RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

Dyonisos Rising

in prima esecuzione assoluta l'opera di Roberto David Rusconi

La stagione d'opera “Forces of nature” della Fondazione Haydn di Bolzano e Trento propone in prima esecuzione assoluta Dionysos Rising di Roberto David Rusconi, al Teatro Sanbàpolis del Polo Universitario di Trento. L'idea del compositore di creare un'opera su Dionisio, tra l'altro anche dio del vino, trae l'incipit dal mondo classico ma è attualizzato agli anni del XXI secolo. Come affermato da Rusconi “… l'opera nasce come atto di follia, la stessa di alcuni giovani che sono convinti che dobbiamo assolutamente fare la differenza, essere belli, realizzati, e soprattutto ricchi, altrimenti non si vale nulla”. L'opera nasce anche per un senso di liberazione dalla schiavitù sia cercata sia autoimposta, frutto di un delirio di eternità imposto dal mercato sociale ed economico.

La trama segue le vicende narrate da Nonno di Panapoli nel poema epico Dionisiache del V secolo, e ruota intorno a quattro personaggi: Dioniso, Semele, Ampelo e Telete. Questi personaggi, secondo l'idea del compositore, sono sviluppati come uno specchio della nostra società, il cui elemento principale è il disagio mentale, infatti, i protagonisti spogliati delle loro vesti mitologiche, sono rappresentati affetti da sindromi diverse ma strettamente saldate alle esperienze vissute. Dioniso è un dio che non può piangere ed è fulcro degli altri personaggi, Semele è stata violentata e ha perso un figlio, Telete figlia non voluta di Dionisio racchiude in sé il carattere dell'autolesionismo, Ampelo è compagno di avventura e amante di Dionisio, in lui c'è il desiderio di emulare e assumere il carattere dell'amico. Tutti combattono con i propri incubi e le loro patologie mentali con l'uso frequente o eccessivo di psicofarmaci e stupefacenti, il tutto attualizzando la mitologia, nella quale è possibile rilevare che trattasi di vite quasi borderline, agli estremi del vivere.

Il libretto è stato realizzato dallo stesso compositore, con interventi di Michael Scheidl, il regista, e non si può parlare di vero e proprio testo ma di un'estrapolazione di versi dai canti di Nonno e collocati come in una sequenza ideale. Tuttavia, se non si ha una buona conoscenza del testo originale, è piuttosto difficile seguire l'opera nella sua drammaturgia. In aiuto c'è però la musica, la quale è intesa come suono nei suoi molteplici sviluppi: suoni acustici, elettronici, vocali, suoni preregistrati, suoni d'ambiente e d'introduzione. L'idea di Rusconi è di un'immersione nella musica, il suono è pertanto in primo piano e i diversi stili si fondono in una riproduzione acustica mixata in modo che nessuno prevalga sull'altro. Le parti vocali, non particolarmente impegnative per i solisti ma di esecuzione non facile, sono eseguite con l'ausilio di un microfono, sempre in funzione della fusione e non dell'amplificazione. Un modo diverso di ascoltare, nell'intento di cambiare il formato dell'opera.

Il lavoro compositivo di Rusconi è di pregio, forse più nella seconda parte, in esso sono presenti in forma determinante stili polifonici, canto declamato, suoni e “rumori” ambientali che si fondono in un flusso sonoro, non senza qualche emotività, di portante azione drammaturgica ed essenziale stile trascinante.

Meno avvincente e a tratti ripetitivo lo spettacolo creato da Michael Scheidl, che è anche produttore dello spettacolo. Una regia, in cui sono interpolati alcuni testi in lingua tedesca che a un primo ascolto danno una superflua impressione, che trova un essere solo nella gestualità esasperata dei quattro protagonisti, per cui potremmo parlare forse di teatro espressionista, molto ermetico e per nulla narrativo. Si va a intuizione, spesso fortuita ma plausibile, pur non trovando una cifra narrativa continua e chiara e in taluni momenti anche indifferente al testo musicale. Spoglie e ridottissime le scene di Nora Scheidl, che crea anche costumi moderni di non memorabile ricordo. Pezzo forte invece sono state le coreografie di Claire Lefèvre, che sovente sopperiscono a una regia latente, assieme alle bellissime luci di Michael Grundner.

Sul podio dell'Orchestra Haydn un bravissimo Tomothy Redmond dirige il ridotto complesso strumentale assieme alla parte elettronica preregistrata e ai cori in un un'esemplare fusione di suono, il quale oltre a creare emozioni drammatiche ha il pregio di essere perfettamente calibrato all'ascolto. Molto bravo anche il coro, sempre su base registrata, istruito da Igrun Fussenegger.

Mirabili i quattro protagonisti, cui è richiesta anche una rilevante dote attoriale. Zachary Wilson, Dionisio, è un rifinito baritono con voce ben impostata. Molto limitata la parte di Ampelos, Ray Chenez, ma il giovane controtenore ha modo di metter in luce una ragguardevole musicalità. Anna Quadratova, Semele, trova un punto valido nell'accesa disperazione vocale, mentre Da-Yung Cho, Telete, esprime con perizia il disagio di una donna autolesionista.

Bravissimi i quattro ballerini, che nella prima parte dell'opera sono anche ottimi attori impersonando il personale paramedico in una fantomatica casa di cura, per poi unirsi ai protagonisti in danze collettive. Giusto menzionarli: Luan De Lima, Britt Kamper-Nielsen, Evandro Pedroni, Juliette Rahon. Molto efficace l'intervento di quattro voci soliste registrate che offrono un contributo rilevante nello stile compositivo dell'autore, Johanna Porcheddu, Noemi Grasso, Sebastiano Kiniger, e Giovani Battaglia.

Una nota positiva è rappresentata dalla grande partecipazione di pubblico, merito anche del pregevole lavoro di presentazione didattico precedente, pertanto molti giovani in sala, i quali assieme al pubblico che solitamente frequenta il teatro d'opera delle due città del Trentino-Alto Adige, hanno decretato un convinto successo alla performance.

Lukas Franceschini

28/1/2019

Le foto del servizio sono di Massimo Franceschini-Fondazione Haydn.