A Sofia il Wagner visionario di Kartaloff
Costruzione dalle smisurate ambizioni, intessuta di profonde implicazioni filosofiche, la tetralogia wagneriana del Ring des Nibelungen rappresenta una sfida enorme per qualsiasi ente lirico. Per questo l'allestimento andato in scena all'Opera di Sofia, nell'ambito di un Festival dedicato al compositore tedesco dalla storia ormai più che decennale, risalta per la sua unicità nel panorama dell'est europeo. Chi scrive ha potuto assistere alle rappresentazioni del Rheingold e della
Walküre, abbastanza per formulare un giudizio critico circostanziato. In maniera arguta e coraggiosa, il direttore Plamen Kartaloff ha inteso confezionare un allestimento consono a una platea che, anche se ormai non più di neofiti, necessita comunque di una guida attenta attraverso l'intricata foresta simbolica del Ring. La messa in scena sembra citare alcune atmosfere astratte alla Wieland Wagner, ma in particolare si mantiene su una condotta narrativa lineare che ricorda la cifra visiva di Otto Schenk. Tre elementi scenografici mobili e circolari, vagamente allusivi delle sculture di Henry Moore, definiscono di volta in volta lo spazio scenico. Forme curvilinee praticabili, che permettono a Wotan di ergersi nella sua possanza quanto ad Alberich di eclissarsi per le sue trasformazioni. L'uso delle proiezioni è limitato allo scenario cosmico che avvolge la vicenda, mentre le creature fantastiche trovano concreta incarnazione. I giganti sono intabarrati in colossali abiti pietrosi (i costumi sono di Hristiyana Mihaleva-Zorbalieva), mentre il drago compare davvero nella sua evidenza fisica, mosso da alcuni figuranti. Tradizione dunque, lontana dalle sirene germaniche del regietheater. Una maggiore cura nei movimenti registici, in particolare nel Rheingold, avrebbe giovato allo sviluppo drammaturgico della vicenda. Un esempio su tutti; la gestualità piuttosto stereotipata di Loge schematizza un ruolo chiave per comprendere il progressivo declino degli Dei e in particolare di Wotan, il quale cade preda di dilemmi inestricabili. La violazione dei patti lo condurrà al grande monologo del secondo atto della prima giornata, vero pilastro sul quale poggia l'intero Ring. Nel complesso apprezzabile la messa in scena della Walküre, con un culmine di spettacolarità all'inizio del terzo atto, popolato dalle figlie di Wotan a cavallo di rossi destrieri. Le lunghe narrazioni, i grandi monologhi che punteggiano la vicenda vengono illustrati visivamente sul fondo della scena, il che appare certo didascalico ma fornisce al pubblico un punto d'appoggio, secondo l'ottica già individuata in precedenza.
Veniamo ora all'esecuzione musicale. Lodevole l'orchestra dell'Opera di Sofia, che ci è parsa aver compreso e maturato perfettamente l'idioma wagneriano; eccellente in tutte le sue sezioni, ha trovato in Constantin Trinks concertatore attento e preciso, se pur non molto fantasioso. Cast in massima parte composto dalla compagnia del teatro stesso e comunque da voci bulgare, il che da un certo punto di vista è un pregio, mentre da un altro è un difetto. Se appare lodevole la volontà di creare una solida base autoctona, forse la mescolanza con specialisti germanici del repertorio gioverebbe a una più rapida maturazione dei ruoli e del complesso universo wagneriano. Nel Rheingold registriamo l'ottimo Alberich di Plamen Dimitrov, il Loge insinuante e lirico di Daniel Ostretsov, i solidi giganti di Petar Buchkov (Fafner) e di Stefan Vladimirov (Fasolt), la Fricka dal timbro accattivante di Mariana Zvetkova e la Freia luminosa di Silvana Pravcheva. Di contro appariva evanescente il Froh di Hrisimir Damyanov, stanco e oscillante il Wotan di Nikolay Petrov, sottotono il Donner di Svetozar Rangelov. Cast nel complesso più solido in Die Walküre, con l'unica eccezione dell'Hunding di Angel Hristov, costantemente in difficoltà. Sulla performance giganteggia Thomas Hall, un Wotan vigoroso e colmo di sfumature. Il cantante americano ha offerto una prova maiuscola, senza un attimo di cedimento. Gli sta al pari la Brünnhilde emotivamente coinvolgente e vocalmente svettante di Gergana Rusekova. Nella coppia dei gemelli incestuosi registriamo l'ottimo Martin Iliev, perfettamente a proprio agio nella tessitura centrale di Siegmund, e la brava Tsvetana Bandalovska nel ruolo di Sieglinde. Buono nel complesso lo stuolo delle walkirie. Trionfo meritato per il grande sforzo produttivo, per l'impegno e per i ragguardevoli esiti complessivi raggiunti. Il sogno visionario di Kartaloff prosegue.
Riccardo Cenci
13/7/2023
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