Dopo lo strappo di Muti l'Opera di Roma tenta la rinascita
Un buon allestimento di Rusalka apre la stagione
Figure femminili profondamente ambigue abitano l'immaginario simbolista, invadono ogni forma di espressione estetica, ondine e sirene ammaliatrici a volte raffigurate mentre si pettinano le lunghe chiome stando comodamente appoggiate su di uno scoglio, sovente colte mentre guizzano agili nei flutti. Le arti figurative, da John William Waterhouse a Max Klinger, da Franz von Stuck sino a Gustav Klimt, traboccano di tali ninfe peccaminose e fatali per coloro che le guardano. In questo filone si inserisce anche la Rusalka di Dvorák, titolo andato in scena al Teatro dell'Opera in sostituzione dell'Aida, quasi a voler segnare la maggiore distanza possibile dal repertorio verdiano e dal suo massimo interprete, quel Riccardo Muti che ha lasciato sbattendo la porta e che, probabilmente, all'ente lirico romano non farà più ritorno. La fiaba di Rusalka affonda le proprie radici nel mondo germanico. La Lore Lay scaturita dalla fantasia irrequieta del poeta Clemens Brentano, fanciulla infelice e involontaria artefice della rovina di tutti coloro che la guardano, manifesta particolari affinità con l'universo musicale. La sua figura si dissolve in puro suono, ed infatti chi la invoca ode un'eco lontana e spettrale ripetere tre volte il suo nome. La novella Undine di la Motte-Fouqué è fonte diretta d'ispirazione per Jaroslav Kvapil, librettista dell'opera Rusalka. Gli accenti umani che l'autore dona alla sua creatura, il cristallino nitore della fiaba si ritrovano nella partitura confezionata da Dvorák. In quest'ottica la distanza dal mondo wagneriano, comunque evocato da numerose suggestioni, non potrebbe essere più ampia. Quando le ninfe acquatiche approdano ai lidi slavi si colorano di una oscura mestizia del tutto peculiare, mentre il lamento diviene la loro forma di espressione precipua. In un passo fondamentale del secondo atto la stessa Rusalka si definisce «Nient'altro che una debole eco degli elementi primordiali. Né donna, né ninfa».
Il regista Denis Krief trasforma l'ondina infelice, divisa fra l'inesausto desiderio di umanità e la propria essenza sovrannaturale, in una sorta di adolescente che aspira entrare nell'età adulta. Un romanzo di formazione, costruito forzatamente con mezzi essenziali ma apprezzabile nell'impianto narrativo. L'allestimento ha un carattere minimalista, con l'acqua evocata da un pannello di metallo e attrezzature sceniche che richiamano l'arte povera. Bastano alcune canne incorniciate per suggerire l'elemento naturale, così come una facciata lignea monodimensionale che scende dall'alto indica la dimora della strega. I personaggi entrano ed escono da botole aperte nel pavimento, mentre l'intera vicenda è racchiusa in una sorta di scatola prospettica che allude alle prigioni mentali di ascendenza freudiana. Una scelta che sacrifica un poco il contrasto fra mondo degli uomini e ambiente naturale, importante nelle dinamiche dell'opera, simboleggiato comunque dall'attento gioco di luci. Un plauso merita il giovane direttore Elvind Gullberg Jensen il quale, chiamato in un momento emergenziale, è riuscito a compattare l'orchestra raggiungendo risultati pregevoli. La sua direzione risulta perfettamente calibrata, pervasa da un gusto raffinato e da una sapiente alchimia coloristica. Svetla Vassileva (Rusalka) si dimostra protagonista sensibile, in grado di donare caratteri diafani e sfuggenti al personaggio. Maksim Aksenov è un Principe dal timbro scuro, dalla voce sicura e sempre adeguato nell'accento. Buoni anche Steven Humes (Vodnik) e Larissa Diadkova, nel ruolo della strega Ježibaba.
Teatro semivuoto alla quarta recita (ed è un peccato perché lo spettacolo è di buon livello complessivo), certamente a causa del cambio di titolo e del trauma generato dall'abbandono improvviso di Muti, ma anche e soprattutto perché l'Opera di Roma non è ancora riuscita a costruire un pubblico curioso e ricettivo, una platea interessata ad uscire dalle strette pastoie del consueto repertorio popolare. Riccardo Cenci
9/12/2014
Le foto del servizio sono di C.M.Falsini - Teatro dell'Opera di Roma.
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