Parigi
Strana Coppia
Un infrequente programma doppio formato dall'arcinota Cavalleria rusticana e dalla poco diffusa e brevissima Sancta Susanna di Hindemith si può vedere durante tutto il corrente mese sul palcoscenico della Bastille: di sicuro sarebbe stato meglio quello del Palais Garnier, ma come la regia è stata intelligente – evviva – e tutto è rientrato nell'ordine.
Mario Martone torna a proporre la sua ormai nota versione del dramma siciliano di Mascagni che si è vista già ben due volte alla Scala milanese: una visione sobria, spoglia, scevra di ogni dettaglio folcloristico ma che appunto perciò guadagna in intensità drammatica fino a diventare quasi una tragedia greca; ogni personaggio è trattato come tale anche se non tutti i cantanti sono anche grandi interpreti.
Il lavoro di Hindemith che piomba, dopo appena una breve pausa, quasi come un anticlimax offre una scena unica divisa in due piani, il superiore la camera della ‘santa', l'inferiore il mondo del ‘mistero nefando' e della profanazione finale, con luci di un bianco impietoso e un buio terrificante, e movimenti che denotano una grande tensione senza grandi gesti: l'azione è piuttosto interiore anche se succedono ‘cose' e sono due le figure che fungono da centro: la protagonista, un'immensa Anna Caterina Antonacci, che oltre ad un canto allucinato e un'interpretazione magistrale osa un nudo di grandissimo effetto verso la fine, e suor Klementia, un'ammirabile Renée Morloc.
Nella Cavalleria Elina Garança canta bene la sua Santuzza, se si fa eccezione di qualche grave artefatto ed aperto e un paio di acutí stiracchiati, è come sempre avvenente e segue le indicazioni del regista, ma la sua non è una grande interpretazione: manca di spontaneità e soprattutto non sempre è facile crederci. Yonghon Lee traccia un buon Turiddu benché la voce non abbia lo squillo e la facilità dei suoi primi momenti. Corretto l'Alfio di Vitaliy Bilyy, molto ingolato nei gravi, senza grande rilievo la Lola di Antoinette Dennefeld e invece eccellente la Mamma Lucia di Elena Zaremba: è sempre un piacere vederla e sentirla.
La concertazione di Carlo Rizzi era superiore nel caso di Hindemith che in quello di Mascagni, dove i tempi erano piuttosto lenti e pesanti, senza lirismo ma anche senza tensione, ma almeno non faceva chiasso. Molto brava l'orchestra e ottimo il coro, che otteneva un altro dei suoi trionfi sotto la direzione del sempre bravissimo José Luis Basso. Sala piena, molto attenta e generosa negli applausi dopo calato il sipario.
Jorge Binaghi
6/12/2016
Le foto del servizio sono di Elisa Haberer e di Julien Benhamou.
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