte altre volte abbiamo visto deficitare in questo direttore. Numericamente l'orchestra non viene allargata troppo: la strumentazione voluta dal Brahms tardo dell'Op. 102 esclude strumenti come ottavino, tromboni, tuba e controfagotto cosa che si rispecchia negli archi, attestati a quattordici violini primi (e non tocca i sedici), con tutti gli altri in proporzione (benché questo sia un particolare che avevamo notato anche al concerto d'apertura, nell'esecuzione della Prima Sinfonia e del Primo Concerto).
Numerosi i richiami sul palco, soprattutto per i solisti, al termine del Concerto . In ringraziamento, un fuori programma davvero raffinato: il Contrapunctus XIII dall'Arte della Fuga BWV 1080 di Johann Sebastian Bach, Canon alla Duodecima in Contrapuncto alla Quinta, qui trascritto per violino e violoncello.
L' encore bachiano è un ottimo trampolino di lancio per introdurre la seconda parte della serata, la Quarta Sinfonia Op. 98, che nel finale sviluppa in forma di passacaglia un tema tratto dalla Cantata Nach dir, Herr, verlanget mich BWV 150 proprio del genio di Eisenach. L'inizio parte bene, con il giusto lirismo, ancorché non sufficiente per rendere al massimo la sospirosità del primo tema dell' Allegro non troppo d'apertura. Fuori luogo, invece, ci è parsa la continua esacerbazione da parte di Noseda della tensione orchestrale, laddove, nella Quarta, molti passaggi non la richiedano, anzi, la rifiutino (ma la sequenza finale di questo primo movimento viene resa magistralmente proprio grazie a questa tensione: quando ci vuole, ci vuole). Il risvolto negativo non tarda a mostrarsi: diversi attacchi dei fiati suonano striduli, imprecisi, e giustamente, dopo il primo movimento, gli strumenti chiedono una pausa per una breve accordatura. Attraversiamo poi un Andante moderato più dolce, trattato da Nachtmusik romantica, e un energico Allegro giocoso, che s'imprime nella memoria grazie al brio con cui Noseda e l'orchestra del Regio lo innervano. Granitica la costruzione del finale, granitica la sua esecuzione, eccezion fatta per la variazione cameristica, ritagliata con delicatezza, dove i fiati – in particolare il flauto solista – possono avere la rivincita sugli scivoloni del primo movimento. Non così pulita l'esecuzione della variazione in forma di corale da parte degli ottoni, il cui suono ci giunge confuso e non perfettamente nitido. Ma, delusione a parte per queste marginali sporcature, possiamo parlare nel complesso di un'esecuzione di notevole spessore artistico, che conclude in bellezza questa full immersion nel mondo sinfonico e concertistico di Brahms.
Christian Speranza
4/11/2014
|