RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


Madrid

Quando i ricordi hanno un senso

Il Teatro Real è solito offrire un ciclo di concerti di canto sotto il titolo ‘Le voci del Real'. Questa volta ha voluto rendere omaggio alla memoria del grande Alfredo Kraus a quindici anni dalla morte. Il modo migliore è sempre quello di un cantante odierno, possibilmente della stessa corda e con un repertorio simile.

La scelta è stata accurata e, forse, perfetta. Kraus era un vero signore del canto, famoso e osannato ma senza mai scendere a patti per rendere più ‘popolare' o ‘facile' il suo nobilissimo mestiere, che ha ulteriormente nobilitato. E indubbiamente, con un altro tipo di voce ma lo stesso o simile approccio, oggi è Piotr Beczala a portare avanti così una carriera che si trova forse all'apice. Naturalmente, per origini e lingue, è piú facile associare il tenore polacco con un altro grande del canto, per fortuna ancora in vita, Nicolai Gedda. E magari questi tre nomi qualche volta sono stati ‘bollati' da alcuni come ‘freddi', ‘riservati', ‘olimpici', ‘sereni': particolarmente, tranne il primo aggettivo, gli altri li trovo estremamente positivi quando di musica si tratta. Ma, si sa, de gustibus

Il pubblico, che idolatrava a giusto titolo il tenore delle Canarie, ha accolto con grande entusiasmo la prestazione del collega.

In forma smagliante, Beczala, con un centro più robusto ma con la stessa tecnica, stile, buon gusto ed onestà (si vede e si sente che ama il suo mestiere e gli autori che interpreta), si esibiva in arie dal Ballo in maschera ( un ‘Di' tu se fedele' con i fatidici salti al grave perfettamente in regola), dalla Lucia di Lammermoor (‘Tombe degli avi miei' – imponente il recitativo), Puccini (‘E lucevan le stelle', di grande musicalità e con tutte le mezzevoci in un'interpretazione senza effetti nè effettacci), i suoi amati francesi (due Gounod, ‘L'amour…Ah!Lève-toi, soleil' dal Romeo et Jiuliette e ‘Salut demeure' dal Faust). Essendo memorabili, l'impressione era ancora maggiore nel purtroppo meno frequentato ma sempre apprezzato Werther (‘Pourquoi me réveiller'). Ma di Massenet eseguiva anche un frammento mai prima affrontato (a quanto mi risulta), la grande difficilissima aria del protagonista de Le Cid. E qui va detto che non solo la scelta di cominciare dal recitativo è prova di onestà artistica (la preghiera ha senso solo con quell'introduzione) ma forniva anche una prova completa dello stile, della dizione, del sentimento signorile, pieno di virilità temprata dall'amarezza, dalla nostalgia e dalla sottomissione. Interpretava anche forse per la prima volta l'aria del fiore della Carmen, e qui alcuni degli addetti ai lavori hanno manifestato delle riserve non sul canto ma sull' espressività. Personalmente trovo che il modo di rendere la pagina è proprio nella linea di Gedda nell'incisione con Beecham, che per me fa testo. Ci sono dei momenti di ‘testoterone' per José, ma non questo. Un altro momento che mise a tacere un pubblico un po'inquieto (un cellulare proprio nell'attacco della barcarola del Ballo, delle tossi in altri passaggi ‘pericolosi') era la grande scena de La casa incantata del conterraneo Stanislaw Moniuszko, un autore che andrebbe rivisitato, quest'opera è un gioiello che solo a Wexford ho potuto vedere tempo fa, ma richiede cantanti di questo livello, ‘Cisza dokota' (purtroppo non so niente di polacco – e neanche i miei vicini, tutti però presi dall'interpretazione).

Ed è così che si fa quando si vuole ricordare una grande figura: con un'altra lezione magistrale come quelle che ci facevano loro, dove s'impara tanto anche trattandosi di pagine molto note. Due sono stati i bis: l'operetta di Lehár, Dein ist mein ganzes Herz (Tu che m'hai preso il cuor) e Catarí.Core ‘ngrato' di Cardillo per ringraziare la moglie, presente, nel loro anniversario di nozze.

L'orchestra del Teatro dimostrava di essere in ottima forma e Marc Piollet questa volta s'impegnava di più che in altre occasioni, fermo restando il problema del volume eccessivo e di tempi discutibili: la prima sezione della sinfonia dei Vespri siciliani era troppo lenta e per niente cantabile. Il momento più interessante era indubbiamente il Carnaval romain di Berlioz seguito dalla sinfonia del Guglielmo Tell, forse un po' troppo lungo e poco adatto prima del pezzo di Moniuszko. Venivano eseguiti anche il preludio dell'atto terzo della Carmen e il ‘Valzer' dal secondo atto del Faust.

Jorge Binaghi

29/10/2014

Le foto del servizio sono di Javier del Real.