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Milano

Cannelloni alla Rossini o spaghetti alle vongole?

La Cenerentola con il vecchio e sempre meraviglioso allestimento di Jean-Pierre Ponnelle (un po'strappazzato per la verità) ripreso da Grischa Asagaroff è diventato ormai un classico scaligero. Questa volta si presentava dedicato al ricordo di Claudio Abbado nel quinto anniversario del trapasso visto che il grande maestro aveva fatto di Rossini e di quest'opera uno dei suoi cavalli di battaglia per i quali giustamente viene ricordato. Peccato che a cominciare dalla direzione di orchestra non so se si trattasse di un vero e proprio omaggio. Ottavio Dantone brilla in altro repertorio ma qui è sempre forte fino al chiasso, senza la leggerezza frizzante e il ritmo indiavolato che richiede Rossini e così i crescendo vanno a farsi benedire... Naturalmente l'orchestra ed il coro maschile, preparato da Bruno Casoni, erano molto bravi a parte questi problemi di dinamica e agogica.

Vero è però che praticamente non c'erano sul palcoscenico figure del livello di quelle recite abbadiane e perfino di alcune posteriori. Marianne Crebassa, Angiolina, non canta male ma non ha personalità e così come i gravi non sono niente di speciale gli acuti sono il più delle volte difficili. Il timbro è piacevole e in qualche momento sembra che la cantante stia per spiccare il volo ma purtroppo questo non si avvera mai. Maxim Mironov, Ramiro, ha voce piccola e penetrante, non sempre piacevole e anch'esso quando tocca gli acuti mette in ansia. Entrambi hanno bel fisico e si comportano bene. Le sorellastre erano corrette, soprattutto la Tisbe di Anna-Doris Capitelli, dall'Accademia della Scala. La Clorinda di Sara Rossini, malgrado il cognome, non aveva troppo volume ma era meno esagerata nei movimenti che la precedente Tsisana Giorgadze, un'altra allieva dell'Accademia.

Erwin Schrott presentava un Alidoro ben cantato (senza la strofa finale della sua grande aria), più a fuoco nell'ultima recita, e ben recitato, ma almeno in quest'occasione non si vede cosa aggiunga questo ruolo alla peraltro rilevante carriera di quest'ottimo basso, o bassobaritono. Carlos Chausson era Don Magnifico. La voce si mantiene intatta (un po' irrigidita) nonostante gli anni e l'artista sa cantare e interpretare. Purtroppo, siccome il pubblico gradisce e una certa tradizione insiste sulle caccole, ne abbiamo avuto di tutti i colori. Nell'ultima recita vista tra altre mostre la più ‘ispirata' è stata quando, rientrando al palazzo, lo si sente dire ‘ma questa non doveva preparare gli spaghetti alle vongole?'. Il sottoscritto è rimasto talmente allibito che ha subito pensato che forse erano meglio i cannelloni che portano il nome del compositore (onde il titolo di questa recensione). Come dicono i francesi ‘trop c'est trop'.

Resta Dandini. Nelle prime recite veniva affidato al bravo e simpatico Nicola Alaimo, che cantava molto bene ma si lasciava trascinare dall'atmosfera generale e ci ‘deliziava' con un terribile ‘piripipì' durante il duetto buffo del secondo atto. Nelle ultime recite il ruolo passava a Mattia Olivieri. Non posso che condividere il giudizio di Giovanni Pasqualino su questo baritono in occasione de La Favorite palermitana. Da quella di Barcellona è passato meno di un anno e i progressi sono evidenti: il cantante si dimostra padronissimo anche in un ruolo comico (come per altro aveva dimostrato qui stesso nelle recite de La finta giardiniera e Don Pasquale ), se ne esce a testa alta dalle non poche insidie della scrittura rossiniana, si muove con eleganza e disinvoltura, sa restare sempre participe anche quando non apre bocca, ha bella presenza fisica e, dulcis in fundo , un'ottima voce brunita, omogenea su tutti i registri, ben proiettata e senza problemi in alto o in basso. All'uscita un signore diceva, forse esagerando un poco ma non senza ragione, ‘insomma è stato un one-man's show'. Il pubblico, sempre numerosissimo, ha amato tutto e tutti. È vero che ogni sera cambia ma è strano trovarlo così diverso in tre serate di seguito ma è quello che è successo se si compara l'esito di questa recita con quello della Chovanscina della serata anteriore e soprattutto della posteriore (Manon Lescaut).

Jorge Binaghi

11/4/2019

La foto del servizio è di Brescia&Amisano.